L’inerbimento delle colture arboree rappresenta uno dei cinque eco-schemi previsti dalla nuova PAC 2023-2027.
Si tratta di uno strumento per far fronte ai cambiamenti climatici e interessa tutte le superfici occupate da colture permanenti (legnose agrarie) e altre specie arboree permanenti a rotazione rapida.
L’eco-schema prevede una copertura vegetale erbacea spontanea o seminata nell’interfila degli arboreti tra il 15 settembre e il 15 maggio dell’anno successivo, e – per le colture non in filare – l’inerbimento all’esterno della proiezione verticale della chioma.
Il sostegno previsto è di 155,6 milioni di euro l’anno, per un esborso totale di circa 778 milioni dal 2023 al 2027. L’importo unitario è pari a 120 €/ha l’anno ipotizzando quasi 1,3 mln di ha ammissibili, maggiorato per le Zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola (Zvn) e nelle zone Natura 2000.
Oltre all’inerbimento con vegetazione spontanea o seminata dell’interfila, gli agricoltori che usufruiscono del sostegno devono garantire negli arboreti:
– limitato uso degli agrofarmaci;
– non lavorazione del suolo nell’interfila, fatta salva la pratica del sovescio;
– gestione della copertura vegetale con trinciatura-sfibratura senza asportazione dal suolo.
Vantaggi dell’inerbimento delle colture arboree
Rispetto alle tradizionali lavorazioni del suolo, e ancor più rispetto al diserbo chimico, i principali vantaggi derivanti dall’inerbimento delle colture arboree sono:
– mancata emissione di CO2 che si avrebbe per mineralizzazione (ossidazione) della sostanza organica ricorrendo all’ordinaria lavorazione del terreno;
– maggiori apporti di sostanza organica nel suolo;
– ridotta erosione dei suoli.
Criticità dell’eco-schema: dalla competizione idrica ai costi di gestione
Un limite dell’inerbimento è dato dalla competizione idrica, e talvolta nutrizionale, tra il frutteto e la copertura consociata. Tuttavia esistono diverse modalità di inerbimento: totale o parziale, permanente o temporaneo, naturale o artificiale. La possibilità di scegliere tra le diverse tecniche di copertura consente di limitare i rischi. Difatti, l’inerbimento artificiale, rispetto a quello naturale, consente di scegliere le specie da seminare, chiamate Cover Crops, in virtù degli obiettivi aziendali. Ad esempio è opportuno utilizzare miscugli di leguminose (favino, veccia, trifogli, ecc.) per migliorare la fertilità del suolo e miscugli di graminacee (festuche, loietto, poa ecc.) per contenere invece la vigoria.
Ciononostante, negli ambienti caldo aridi, ovvero nel Centro-Sud Italia, il 15 maggio come data ultima di mantenimento obbligatorio dell’inerbimento potrebbe comportare seri problemi, in quanto la competizione idrica risulterebbe già troppo elevata. Inoltre, negli impianti inerbiti e/o pacciamati con le erbe sfalciate, i rischi delle gelate primaverili aumentano, poiché il cotico erboso funge da barriera per il trasferimento del calore dal suolo alla pianta.
Per quanto concerne i costi, considerando 3-4 trinciature annuali, manodopera, e costi di ammortamento di macchine agricole e carburante, probabilmente l’importo di 120 €/ha l’anno non coprirebbe i costi di gestione del terreno inerbito.
Tra costi e rischi, quindi, l’eco-schema risulta vantaggioso perlopiù per aziende che già utilizzano questo tipo di gestione, come ad esempio quelle biologiche. In questo caso, l’importo di 120 €/ha l’anno si somma al sostegno di base.
A cura di Tiziana Anelli
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