Mandorle, rischi e benefici | seconda parte

da Redazione FruitJournal.com

Dopo aver elencato i numerosi effetti benefici delle mandorle bisogna considerare anche gli inconvenienti che il consumo di questo frutto potrebbe comportare, ad esempio l’infestazione biologica, il danno da insetti prima della raccolta e la conseguente contaminazione da parte di funghi.

Obsolete pratiche di raccolta, trasporto e stoccaggio inadeguato potrebbero essere fasi fondamentali per l’accumulo di composti tossici nel frutto. Questi potrebbero influire sulla sicurezza alimentare e sulla qualità del prodotto. Per queste ragioni le mandorle e altri tipi di frutta a guscio come pistacchi, arachidi, nocciole e armelline sono sensibilmente esposti ad un rischio intermedio di accumulo di aflatossine, noti metaboliti tossici prodotti principalmente da due specie fungine dei generi Aspergillus: A. flavus e A. parasiticus (Speare), molto comuni in zone con clima caldo e umido. Si tratta di un gruppo di circa 20 composti, classificati chimicamente come derivati della di-furanocumarina e le principali tossine sono B1 , B2 , G1 e G2 . Le aflatossine possono causare tossicità per animali ed esseri umani, procurando effetti cancerogeni, mutageni, teratogeni e immunosoppressivi.

L’aflatossina B1 (AFB1 ), il composto naturale in assoluto più cancerogeno responsabile del carcinoma epatocellulare, è stato inserito dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) nel gruppo 1 come agente cancerogeno per l’essere umano. Le aflatossine possono contaminare non solo le mandorle ma anche altre colture, tra cui mais, fichi secchi, spezie, semi di cacao e riso. Diversi casi di aflatossicosi acuta e cronica sono stati segnalati in tutto il Mondo. Nei Paesi in via di sviluppo il consumo di cibo locale contaminato da muffe espone particolarmente le popolazioni delle zone rurali a malattie acute. All’interno delle notifiche diramate dal sistema di allarme rapido dell’UE per alimenti e mangimi (RASFF) le aflatossine occupano più dell’ 85% delle notifiche totali. Tuttavia per la frutta secca il numero delle segnalazioni per micotossine sta diminuendo da 880 nel 2004 a 334 nel 2016. Per tenere sotto controllo l’esposizione dei consumatori a queste sostanze, la legislazione europea impone limiti molto severi alle mandorle. I livelli massimi di AFB1 e di aflatossine totali nelle mandorle e nelle armelline sottoposte ad ulteriore trattamento sono 12 μg/kg per AFB1 e 15 μg/kg per le aflatossine totali; invece per il consumo diretto i limiti sono 8 μg/kg per AFB1 e 10 μg/kg per le aflatossine totali. Sebbene le aflatossine siano considerate composti altamente stabili, temperature superiori a 150°C ne comportano una distruzione parziale, come dimostrato in numerosi studi condotti per identificare metodi efficaci per eliminarne o ridurne significativamente i livelli nei prodotti alimentari.

È interessante anche osservare il comportamento delle aflatossine durante i processi di trasformazione. Ad esempio, negli ultimi anni sono stati condotti studi sull’efficacia dei processi di sbollentatura/sbucciatura, tostatura, cottura e selezione per ridurre le aflatossine nelle mandorle e nei noccioli di albicocca. In letteratura sono disponibili anche studi simili per altri tipi di frutta a guscio. La cernita elettronica per i pistacchi produce una riduzione del 94,69% di AFB1 . Al fine di controllare la contaminazione del prodotto in post-raccolta per la frutta a guscio, la selezione per colore dei frutti produce una riduzione del 70% di AFB1 , ma la tecnologia attualmente utilizzata necessita di ulteriore ottimizzazione per ridurre i falsi positivi ed evitare una perdita eccessiva di peso. Eliminare del tutto il rischio di contaminazione da aflatossi ne negli alimenti è un’utopia, sebbene siano stati fatti molti sforzi per stimare il rischio e per mettere in relazione la contaminazione micotossica con dati tossicologici.

Il rischio della contaminazione da aflatossine potrebbe essere considerato lo stesso in tutto il mondo, ad eccezion fatta che per alcuni Paesi dell’Africa occidentale e dell’Asia meridionale dove si riscontrano livelli più elevati di infezione da epatite B, un potenziatore dell’effetto aflatossine critico. Tuttavia l’esposizione alle micotossine è variabile e la contaminazione può essere di diversi livelli e può dipendere dalle abitudini alimentari culturali di individui e popolazioni. L’insorgenza di aflatossine è particolarmente critica nei Paesi in via di sviluppo, tropicali e subtropicali, dove il cibo maggiormente consumato è costituito principalmente da cereali, che si sono rivelati più suscettibili. Sono stati condotti numerosi studi sull’esposizione alle aflatossine, misurando i metaboliti tossici in diversi fluidi biologici, ad esempio: biomarcatori nelle urine, sangue e latte materno, con diversi parametri analitici basati sui metodi singoli o multi-residuali. Alte concentrazioni di aflatossina M1 (un metabolita tossico di aflatossina B1 ) nel latte materno sono state riscontrate in Africa subsahariana e in altre regioni tropicali o sub-tropicali, nonché in Egitto e in Turchia. Il rischio è risultato molto basso o trascurabile nella maggior parte dei Paesi europei.

Nessuna delle analisi dei campioni di biomarcatori di micotossine urinarie in Sud Africa ha mostrato una contaminazione da aflatossine, mentre nel Sud Italia, si è riscontrato per la prima volta il 6% dei campioni contaminati da AFM1 (3 campioni positivi su un totale di 52 volontari, con un intervallo di età di 3- 85 anni). Inoltre, una maggiore incidenza di contaminazione da AFM1 è stata riscontrata in Guinea, Nigeria del Nord e Bangladesh. Questi risultati suggeriscono la necessità di intervenire per migliorare la sicurezza alimentare in Paesi con situazioni critiche, nonché l’importanza di una vigilanza costante nelle zone a basso rischio. 

 

Conclusioni e prospettive

Dai risultati ottenuti dallo studio si evince che le mandorle rappresentano un’importante fonte di composti bioattivi e sono oggi i frutti a guscio più consumati. La contaminazione da aflatossine rappresenta però un notevole rischio per la salute umana e bisognerebbe continuamente vigilare a tal proposito. Ad oggi molti sono gli sforzi realizzati per garantire la sicurezza alimentare dei consumatori e prevenire le malattie legate all’assunzione di queste sostanze tossiche. Tante sono anche le tecniche da utilizzare per ridurne il contenuto nelle mandorle. Grazie a queste strategie e al rigoroso monitoraggio della filiera delle mandorle, i consumatori possono godere dei benefici che questi frutti straordinari offrono, come il loro profilo nutrizionale. La scienza però non dovrà mai smettere di lavorare per il costante miglioramento della valutazione del livello di tossicità nei prossimi anni, così da salvaguardare la salute pubblica e prevenire e contrastare la sindrome metabolica, una malattia cronica sempre più diffusa.

 

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Autori: Rosanna Zivoli e Teresa Manuzzi

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