Le nuove varietà di albicocche resistenti al virus sono state illustrate da Carmelo Mennone – responsabile Azienda Agricola Sperimentale Dimostrativa Pantanello (AASD) nel corso di un webinar dedicato alla prevenzione da Sharka e cimice asiatica, organizzato dall’ALSIA (Agenzia Lucana di Sviluppo e di Innovazione in Agricoltura).
La Sharka è un virus che attacca soprattutto drupacee e specie selvatiche, ma riesce a svilupparsi anche su specie spontanee. Al momento rappresenta la malattia virale più pericolosa e devastante per il genere Prunus.
Nonostante la sua comparsa risalga a decenni fa, la Sharka costituisce ancor oggi un problema di rilevanza mondiale, data anche l’assenza di efficaci soluzioni per il suo contrasto. Attualmente la malattia sta colpendo gravemente frutteti di Stati Uniti e Africa, dove si è registrata l’insorgenza di un ceppo M, altamente dannoso.
In Italia, come illustrato dal dottor Carmelo Mennone, nel corso del webinar tenutosi il 22 ottobre, la Sharka è presente dagli anni ‘70, giungendo dieci anni dopo in Basilicata, con particolare diffusione nel metapontino.
Sintomi, ceppi e diffusione
I frutti colpiti da Sharka presentano macchie concentriche sul nocciolo, una deformazione dei frutti e una colorazione non omogenea del fiore. Il virus si diffonde attraverso afidi. Sebbene la loro diffusione avvenga su breve distanza, la malattia molto spesso riesce a espandersi velocemente per mezzo di materiali di propagazione infetti. Questo, nel tempo, ha quindi determinato lo sviluppo e la diffusione del patogeno.
Tuttavia, come sottolineato dall’agronomo, “dal 1988 – anno del primo ritrovamento in Basilicata del virus – ad oggi sono cambiati i ceppi, attualmente ne contiamo nove. I più importanti, per diffusione ed entità dei danni, sono il ceppo Dideron, con incidenza maggiore su piante di albicocco e susino, e il ceppo Marcus, variante più aggressiva del virus che si diffonde con molta efficacia per afidi principalmente sul pesco e registrato nel 2009 in agro di Canosa, dov’è giunto tramite materiale infetto”.
Difesa e nuove varietà di albicocche
Non disponendo ancora di sostanze attive efficaci contro Plum pox virus, l’agente patogeno della Sharka, l’unico mezzo resta la prevenzione. “Tra le misure tecniche che possiamo adottare c’è la possibilità di impiantare varietà tolleranti o resistenti al virus – ha spiegato l’esperto – ad eccezione di una varietà di albicocco resistente e della cultivar di susino transgenico Honey Sweet, resistente al virus, la maggior parte delle varietà sono tolleranti”.
“Risulta importante distinguere il germoplasma resistente di tipo qualitativo e quello di tipo quantitativo. Mentre nel primo caso la pianta non mostra sintomi, anche se ospita il virus in concentrazioni che si riducono a seconda che la varietà sia tollerante o resistente. Nel secondo, la pianta non mostra sintomi e non ospita il virus. Abbiamo poi due modalità di trasferimento della resistenza – ha continuato Mennone – quello transgenico, mediante tecniche di ingegneria genetica, oppure il tradizionale o convenzionale, l’incrocio di due individui della stessa specie o di specie diverse sessualmente compatibili”.
“Delle ultime varietà di tipo transgenico messe a punto c’è proprio la succitata Honey Sweet (susino transgenico per un gene di PPV), che non è autorizzata, né utilizzabile in Europa. Al momento, quindi, procediamo attraverso il metodo tradizionale: effettuiamo il trasporto artificiale di polline (gamete maschile) dal fiore di una pianta a un’altra, trasferendo l’intero genoma e, con esso, un fenotipo di interesse capace di conferire resistenza alla malattia”.
Negli anni, come analizzato da Mennone, alcune nuove varietà di albicocche sono state comunque utilizzate come fonte di resistenza e immunità a Sharka nei diversi programmi di miglioramento.
In particolare, la Stark early orange (resistente), la varietà greca Lito (albicocca resistente), la Harcot (tollerante) e presente anche nei nostri campi varietali, la Goldrich (tollerante), la Harlayne (immune) e la Orange red (resistente) che ha tuttavia riscontrato poca diffusione.
“Molteplici sono tuttavia i progetti avviati per selezionare nuove cv di albicocco – ha spiegato Mennone – come la SharCo, progetto europeo con 17 membri, che sta tentando di elaborare le linee guida per i nuovi impianti e utilizza strumenti molecolari, al fine di implementare la selezione assistita attraverso marcatori molecolari (MAS). In particolare, i gruppi di ricerca pubblici coinvolti nella produzione di nuove varietà resistenti a Sharka sono l’Università di Milano e di Bari, in Italia, il Consiglio Superiore per la Ricerca Scientifica (CSIC – Consejo Superior de Investigaciones Científicas di Madrid) e l’Istituto Valenziano di Investigazioni Agrarie (IVIA – Instituto Valenciano de Investigaciones Agrarias), e l’Institut national de la Recherche Agronomique (INRA) di Avignone, in Francia”.
Varietà testate
Tra le varietà italiane di albicocco, di cui si hanno già informazioni, è possibile citare la Bora, varietà italiana frutto del progetto Maspes. Questa è una delle prime varietà resistenti a Sharka diffusa nei nostri areali già da 15 anni. Questa cultivar matura nella prima decade di giugno e presenta caratteristiche diverse rispetto a quelle tradizionali. Essa ha infatti dato risultati contrastanti in campo. Sebbene i frutti si siano rivelati commerciabili, la bassa produttività ha ridimensionato l’entusiasmo.
Altre due cultivar, esito anch’esse del progetto Maspes, sono poi la Nirosa1 e la Nirosa2. Entrambe precoci e – almeno per quanto riguarda la Nirosa2 – anche le prove di laboratorio ne hanno mostrato la resistenza a Sharka.
Varietà più datata è invece la Petra, abbastanza interessante, ma tardiva (matura, infatti, a metà luglio). Quindi, seppur di ottimo sapore e di buona produzione, la finestra di mercato non la rende adatta agli areali meridionali. Nei nostri territori, in realtà, quando nel 2008-2009 si sono registrate le prime comparse del patogeno, sono state introdotte anche alcune varietà licenziate dai ricercatori spagnoli di CSIC, ma risultate poco interessanti, con problemi di tipo produttivo e quindi presto abbandonate.
Attualmente, come segnalato dall’esperto, è presente un nuovo filone di varietà di albicocco tipo Cebas 57, Cibas Red, Primorosa, Estrella, tutte in fase di valutazione.
Inizialmente queste cultivar si sono rivelate particolarmente adattabili agli areali nostrani perché precoci, ma adesso si stanno valutando soprattutto gli aspetti legati alla produttività, al fine di evitare sorprese spiacevoli, qualora fossero immesse nel territorio.
Sempre dalla Spagna provengono, inoltre, varietà selezionate dall’IVIA, grazie allo studio della dottoressa Badenes. Tuttavia, puntando principalmente alla produttività, solo alcune sarebbero in linea con le tendenze di mercato attuali, offrendo frutti a fondo arancio intenso e con sovracolore esteso sulla maggior parte della buccia. Resta quindi da verificare l’adattabilità. Tra le varietà tardive si segnalano la Shamade e la Anegat.
Per quanto riguarda i privati, invece, alcune varietà spagnole di albicocco sono già presenti nelle nostre zone.
Come Flopria-cov, una delle poche varietà con produttività costante e fabbisogno in freddo abbastanza basso. Tutte le altre sono tardive, maturano ad agosto. Un esempio è dato dalle LAR, diverse varietà tolleranti a Sharka che si collocano nella fase tardiva di mercato (si veda la Farlis, la cui raccolta avviene dopo il 20-25 luglio).
In realtà, proprio alla luce di queste tendenze, il mercato tardivo sta riscontrando notevole interesse. L’albicocco, d’altra parte, pur essendo una specie con calendario di produzione di 60 giorni, ora potenzialmente potrebbe essere disponibile per 120 giorni, praticamente il doppio.
Restando nell’ambito dei privati, uno dei primi ad avere varietà resistenti è stato Escande, un costitutore francese. Alcune delle cultivar sono state già testate nei campi produttivi, come la Tsunami®, autoincompatibile e con un approccio attraverso uso di impollinatori. Altre varietà che hanno dato riscontri positivi sono state poi la Big Red e le Cot. Nello specifico, si possono segnalare due varietà particolarmente interessanti: la Flavor Cot®, di epoca precoce e ottimo sapore, e la Lady Cot®, varietà ancora poco nota, ma dai frutti moderni.
Conclusioni
In conclusione, come ricordato dall’esperto, la disponibilità di germoplasma resistente non è sempre garanzia di successo agronomico e commerciale, perché non tutte le varietà di albicocco sono compatibili con le condizioni pedoclimatiche degli areali meridionali. Attraverso la sperimentazione in campi dimostrativi e il confronto varietale si valuta l’adattabilità delle nuove cultivar. Al netto di tutti gli aspetti, sarebbe tuttavia auspicabile – previa valutazione del comportamento di queste varietà – organizzare un calendario di produzione, anche in termini commerciali.
Quest’ultimo sarebbe un progetto che, qualora realizzato, potrebbe rappresentare una svolta non solo per il futuro per il settore delle albicocche italiane, ma per tutto il comparto delle drupacee da tempo ormai coinvolto nella instancabile lotta alla Sharka.
Ilaria De Marinis
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