I dati pubblicati da Agri Istat sulla diffusione delle superfici italiane coltivate ad actinidia non sono molto aggiornati, ma fotografano un Nord che tiene la leadership, nonostante la batteriosi, con circa 14.000 ettari. Regina indiscussa della coltivazione dell’actinidia per il Centro Italia è la regione Lazio, mentre il Sud con circa 3000 ettari cerca di tenere il passo.
Mercoledì 9 gennaio 2019, nel corso dell’incontro tecnico organizzato da Biolchim, e svoltosi presso la sala riunioni Agrobios di Metaponto (MT), ha preso la parola il dottor Carmelo Mennone, agronomo responsabile AASD Pantanello ALSIA, il quale ha spiegato le motivazioni che frenano la coltivazione dei kiwi nell’Arco Jonico e in Calabria.
L’agronomo ha spiegato: “Ciò che limita la diffusione della coltura nel Sud Italia è sicuramente l’elevata esigenza idrica di cui ha bisogno l’actinidia. In seconda battuta c’è da considerare che gli impianti qui al Sud sorgono ad appena 30Km dal mare, mentre le diverse varietà di Kiwi necessitano di molte ore di freddo. Ore che spesso non vengono soddisfatte negli areali nostrani. Il clima discontinuo con picchi di freddo, gelate e inverni miti non aiuta la coltura dell’actinidia. Oggi però, grazie alle nuove varietà, molti produttori calabresi e dell’Arco Jonico hanno deciso di investire sull’actinidia”.
Mennone ha concluso parlando di ricerca e nuove varietà: “Oggi la Cina detiene la maggior parte del patrimonio genetico rispetto all’actinidia. Il Paese orientale rappresenta un’eccellenza nella ricerca di nuove varietà, infatti i kiwi a polpa rossa, ad esempio, sono una prerogativa cinese”.
Infine Franco Vitali, responsabile tecnico Biolchim, ha tenuto una relazione sul tema “Nuove strategie per regolare il germogliamento”.
Autore: Teresa Manuzzi
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