Cresce l’interesse per la papaya in Italia: negli ultimi anni il consumo di questo frutto tropicale in Europa è cresciuto in maniera esponenziale, in particolare in Sicilia.
La pianta di papaya (Carica papaya L.) è tropicale e originaria dell’America centrale oggi sempre più apprezzata in Europa, dove negli ultimi anni è cresciuto soprattutto il consumo di papaya in Italia e in altri Paesi, raggiungendo nel 2017 le 43mila tonnellate.
Grazie alle favorevoli condizioni pedoclimatiche, la coltivazione di papaya sta prendendo piede anche in alcuni areali della Sicilia, dove si registra infatti un progressivo incremento delle superfici investite.
Attualmente, la maggior parte dei frutti presenti sul mercato europeo viene importata da Paesi sudamericani, come Brasile e Messico. A questa, però, si va aggiungendo una esigua quantità di frutti proveniente dall’area mediterranea, in particolar modo da Spagna e Italia. Nel Belpaese la produzione è concentrata nelle aree a clima mite della Sicilia, dove è possibile permettere alle piante di papaya di fruttificare nei mesi compresi tra aprile e novembre, a differenza dei Paesi tropicali dove fruttificano per tutto l’anno. Le principali cultivar di papaya oggi presenti sul mercato europeo sono la Solo, la Golden, la Sunrise e la Formosa.
Secondo Faostat, nel 2018 a livello mondiale sono state prodotte 13.290.320 tonnellate di papaya su una superficie coltivata di 1.015.498 ettari.
L’India è il primo produttore con 5.989.000 tonnellate (45% del totale), seguita dal Brasile con 1.060.392 tonnellate e dal Messico con 1.039.820 tonnellate. Nella classifica, che conta 70 Paesi, non è presente l’Italia. Questo perché, per quanto in crescita, la produzione siciliana è ancora limitata a poche centinaia di tonnellate destinate principalmente a mercati locali, piccoli negozi e vendita online.
Stando alle attività di ricerca condotte presso il dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e forestali dell’Università di Palermo, la papaya deve essere coltivata sotto copertura (almeno per la parte invernale e primaverile). Nei nostri areali non è possibile pensare di coltivare la papaya solo all’aperto. La coltura, infatti, ha bisogno di caldo (temperature medie di circa 20-22 °C), soffre molto le basse temperature invernali (già a 5-6 °C possono crearsi problemi), risente delle gelate tardive (anche le più leggere) e del vento. Per quanto riguarda il terreno deve essere ben lavorato, ricco di sostanza organica, sciolto, con un pH sub-acido o neutro e privo di ristagni idrici.
Altrettanto fondamentale è poi l’esposizione della pianta in pieno sole, al fine di ottenere una crescita rapida e un’abbondante produzione di frutti.
In ogni caso, le ricerche condotte dall’Università di Palermo proseguono e sono numerose oggi le attività di studio volte all’analisi del comportamento dei diversi genotipi, delle dinamiche di maturazione e di ripening, del rapporto tra risorse fotosintetiche e qualità dei frutti, della gestione post-raccolta e della possibilità di ottenere frutti di IV gamma da destinare al mercato europeo.
Gli obiettivi da perseguire sono molteplici: l’ottenimento di piante di taglia più ridotta e, al contempo, produttive con frutti dalla buona consistenza della polpa quando la papaya matura, ad alto contenuto di zucchero, con pezzature medie e una maggiore resistenza ai disordini fisiologici, ai parassiti e alle malattie e l’affinamento delle tecniche di propagazione per lo sviluppo di una moderna offerta vivaistica.
Le favorevoli condizioni climatiche e le capacità dei produttori serviranno poi a fare la differenza.
Ilaria De Marinis
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