Tra i parassiti dell’olivo è importante la tignola Prays oleae (Bernard), dell’ordine Lepidoptera, famiglia Pyralidae, nota in inglese come “olive moth”.
La tignola dell’olivo compie 3 generazioni l’anno: antofaga, carpofaga e fillofaga. Quando adulta, ha un’apertura alare di 13-14 mm. Le ali anteriori sono principalmente grigie con lievi tracce argentee e macchiate di nero.
Le femmine depongono uova di 0.5 x 0.4 mm, che inizialmente sono di colore biancastro e che poi si imbruniscono. Allo stadio di uovo segue quello di larva. Le larve raggiungono lunghezze di 8 mm e il loro corpo appare principalmente verde chiaro. Dorsalmente sono di colore rosso-bruno con un paio di line subdorsali irregolari marroni o rosso-marroni. Il protorace, invece, è di colore verde chiaro con segni rosso-bruni.
Prima di diventare adulte, le larve passano dallo stadio di pupa e raggiungono lunghezze di 6 mm, con colorazioni che vanno dal giallo-bruno al marrone scuro.
Le larve delle diverse generazioni possono nutrirsi su differenti organi dell’olivo.
Le uova della prima generazione antofaga sono deposte sulle gemme a fiore. Dopo la schiusa di queste uova, le larve antofaghe si nutrono dunque dei fiori.
A fine primavera si avrà il volo degli adulti della prima generazione, le cui femmine depongono le uova sui calici dei fiori. Da qui derivano poi le le larve della seconda generazione carpofaga, che penetrano nell’endocarpo e si nutrono del seme. A fine estate, in prossimità dell’autunno, si ha il volo degli adulti, le cui femmine depongono uova sulle foglie e avviano la generazione fillofaga.
Le larve di quest’ultima generazione scavano dunque delle gallerie nutrendosi delle foglie (foto 2), su cui svernano nella primavera successiva.
La popolazione della tignola dell’olivo può variare significativamente, perché governata da una combinazione di fattori: condizioni climatiche, pratiche colturali, tolleranza della cultivar e attività dei nemici naturali.
La temperatura ambientale esercita una grande influenza sul potenziale riproduttivo dell’insetto, determinando il numero di uova deposte. Temperature sopra i 30°C e una bassa umidità relativa (< 50%) possono uccidere sia le uova che le nuove larve della generazione carpofaga.
Il complesso di parassitoidi, che include circa 40 specie parassitizzanti per lo più larve e pupe della generazione antofaga, può causare un tasso di mortalità del 60% (Arambourg and Pralavorio, 1986). Le specie più importanti sono i parassitoidi delle uova appartenenti al genere Trichogramma e i parassitoidi delle uova/larve Ageniaspis fuscicollis (Dalman) (Encyrtidae) e Chelonus eleaphilus Silvestri (Braconidae).
Le uova della generazione carpofaga sono predate da diversi antocoridi, miridi e crisopidi, tra cui il maggiore rappresentante è Chrysoperla carnea (Stephens).
Di recente sono stati rinvenute in modo massiccio negli uliveti diverse specie di formiche e acari capaci di depredare stadi pre-immaginali di lepidotteri.
Della terza generazione, invece, solo gli individui che si sono sviluppati su fiori e frutti possono causare perdite economiche solo gli individui che si sono sviluppati su fiori e frutti. Generalmente, la generazione antofaga non è pericolosa per le varietà che producono grandi quantità di fiori e hanno una bassa percentuale di allegagione.
In Italia sono pericolose le infestazioni che eccedono il 40% dei fiori nelle cv. da olio e il 10% nelle olive da tavola, mentre in Portogallo, le soglie economiche di danno per cultivar a frutto piccolo sono 4-6% in anni di carica (ON year) e 8-11% in annate di bassa resa.
Le cultivar differiscono fortemente nella loro suscettibilità all’infestazione della generazione carpofaga. Le varietà di olive da tavola con grande pezzatura sono più suscettibili agli attacchi (Vacante V. and Kreiter S. 2018).
Le abitudini alimentari degli adulti sono poco note e potrebbero essere un fattore determinante per la sua sopravvivenza e riproduzione. Molti adulti di lepidotteri si nutrono del nettare dei fiori, tuttavia essi possono anche nutrirsi di altri liquidi come per esempio le melate.
Nel lavoro Villa M. et al., (2017) è stato determinato il potenziale cibo della Prays oleae. Le risorse investigate sono state le melate di Saissetia oleae e Euphyllura olivina e diverse specie floricole spontanee: Antemis arvensis L., Andryala integrifolia L., Crepis capillaris (L.) Wallr., Conium maculatum L., Jasione montana L., Malva sylvestris L. e il Trifolium repens L. In Portogallo, luogo dove è stata condotta la ricerca, queste specie fioriscono durante la primavera e sono abbondanti durante la generazione antofaga della tignola.
Dai risultati è emerso che, in generale, le melate degli emitteri sono la migliore fonte di cibo, facendo riflettere sull’importanza del controllo di questi insetti quando sono presenti insieme alla tignola.
Di particolare importanza è risultata la melata della S. oleae, mentre tra i fiori, M. sylvestris ha conferito i migliori parametri di sopravvivenza e riproduzione. C. maculatum ha aumentato la longevità, ma ha interferito con alcuni parametri della riproduzione.
Alla luce di questi risultati, gli autori suggeriscono che le femmine di P. oleae sono sinoovigeniche, emergendo con nessun uovo maturo e cibo e con riserve per la riproduzione.
È risaputo che i biofenoli costituiscono le molecole che spesso sono implicate nella difesa delle piante verso i patogeni e associate con la resistenza della pianta all’ospite.
El Boustani et al. (1998) dimostrò che l’inoculazione su rami di olivo mediante sospensione di conidi di Verticillium dahlia fece modificare i livelli in flavoni e fenoli.
Queste scoperte suggerirono che il primo passo del meccanismo di difesa all’infezione in piante di olivo è un rapido accumulo dei fenoli nei siti di infezione, portando così a una riduzione o rallentamento della crescita del patogeno.
Foglie di olivo infette da fumaggine hanno dimostrato la presenza di diversi composti fenolici accumulati (Ilias et al., 2015).
Zine El Aabidine et al. (2010) dimostrò che la resistenza dell’olivo al cicloconio era correlato a componenti fenoliche multifattoriali, come il tirosolo e i suoi derivati.
Nel lavoro di Ilias F. (2017) importanti spunti di riflessione sono emersi in merito alla presenza di molecole fenoliche che interferiscono sugli attacchi da parte della tignola verde dell’olivo.
Nei risultati è emerso che i polifenoli totali erano presenti in piante di olivo attaccate in quantità molto più elevate rispetto alle piante sane e che la rutina ha avuto un ruolo nel meccanismo di difesa verso la P. oleae.
Il controllo delle infestazioni prevede il monitoraggio dei voli dell’adulto in modo da stabilire come combattere la tignola dell’olivo e la convenienza economica dell’intervento.
A tal proposito Caponero A. (2015) consiglia il campionamento delle drupe per fissare la soglia di intervento, che sarà del 10-15% per le cultivar da olio e del 2-3% per quelle da mensa. Inoltre, sempre lo stesso autore scrive di intervenire alla fine del picco del volo, prima dell’indurimento del nocciolo.
Tra gli altri principi attivi utilizzati nella lotta convenzionale si ricordano la cipermetrina, lambda-cialotrina, esfenvalerate, spiratoram.
Per quanto riguarda la lotta biologica ci si avvale degli interventi preventivi a base di Bacillus thuringensis var. kurstaki che agiscono per ingestione sulle larve della generazione antofaga.
A cura di: Thomas Vatrano
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