Mosca del mango: allerta anche in Sicilia

Si tratta di un dittero estremamente polifago, capace di attaccare i frutti di oltre 470 piante ospiti, e che ora minaccia le produzioni siciliane

da Redazione FruitJournal.com

Complice il cambiamento climatico, il Sud Italia somiglia sempre più ai tropici. Fra le regioni, a distinguersi è sicuramente la Sicilia che da diversi anni ormai non è più solo terra di agrumi, ma una vera pioniera nella coltivazione di frutta tropicale. In particolare, l’Isola sembra aver compiuto passi da gigante nella produzione del mango. Tuttavia, ora a destare qualche preoccupazione vi è la mosca del mango, meglio nota come mosca della frutta orientale.

Grazie alle favorevoli condizioni pedoclimatiche, l’agro siciliano si sta rivelando particolarmente adatto per la coltivazione di colture sempre più richieste dai consumatori.

Al punto che la domanda di mango nel Belpaese è raddoppiata in poco meno di dieci anni (da 4500 tonnellate nel 2007 a 9000 nel 2016) e in Sicilia gli appezzamenti dedicati a coltivazioni di frutta tropicale sono passati da pochi ettari a più di 500.

Sulla base di questi presupposti, sarebbe ottimo lavorare per offrire una produzione diversificata. In modo particolare per quanto riguarda il mango: dopo la Kensington Pride, prima cultivar piantata in Sicilia, si iniziano infatti ad affacciare varietà come la Gleen, difficilmente coltivata a livello mondiale, la Keitt e la Kent.

A fronte di questa nuova tendenza di mercato, diviene allora necessario per il comparto prendere dimestichezza con tecniche agronomiche all’avanguardia e, soprattutto, con le problematiche specifiche di questi frutti. Il tutto affinché la coltivazione della frutta tropicale e del mango, in particolare, possa offrire – a lungo andare – prodotti all’altezza di quelli provenienti dai Paesi esotici, inserendosi così a pieno titolo entro questo nuovo scenario.

Mosca del mango: la mosca della frutta orientale

Nello specifico, occorre fare i conti con un particolare parassita che dall’Asia tropicale si va diffondendo in vari Paesi. Si tratta della mosca del mango, la Bactrocera dorsalis (Hendel), un dittero estremamente polifago, capace di attaccare i frutti di oltre 470 piante ospiti.

mosca del mango

Già intercettato qualche anno fa in due frutteti della Campania, il fitofago si presenta morfologicamente simile alla comune mosca dell’olivo Bactrocera oleae, sebbene l’adulto misuri circa il doppio (8 mm) rispetto a quello dell’olivo (4-5 mm). Dal punto di vista del comportamento biologico, invece, appare molto simile alla mosca mediterranea della frutta Ceratitis capitata. Infatti, anche B. dorsalis è polivoltina, riuscendo a dar vita anche a 10 generazioni in un anno.

A danneggiare il frutto sono le larve del fitofago che, sviluppandosi in modo gregario nei frutti attaccati, si nutrono del mesocarpo, provocando così il disfacimento dei tessuti e/o la cascola anticipata.

Viste le premesse, si comprende facilmente che il potenziale biotico della B. dorsalis è altissimo: a 30°C il ciclo da uovo ad adulto può durare solo 9 giorni e una femmina può produrre sino a 3000 uova, spesso deposte in gruppetti nei frutti maturi pungendo l’epidermide grazie all’ovopositore di sostituzione, tipico dei tefritidi.

L’azione invasiva dei moscerini della frutta, in definitiva, può causare gravi perdite economiche nelle colture orticole.

Novità dal fronte scientifico

La B. dorsalis attacca più di 150 tipi di frutta e verdura, compresi avocado, agrumi, papaia, frutto della passione, ananas e pomodoro. È il mango tuttavia a rappresentare la pianta ospite per eccellenza, al punto da rappresentare per il frutto esotico una minaccia sempre più allarmante. Da qui la necessità di avviare una serie di ricerche al fine di poter controllare il parassita.

In particolare, uno studio condotto da un team di ricercatori delle Filippine, ha effettuato uno screening di diverse piante con proprietà insetticide che potrebbero essere utilizzate per lo sviluppo di potenziali biocidi.
Nel corso della sperimentazione è stato dapprima effettuato uno screening preliminare su 20 piante di diversi impianti con proprietà insetticide. A questo è seguito uno screening delle procedure di estrazione e dei solventi impiegabili nello sviluppo di potenziali biocidi contro B. dorsalis.

Delle piante prese in esame, quella che ha mostrato una maggiore resistenza rispetto al fitofago è stata ulteriormente studiata, utilizzando vari metodi di estrazione come infusione calda, macerazione, caldo reflusso continuo (Soxhlet), e fermentazione.

In questo secondo screening sono stati presi in considerazione anche diversi solventi, tra cui vino di riso, aceto e acqua distillata. Attraverso un olfattometro, gli estratti sono stati quindi testati in termini di mortalità dopo 6, 12 e 24 ore di esposizione.

Ulteriori indagini effettuate con diverse combinazioni di solventi da estrazione hanno rivelato che la fermentazione delle foglie di A. indica mediante lavaggio del riso è il metodo più economico per estrarre i componenti attivi contro B. dorsalis e può essere utilizzato nello sviluppo di biocidi per la gestione dei parassiti del mango.

 

Ilaria De Marinis
©fruitjournal.com

 

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