Drupacee: difesa invernale

É fondamentale curare gli aspetti fitosanitari della coltivazione di drupacee, specialmente se si considera l'incremento di superfici in Basilicata e Puglia

da Redazione FruitJournal.com
drupacee

La coltivazione italiana di drupacee interessa sempre più le regioni meridionali. Negli ultimi anni, prima la Basilicata e poi prepotentemente la Puglia hanno evidenziato un incremento di superfici coltivate e produzione, fenomeno in piena controtendenza rispetto alla situazione nazionale.

Da una parte ciò è favorito dalla disponibilità di terreni idonei non coltivati precedentemente a fruttiferi, dall’altra da migliori condizioni climatiche per l’ottenimento di produzioni di qualità. Anche la presenza di ampie aree ancora esenti da pericolose malattie a carattere epidemico come la Sharka (benché la situazione in Basilicata sia gravissima e abbia comportato la non idoneità di vasti areali), se ben gestite e con le dovute attenzioni, favorisce l’insediamento di questa nuova frutticoltura.

Altro aspetto non trascurabile è il ridimensionamento delle superfici destinate ad uva da tavola, che trova capaci imprenditori pronti a puntare su nuovi ordinamenti colturali, tra cui le drupacee.

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Questa situazione dovrebbe portare i novelli frutticoltori a considerare tutta una serie di modalità gestionali dei frutteti in grado di assicurare la buona riuscita degli impianti, assicurando così i benefici delle scelte imprenditoriali. La realtà tuttavia è che spesso il tutto si riduce ad indovinare la “varietà panacea”, senza considerare la complessa gestione del sistema frutteto. Aspetto essenziale nella gestione del frutteto è certamente la difesa fitosanitaria.

Questa deve essere strettamente legata alla gestione agronomica – irrigazione e nutrizione – per non creare squilibri vegetativi che rendano le piante particolarmente sensibili a infezioni ed infestazione dei diversi organismi nocivi. In ciò, gioca un ruolo importante una corretta ed accurata potatura delle piante, al fine di eliminare le parti infette in modo da eradicare la malattia o ridurre di molto l’inoculo svernante che è causa delle nuove infezioni primaverili. La protezione invernale delle drupacee è quindi essenziale per il controllo di numerose malattie e risulta molto efficace ed economica se ben eseguita; essa pone le basi per il buon esito dei futuri raccolti.

Di seguito vengono elencate le principali malattie comuni a tutte le drupacee ben controllabili con trattamenti al bruno.

Marciume bruno o Moniliosi (Monilinia laxa e M. fructicola)

Il fungo attacca principalmente i fiori e le gemme a legno schiusi. In presenza di condizioni favorevoli si sviluppano infezioni a carico dei germogli e dei frutti in pre-raccolta. Nel caso di infezioni gravi, i frutti colpiti mummificano e restano attaccati all’albero, costituendo pericolose fonti d’inoculo.

Cancro dei nodi (Phomopsis amygdali)

Si presenta con lesioni ellittiche in corrispondenza delle gemme o dell’inserzione delle foglie su brindilli e giovani rametti. Le lesioni evolvono poi in cancri che interessando l’intera circonferenza dell’organo vegetativo, causando avvizzimento e successivo disseccamento apicale; è tipica anche la fuoriuscita di essudati gommosi da queste ferite. Anche le foglie possono essere interessate dall’infezione, con l’apice fogliare disseccato da imbrunimenti a forma di V; le foglie colpite disseccano e cadono anticipatamente causando squilibri fisiologici in un periodo importante per l’induzione e differenziazione a fiore delle gemme. Il fungo penetra attraverso le cicatrici realizzatesi a seguito della caduta delle foglie, della raccolta dei frutti o della potatura.

La protezione invernale delle drupacee è essenziale per il controllo delle malattie e risulta efficace ed economica se ben eseguita. Essa pone le basi per il buon esito dei futuri raccolti.

Nel primo articolo abbiamo approfondito il marciume bruno o monilosi e il cancro dei nodi, oggi proseguiamo con le più comuni malattie che affliggono le drupacee.

Impallinatura o vaiolatura (Wilsonomyces carpophilus)

Con l’umidità dei mesi autunno-invernali, le spore del patogeno infettano le gemme, causandone anche la morte. Sui rametti causa lesioni con le successive fruttificazioni del fungo che può infettare foglie e frutti in accrescimento.

Cancro batterico delle drupacee (Xanthomonas pruni, P. syringae)

Questa fitopatia non ha mai interessato nel passato la frutticoltura meridionale. L’introduzione di numerose varietà suscettibili ed i mutati andamenti climatici ne hanno favorito presenza e diffusione specie su albicocco e pesco. Il batterio causa dei cancri con essudati gommosi, che portano alla morte di rametti e brindilli apicali.

Bolla del pesco (Taphrina deformans)

È una specifica malattia del pesco. Pur se i tipici danni si vedono solo alla ripresa vegetativa, l’infezione è avvenuta in realtà nel periodo tardo estivo/autunnale precedente, quando il fungo ha infettato brindilli e rametti alla caduta delle foglie. Alla ripresa vegetativa le foglie infette assumono la caratteristica forma bollosa e consistenza carnosa, con colorazioni che vanno dal giallo al rosso intenso, a seconda delle varietà colpite. La malattia può anche infettare rametti, brindilli e frutticini. I fiori colpiti si presentano deformi e finiscono con abortire e cadere.

Marciumi del colletto e altre malattie del legno delle drupacee

Come accennato in precedenza, per ridurre il periodo improduttivo le piante a vivaio vengono “spinte” per avere una struttura più consistente. Dopo il trapianto vengono inoltre adottati regimi nutrizionali ed irrigui tali da favorire il primo raccolto già al secondo anno. Tutto ciò porta le piante, con tronchi e branche non ancora ben lignificati, ad essere estremamente suscettibili a funghi del legno del genere Phytophtora, Botryosphaeria e simili. Alcune specie, come albicocco e ciliegio, sono caratterizzate dall’avere un legno molto delicato e ricco di lenticelle che nei primi anni di vita possono essere vie d’ingresso per le infezioni. Il rapido accrescimento in diametro delle piante, con le microlesioni che si creano, favorisce questa elevata suscettibilità. È pertanto essenziale una corretta protezione non solo della parte aerea, ma anche del tronco e del colletto, avendo cura di bagnare a fondo questi organi per assicurare la giusta copertura.

Cocciniglia di S. Josè (Comstockaspis perniciosa)

Per quanto riguarda gli insetti, la difesa invernale riguarda prevalentemente la Cocciniglia di S. Josè o aspidioto dei fruttiferi. Sulle piante in assenza di vegetazione, questo parassita si posiziona su tronchi e rami sotto forma di neanidi di prima e talvolta anche di seconda età. Il danno causato è dovuto alla suzione di linfa ed all’emissione di una saliva altamente tossica in grado di danneggiare, necrotizzandoli, i tessuti meristematici del cambio, essenziali per l’accrescimento della pianta. Tutto ciò causa il deperimento degli organi in piante fortemente infestate che possono morire. Sui frutti si osservano le tipiche macchie rossastre che portano al deprezzamento del prodotto.

La corretta esecuzione dei trattamenti fitosanitari

Nella difesa invernale dei fruttiferi è importante utilizzare volumi d’irrorazione massimi per consentire una bagnatura completa ed omogenea delle piante. Circa le sostanze attive autorizzate per la difesa, queste sono riassunte nella Tabella 2, che trova riscontro nelle Norme Eco-sostenibili per la difesa fitosanitaria adottate dalla Regione Puglia. Si sottolinea la grande importanza che vecchi presìdi come il rame nelle sue diverse composizioni (solfato, poltiglia bordolese, idrossido, ossicloruro) ancora rivestono per i trattamenti invernali di copertura, così come gli olii bianchi minerali.

 

 

Autori: Lorenzo Laghezza, Concetta Gentile, Francesco Carenza Agrimeca Grape and Fruit Consulting srl, Turi (Bari)

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