Olio: Cia e Anabio puntano sull’intensivo bio

Per recuperare competitività sui mercati, l'olio Made in Italy deve intraprendere al più presto la strada della modernizzazione e dell'innovazione

da Redazione FruitJournal.com

Per recuperare competitività sui mercati e guadagnare sostenibilità ambientale, l’olio Made in Italy deve intraprendere al più presto la strada della modernizzazione e dell’innovazione.

Investendo su un modello produttivo intensivo e tecnologico, che valorizzi al contempo il patrimonio varietale dei diversi territori e utilizzi anche il metodo biologico.

È quanto emerso dal convegno “L’olivicoltura biologica intensiva, un’opportunità per la competitività dell’olio extravergine d’oliva italiano” organizzato da Cia-Agricoltori Italiani e Anabio nell’ambito del Sana 2018 a Bologna Fiere.

Oggi in Italia, precisano Cia a Anabio in una nota, l’olivo è coltivato su un milione di ettari, conta oltre 820.000 aziende agricole e circa 5.000 frantoi. Il valore della produzione agricola è di 1,3 miliardi di euro, mentre il fatturato dell’industria olearia è di oltre 3 miliardi di euro.

L’olivicoltura “bio“, in particolare, rappresenta oltre il 20% della superficie totale, con più di 222.000 ettari lavorati con il metodo biologico. Eppure, nonostante questi numeri, ”il settore fatica a stare dietro a competitor con sistemi olivicoli più moderni -spiegano Cia e Anabio- che si stanno espandendo sfruttando un mercato mondiale caratterizzato da domanda crescente. Migliorare la produttività dell’olio italiano deve diventare la priorità assoluta: ciò vuol dire investire sugli oliveti, accrescendo per esempio estensione e densità”.

olio

Tuttora, l’olivicoltura nazionale è caratterizzata da basse dimensioni medie aziendali (1,3 ettari) con una superficie occupata da oliveti “adulti”: il 63% ha più di 50 anni, mentre solo 1% ha meno di 5 anni. Non solo poche piante e impianti nuovi, rimane anche la questione della bassa densità a ettaro.

In Italia c’è solo un 1% di oliveti intensivi con più di 600 piante e un 4% di semi-intensivi tra 400 e 599 piante, rispetto a un significativo 42% con meno di 140 piante a ettaro. “Per questo vogliamo proporre un modello di modernizzazione del settore che preveda soluzioni tecniche e linee di indirizzo per il rinnovo degli oliveti italiani -ha spiegato al convegno il presidente nazionale di Anabio, Federico Marchini- così da orientare gli investimenti secondo criteri di convenienza economica, sostenibilità ambientale e resilienza. Crediamo che si possano realizzare nuovi oliveti, con il metodo biologico, ad alta densità (400-500 piante per ettaro) utilizzando l’enorme patrimonio varietale italiano fortemente legato al territorio.

In questo senso, “il Piano strategico della Pac post 2020 rappresenta l’occasione giusta -ha aggiunto Cristiano Fini della Giunta nazionale Cia- per definire un vero piano di rilancio del settore, che combini assieme politiche e azioni per rendere l’olivicoltura italiana più competitiva. Condividendo questa scelta d’innovazione tra Ministero e Regioni”.

 

Fonte: Ansa

 

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