Dopo l’ok dell’Europarlamento, lunedì il consiglio Ue ha approvato la riforma della Politica agricola comune (Pac). Per l’Italia dote da 34 miliardi, sei in meno rispetto al periodo 2014-2020.
Via libera alla riforma della Politica Agricola Comune (Pac): per l’Italia l’accordo vale 34 miliardi fino al 2027, 6 in meno rispetto al passato, con una sforbiciata del 15% in termini reali, più pesante rispetto al taglio medio che nella Ue è stato del 10%.
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Dopo l’accordo politico con l’Europarlamento di venerdì scorso, due giorni fa è arrivato il via libera formale dei ministri europei in merito alla complessa riforma della Politica agricola comune 2023-2027. Adesso resta l’ultimo passaggio al Parlamento europeo che potrebbe così mettere una volta per tutte la parola fine a un negoziato durato tre anni.
“Siamo di fronte a una riforma completa della politica agricola comune, su cui è stato raggiunto un importante punto di incontro. Ora spetta agli Stati membri e ai produttori agricoli trarre beneficio dalla nuova Pac” – ha detto il ministro per le Politiche agricole, Stefano Patuanelli. Tuttavia, la dote per l’Italia si riduce a 34 miliardi fino al 2027, che possono arrivare a quasi 50 miliardi considerando il cofinanziamento nazionale dei fondi destinati allo sviluppo rurale.
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Come sottolineato dal presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, si tratta di un taglio di 6,2 miliardi rispetto alla passata programmazione: una riduzione del 15% in termini reali e superiore di cinque punti percentuale rispetto al taglio medio riscontrato in altri Paesi membri.
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Tra i punti più rilevanti della riforma, il compromesso sugli eco-regimi (la percentuale sarà del 25%, al 20% nei primi due anni) che dovranno essere tradotti in misure semplici ed efficaci in termini di innovazione per consentire agli agricoltori di continuare nel percorso di sostenibilità già iniziato.
Sulla scia tracciata dall’attuazione del nuovo Green Deal, l’agricoltura europea dovrà quindi rispettare una serie di nuove norme, che si traducono in pratiche agricole rispettose dell’ambiente.
Le pratiche green andranno scelte seguendo le direttive espresse dall’Ue che i singoli Stati membri dovranno poi declinare nei piani strategici nazionali, per garantire una governance ai 350 miliardi assegnati al settore dal bilancio Ue.
Tra le novità dalla nuova Pac, l’intesa prevede una convergenza interna dei titoli aziendali minima dell’85% entro il 2026, mentre l’aiuto accoppiato sarà del 13% massimo, più 2% per la proteiche (senza per queste ultime la necessità di dimostrare la difficoltà del settore). Non è passata, invece, la richiesta del Parlamento europeo che sollecitava un aiuto unico per tutte le imprese a livello nazionale entro il 2026.
Previsto un aiuto minimo obbligatorio del 3% nel primo pilastro per i giovani. Gli Stati membri, inoltre, dovranno varare un pagamento redistributivo a favore delle aziende di minore dimensione, per un ammontare pari almeno al 10% della dotazione complessiva per gli aiuti diretti. L’obiettivo di redistribuzione potrà essere conseguito, in alternativa, facendo ricorso al plafonamento (ovvero fissando un tetto massimo agli aiuti percepibili da una singola impresa) e alla degressività, ovvero un taglio sui pagamenti di maggiore importo (da 85mila a 100mila euro).
Il capping sarà poi volontario, con deduzione dei costi della manodopera, anche familiare.
Altra importante novità riguarda la condizionalità sociale della Pac con vincoli ai finanziamenti per le aziende. La condizionalità sociale entrerà in vigore nel 2025, ma gli Stati membri hanno la facoltà di avviarla già nel 2023.
A tal proposito, si è espressa la Coldiretti che – sostiene il presidente Ettore Prandini – chiede di garantire adeguatamente i redditi degli agricoltori, premiare comportamenti virtuosi in coerenza anche con il Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza, di affrontare i danni provocati dai cambiamenti climatici, favorire il ritorno alla terra in atto nelle giovani generazioni e premiare gli agricoltori che impiegano più manodopera nel rispetto dei diritti dei lavoratori e dei requisiti sociali in tutta Europa.
Non solo: almeno il 35% del secondo pilastro – rappresentato dalle politiche di sviluppo rurale finanziate dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) – dovrà essere dedicato a impegni agroambientali. In tal senso, è stata prevista una riserva di crisi annuale di 450 milioni di euro (resta però da chiarire se finanziata con bilancio Pac o con fondi derivanti dai margini di bilancio generale dell’Ue). Contemplata pure la possibilità di prelevare fino al 3% dell’enveloppe del primo pilastro da dedicare a misure di gestione del rischio nel secondo pilastro.
Particolarmente significativa per l’Italia, l’introduzione nel regolamento relativo all’Organizzazione comune dei mercati di misure relative all’etichettatura del vino e all’estensione a tutti prodotti Dop e Igp della possibilità di effettuare programmazione della produzione per meglio rispondere, in deroga alle norme Ue sulla concorrenza, alla sempre maggiore volatilità dei mercati.
Nello specifico, le organizzazioni interprofessionali per i prodotti Dop e Igp potranno formulare raccomandazioni sui prezzi, pur senza determinare la fissazione dei prezzi finali. Sull’olio d’oliva, invece, il sostegno Ue dovrà essere limitato al 30% della produzione commercializzata nel 2023 e 2024, per scendere al 15% nel 2025 e 10% nel 2026 (il limite attuale è al 5%).
In merito alla trasparenza delle informazione, è stata inoltre firmata una dichiarazione che pone il tema della reciprocità del rispetto degli standard Ue (ambientali e residui pesticidi) per i prodotti importati da paesi terzi.
“Il prossimo passo – ha sottolineato Patuanelli – sarà quello di costruire i piani strategici nazionali che dovranno essere incentrati sulla semplicità: non incrementare la burocrazia rappresenta il valore aggiunto per l’Italia”. “Importanti passi avanti – ha poi ricordato il ministro – sono stati raggiunti sugli aspetti climatico-ambientali con particolare riferimento al sostegno finanziario per strumenti di gestione del rischio che potranno utilizzare fino al 3% dei pagamenti diretti e dei fondi dello sviluppo rurale”.
La riforma della politica agricola comune è quindi pronta a partire. D’altra parte, per ottenere i risultati sperati sarà necessario allineare le misure previste dalla nuova Pac con il Green Deal, considerando l’impatto rispetto alle azioni previste dalle Strategie europee della Farm to Fork e della Biodiversità.
E tutto questo tenendo conto di come, dopo anni di tagli, all’agricoltura sia ancora destinato il 30% circa del bilancio complessivo Ue. Budget che, nella passata programmazione (2014-20), costituiva il 40% e che negli anni Novanta rappresentava ben oltre il 50% del totale.
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Ilaria De Marinis
©fruitjournal.com
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