I cambiamenti climatici rendono sempre più difficile standardizzare le produzioni in termini di qualità e quantità: una corretta gestione delle operazioni di potatura nelle drupacee può fare la differenza.
L’individuazione di idonee forme di allevamento e corrette operazioni colturali permette di ovviare a diversi problemi e di ottenere numerosi vantaggi. Con Davide Neri, professore ordinario di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree presso l’Università Politecnica delle Marche, approfondiamo il tema della potatura – non solo invernale – ponendo particolare attenzione al mondo delle drupacee.
La sola potatura invernale nelle drupacee non basta più
Fare produzioni elevate, costanti negli anni e di alta qualità, a costi contenuti è obbligatorio per poter quadrare i conti. Tuttavia, oggi questo obiettivo non è facilmente raggiungibile, oltre che per la erraticità dei mercati, anche per l’andamento climatico sempre meno prevedibile. Per le drupacee, infatti, sono frequenti eventi meteo dannosi anche in zone vocate, con prolungate “bolle di calore” estive e temperature oltre i 35 °C, inverni miti che faticano a fornire le necessarie ore di freddo per le cultivar più esigenti, gelate tardive e primavere fredde con piogge fuori stagione, grandine e vento.
Forme di allevamento alte e voluminose sono vantaggiose quando si verificano gelate tardive da irraggiamento che di solito provocano danni nei primi due metri da terra. Queste forme presentano un certo vantaggio anche con elevate temperature estive per l’auto-ombreggiamento degli alberi di grosso volume con succhionamento primaverile. È tuttavia evidente che questa scelta comporta un aumento dei costi di gestione, ritarda l’entrata in produzione e richiede una maggiore quantità di manodopera per potatura e raccolta.
In questo momento, un contenimento dei costi diretti di produzione si ha nelle forme in volume basse gestibili in gran parte da terra e nelle forme in parete con alberi a fusetto o ad asse verticale, in cui si possono usare carri a piattaforme laterali ed eventualmente ricorrere anche a qualche intervento di potatura meccanica.
Queste forme di ridotte dimensioni hanno il grande vantaggio di poter essere coperte con reti multifunzionali antigrandine, antiacqua, antinsetto, con mitigazione degli stress termici estivi, ma non di quelli invernali.
Va sottolineato che nella moderna gestione degli impianti con alberi di grandi dimensioni i frutti devono comunque essere ben illuminati e di alta qualità, ma senza scottature. Inoltre, negli impianti più intensivi, le piante devono avere vigore limitato e dimensioni controllate. D’altra parte, le crescite vegetative primaverili ed estive possono essere eccessive se la stagione procede con piogge e temporali al di sopra della media. Infine, anche la crescita di fine estate può essere vigorosa e si può prolungare a lungo, mentre l’arresto autunnale può arrivare molto tardi con ripercussioni negative sulla resistenza al freddo e sulla differenziazione a fiore. Insomma, scegliere quale forma di allevamento e quale potatura in molti casi è un rebus e comunque le scelte vanno sempre coordinate con la gestione della fertilizzazione e della irrigazione.
Per ottenere risultati positivi in condizioni così variabili, la sola potatura invernale nelle drupacee non basta più. Anche perché la potatura invernale deve essere ridotta al minimo e ritardata il più possibile in quanto non si è mai sicuri della fioritura e dell’allegagione. Per questo è necessario distribuire la potatura in diversi momenti dell’anno, scegliendo per ogni momento l’intervento più adatto, semplice e alla portata di manodopera non specializzata, ma efficace per la gestione complessiva e capace di ridurre le ore complessive di lavoro manuale.
Come scegliere l’epoca della potatura nelle drupacee
La scelta non è condizionata solo dallo stato fisiologico dell’albero e da motivi di ordine biologico, ma anche dalla disponibilità della manodopera e dall’organizzazione dei lavori aziendali (praticabilità dei suoli, ecc.). La potatura va ritardata nelle specie e varietà che in inverno/primavera possono subire danni, o nelle varietà in cui il taglio in prossimità della fioritura favorisce l’allegagione. In alcuni casi, i tagli più grandi possono essere eseguiti in estate, dopo la raccolta, per facilitare la compartimentazione delle ferite. Altre specie e varietà, invece, devono essere potate in primavera, dopo l’inverno, regolando l’intensità dei tagli in base ai danni da freddo subiti dalle gemme oppure per prevenire l’alternanza.
Va poi sottolineato che la potatura verde nelle drupacee è ormai pratica necessaria e diffusa con almeno un paio di passaggi stagionali sia durante l’allevamento, che in produzione.
In allevamento essa completa la potatura invernale, stimola la ramificazione e riduce le crescite mal posizionate, quindi deve essere precoce. Deve – cioè – essere eseguita fino a quando ci sono i germogli in forte crescita, affinché i tagli di raccorciamento e spuntatura inducano la schiusura dei meristemi ascellari e la crescita di germogli anticipati.
In questo stato fisiologico di forte vegetatività anche i tagli di diradamento (asportazione completa) dei germogli in crescita rafforzano i rimanenti e stimolano l’emissione di anticipati.
Il superamento della soglia critica, che consente alla dominanza apicale di indurre la formazione di gemme ascellari anziché germogli, si ha normalmente sul pesco, dove ogni forte accelerazione di crescita stimola il germogliamento degli anticipati. Più difficile far ramificare il ciliegio e l’albicocco dove, per avere ramificazione ascellare, alla forte accelerazione di crescita, si deve accompagnare il raccorciamento dei germogli ad almeno 20-30 cm di distanza dall’apice. Le gemme basali sono profondamente dormienti già in luglio-agosto e non è necessario farle partire con speronature, perché in questo caso si ottengono germogli di scarsa qualità.
La potatura verde in allevamento da maggio a luglio presenta quindi interventi assai differenziati per guidare la crescita: curvature-piegature (legature, uso di pesetti mobili, distanziatori); cimature/raccorciamenti dei germogli, specialmente di quelli sub-apicali, o loro rimozione, se troppo competitivi con le frecce. Per aumentare la ramificazione e ridurre la fase improduttiva dell’albero e per migliorare la conformazione della chioma si applicano invece raccorciamenti più pesanti, fino a metà germoglio, ovvero sopra l’ultima foglia ben distesa.
Nelle piante mature in produzione la potatura verde, invece, deve essere tardiva: i tagli di raccorciamento e di diradamento devono essere eseguiti quando i germogli sono in fase di rallentamento o già fermi.
Questa potatura ad agosto/settembre è una sorta di pre-potatura invernale che favorisce la qualità dei rami rimasti ben illuminati e arieggiati. Solo l’eliminazione di eventuali succhioni malposizionati può essere fatta anche in epoca precoce. In questo caso, la potatura verde precoce può regolare il carico di frutti in sinergia con le operazioni di diradamento e, in parte, sostituire quella invernale non effettuata per ragioni di sicurezza.
In effetti, si può intervenire presto anche per ridurre il vigore in anni di scarica o, al contrario, si può controllare l’allegagione eccessiva su alberi troppo carichi di frutti, e quindi limitarne l’impatto negativo sui processi di differenziazione a fiore delle gemme per l’anno successivo.
A cura di: Davide Neri
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