Scienziati e coltivatori di ciliegio insieme per contrastare la cosiddetta Little Cherry disease.
La malattia è comparsa nel Nord-Ovest del Pacifico settant’anni fa; a provocarla un patogeno batterico chiamato X-disease phytoplasma, diffuso nei frutteti dalle cicaline.
I sintomi si notano solo poche settimane prima della raccolta e, se infetto, l’albero deve essere rimosso rapidamente al fine di rallentare la trasmissione degli agenti patogeni dannosi soprattutto per varietà di ciliegie dolci e altre drupacee.
La malattia ha fatto la sua prima comparsa negli stati di Washington e dell’Oregon tra gli anni ‘40 e ‘50 del Novecento. All’epoca contrastata estirpando gran parte degli alberi infetti, la malattia si è ripresenta nuovamente nel 1980, senza gravi ripercussioni.
La minaccia però non è mai svanita del tutto, tanto da ripresentarsi a partire dal 2017.
Ad oggi, l’allarme si fa insistente soprattutto per i frutteti siti a Nord-Ovest di Washington.
Da qui l’avvio – nel 2018 – della task force statunitense formata dagli scienziati della Washington State University e dell’Oregon State University insieme a tutti gli operatori del settore cerasicolo, volta alla ricerca di una risposta efficace alla malattia.
A partire da quest’estate, il gruppo di lavoro ha quindi avviato una serie di studi per approfondire dinamica, sviluppo e sintomi di questa sindrome che colpisce i ciliegeti, rendendo il frutto piccolo, insipido e incolore.
Confrontando il modo in cui la malattia si è manifestata nel corso dei diversi anni, inoltre, gli scienziati stanno eseguendo dei test per poter identificare con precisione le piante ospiti del patogeno.
Attraverso l’impianto di un frutteto-prova, si stanno poi ricercando cultivar resistenti alla malattia.
A tal proposito, interessanti risultati potrebbero giungere anche dall’impiego del caolino. L’argilla, spruzzata sulle ciliegie, consentirebbe infatti di camuffare il colore del frutto. Fattore che confonderebbe la cicalina, evitando così l’infezione.
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La Redazione
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