Melannurca campana IGP: la qualità prima di tutto

da Redazione FruitJournal.com

Meglio nota come la “regina delle mele”, la Melannurca campana è da sempre apprezzata per le spiccate qualità dei suoi frutti dalla polpa croccante, compatta, gradevolmente acidula, succosa e dal profumo finissimo e da ormai 15 anni si fregia del marchio di Identificazione Geografica Protetta.

Con una produzione di poco più di 60 mila tonnellate medie annue, la Melannurca campana IGP è oggi diffusa su tutto il territorio nazionale. Essa rappresenta circa l’80 % della produzione campana di mele e il 5 % circa di quella nazionale, per un valore complessivo stimato di oltre 40 milioni di euro.


Ne abbiamo parlato con Giuseppe Giaccio, presidente del consorzio di tutela Melannurca campana IGP che, costituito nel 2005, vanta oggi oltre 100 aziende associate.

Qual è la storia di questa varietà di mela tutta meridionale?
La storia della Melannurca è una storia millenaria, che coincide con la storia del territorio campano.
Già in epoca romana, infatti, si ritrovano alcune tracce di questa varietà, raffigurata – tra l’altro – anche in alcuni affreschi rinvenuti all’interno degli scavi di Ercolano. A cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, questo prodotto ha però vissuto una delle sue crisi più importanti.
Con l’avvento della genetica e delle applicazioni di questa nuova disciplina al settore frutticolo, infatti, sono giunte sul mercato nuove varietà, prodotte negli Stati Uniti o in Francia. In un primo momento – come in ogni situazione – la novità ha suscitato curiosità e interesse, tanto nei produttori quanto nei consumatori. Basti pensare che, fra gli anni Ottanta e Novanta, per far fronte al surplus di Annurca, la regione Campania ha iniziato a dare dei contributi per interromperne la produzione. In seguito, però, i consumatori – soprattutto quelli campani – sono tornati a richiedere il prodotto della propria terra. 
Questa rinnovata richiesta della Annurca da parte del consumatore ha determinato un calo vertiginoso delle varietà nuove, dando il via a una nuova stagione per la mela campana. In tal senso, è bene comunque sottolineare che prodotto e territorio sono intimamente legati: le qualità vengono espresse al massimo solo all’interno di un frutto coltivato in un territorio vocato a quella coltura. Una Annurca prodotta nel casertano esprime qui il massimo delle sue caratteristiche organolettiche.
Ad ogni modo, dopo questa graduale riscoperta della vecchia Annurca, una tappa fondamentale è stata la creazione di un comitato per il riconoscimento IGP della produzione nei primi anni Duemila. Grazie al marchio IGP, la produzione di mele Annurca ha infatti trovato nuova linfa, crescendo passo dopo passo.
Fino ad arrivare oggi con l’80 % della produzione melicola regionale firmata Annurca e oltre ⅔ di superfici adibite in zone specifiche dell’alto Casertano.

Cultivar Melannurca campana in melaio
Quali sono gli elementi che caratterizzano il processo produttivo e organolettico della Melannurca?

Il processo produttivo della Melannurca è unico al mondo. Questa varietà completa la sua maturazione sui cosiddetti “melai”, piccoli appezzamenti di terreno, adeguatamente sistemati in modo da evitare ristagni idrici. Sui melai vengono stesi vari strati di diversi materiali soffici, come trucioli di legna o paglia, su cui vengono sistemati i frutti che completano lì l’arrossamento. Questo procedimento, inoltre, aumenta le proprietà organolettiche del frutto. Tra queste, in modo particolare, le procianidine, molecole che – secondo un recente studio del dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli – proprio all’interno dell’Annurca, sono presenti in percentuale maggiore rispetto ad altre varietà di mele sul mercato. La ricerca ha inoltre portato alla creazione di integratori a base di Melannurca campana, utili per la regolazione del colesterolo, il prolungamento della fase di crescita dei capelli, ma anche per il contrasto dei radicali liberi – grazie alle capacità antiossidanti di cui dispone.


Quali sono i mercati di riferimento? Si è riscontrata una evoluzione nel corso del tempo?

Tra anni Novanta e inizio Duemila, il prodotto era conosciuto e consumato prettamente tra Campania e Lazio. Negli ultimi quindici anni, con la Grande Distribuzione Organizzata, l’Annurca si può facilmente trovare ovunque. Questa varietà, infatti, ha vissuto e continua a vivere una grande espansione, anche grazie ai cambiamenti che hanno interessato il consumo di ortofrutta. A differenza del passato, oggi i consumatori sono più consapevoli: guardano le etichette, si informano. Questo fattore ha influenzato tantissimo il mercato della Annurca, perché questa varietà – pur essendo rustica – è un prodotto italiano, certificato e di qualità. La Melannurca campana non ha un gusto neutro: può piacere come può non piacere. Ma le sue qualità sono ormai riconosciute e, pur non esprimendole in modo visivo, il consumatore le conosce e le apprezza. In altri termini: la Annurca non è una mela bella, ma è buona e le sue qualità ne sono la dimostrazione. La conferma arriva proprio dai mercati, dove l’Annurca è tuttora in fase di forte crescita. Basti pensare che la campagna termina con 40-50 giorni di anticipo e per soddisfare pienamente la richiesta del mercato avremmo ancora a disposizione praticamente più di un mese. D’altronde l’essere umano mangia con la bocca, non solo con gli occhi.


Vista la domanda crescente, si può allora ipotizzare l’impianto dell’Annurca anche in areali diversi?

A differenza di altre varietà, la Melannurca richiede una gestione e delle tecniche agronomiche che sono proprie del territorio campano. La stessa fase di arrossamento porta a determinati risultati, perché favorita dalle specifiche condizioni climatiche dell’areale casertano. Spostandosi al Nord, per esempio, non si avrebbero gli stessi risultati. Nel mese di novembre, quando le mele vengono distese sui melai, nelle aree settentrionali il rischio di avere gelate è infatti decisamente elevato e porterebbe alla distruzione della produzione.
Come già sottolineato, la Melannurca è l’emblema della vocazione di un prodotto al territorio: la sua qualità e la sua produzione non possono prescindere dalla sua terra d’origine. Persino produrre questa varietà in altre zone delle stessa Campania non darebbe gli stessi risultati. Insomma, se dici Annurca dici Caserta.

Mele distese su melai per completare l'arrossamento, procedimento che favorisce l'aumento delle proprietà organolettiche del frutto


Quali sono allora le prospettive future? A livello di consorzio, ci sono progetti in cantiere per una nuova promozione di questo frutto?

Come consorzio siamo abituati a promuovere il frutto nel corso di fiere ed eventi, oltre che tramite pubblicità. Però questo resta secondario: per noi la pubblicità più importante è quella basata sul frutto stesso e sulle sue caratteristiche organolettiche. Motivo per cui diamo particolare risonanza agli studi che vengono svolti da parte di enti di ricerca, presentati a livello internazionale. Per fare un esempio ci sono delle ricerche promosse dall’Università Federico II di Napoli, alcune delle quali sono state presentate negli Stati Uniti. Il nostro obiettivo è quindi far conoscere il frutto attraverso fatti concreti: una promozione che parte dalla Melannurca campana e delle qualità che possiede o che ancora dobbiamo scoprire. Il tutto per poter poi rispondere al meglio alle esigenze del mercato attuale, dove l’aspetto estetico non rappresenta più un fattore primario, ma uno dei tanti tasselli da considerare per soddisfare a pieno il palato e le richieste dei consumatori di oggi.

Ilaria De Marinis
© fruitjournal.com

 

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