Il numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari provenienti da Paesi extracomunitari è pari al 4,7%, valore molto alto rispetto alla media UE dell’1,2% e ad appena lo 0,4% dell’Italia.
A sostenerlo sono le elaborazioni Coldiretti sulle analisi relative alla presenza di prodotti fitosanitari rilevati sugli alimenti venduti in Europa effettuata dall’Efsa.
In altre parole, i prodotti extracomunitari sono quattro volte più pericolosi di quelli comunitari e dodici volte di quelli Made in Italy. Sotto accusa sono spesso le importazioni incontrollate dall’estero favorite dagli accordi commerciali agevolati stipulati dall’Unione Europea, come nel caso delle condizioni favorevoli concesse al Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli e zucchine, o all’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi.
Accordi fortemente contestati perché nei paesi di origine è spesso permesso l’uso di agrofarmaci pericolosi per la salute che sono vietati in Europa, ma anche perché le coltivazioni sono realizzate in condizioni di dumping sociale per il basso costo della manodopera.
“È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute”.
È quanto ha affermato il presidente dell’associazione, Ettore Prandini, nel commentare il pronunciamento della Corte dei Conti europea sulle sostanze chimiche negli alimenti, dove si sottolinea il mancato rispetto nei cibi extra Ue degli stessi standard di sicurezza comunitari sui residui di agrofarmaci, chiedendo alla Commissione Europea di spiegare “quali misure intende adottare per mantenere lo stesso livello di garanzia sia per gli alimenti prodotti nella Ue che per quelli importati”. “Si tratta di un atto storico”, ha commentato Prandini, che chiede di “togliere in Italia il segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero per consentire interventi mirati in situazioni di emergenza sanitaria che si ripetono sempre più frequentemente”.
Nell’Unione Europea si sono verificati nel 2018 quasi dieci allarmi sul cibo al giorno che mettono in pericolo la salute dei cittadini e alimentano psicosi nei consumi per le difficoltà di confinare rapidamente l’emergenza, sulla base delle elaborazioni Coldiretti su dati del Sistema di Allerta Rapido (RASFF) relativi ai primi nove mesi dell’anno.
A livello Ue sono stati 2654 gli allarmi scattati nei primi nove mesi del 2018, il 60% dei quali provocati da prodotti di origine extracomunitaria che spesso arrivano anche grazie alle agevolazioni tariffarie concesse dall’Unione Europea. Al vertice dell’insicurezza c’è la Turchia con ben 231 allarmi dei quali ben 39 si riferiscono alla presenza di aflatossine cancerogene nelle nocciole molto usate dall’industria dolciaria, seguita da vicino dalla Cina (230). Tra i maggiori pericoli ci sono la presenza di microrganismi patogeni, le micotossine, i residui di fitofarmaci, la contaminazione da metalli pesanti o la presenza di corpi estranei o non autorizzati.