Nelle campagne pugliesi 1,80 euro, nei banchi ortofrutticoli di Milano dieci volte di più: è la storia dei prezzi delle ciliegie che, anche quest’anno, vede penalizzati i produttori.
A denunciare lo squilibrio dei prezzi delle ciliegie, la Coldiretti che – da qualche giorno – sta raccogliendo le segnalazioni di produttori e imprenditori alle prese con la campagna cerasicola 2022.
Come evidenziato dall’associazione, quella in corso è una buona annata, sia per qualità che quantità dei frutti. Eppure i prezzi spuntati dai produttori non sembrano confermare un bilancio altrettanto positivo.
A far scalpore, in particolare, il costo della ciliegia Ferrovia. Secondo le testimonianze raccolte da Coldiretti, il prezzo della varietà pugliese più apprezzata tocca i 14 euro al chilo nei mercati di Genova. Per raggiungere poi i 18 euro al chilo nei banchi ortofrutticoli lombardi. “Il problema – affermano i produttori – non è il costo delle ciliegie a Milano, perché quelle importate da altri Paesi, come la Spagna o l’Argentina, sono state vendute a molto di più, ma l’intero sistema che danneggia principalmente noi e il consumatore”.
D’altra parte, per avere una fotografia attendibile dell’andamento commerciale della campagna cerasicola 2022, bisogna prendere come riferimento le vendite e le quotazioni attuali nella Gdo, dove i prezzi – per quanto superiori a quelli spuntati dal produttore – si attestano di poco superiori alle stagioni precedenti.
Senza dubbio, quest’anno – accanto agli aumenti legati al “trasporto” – anche sui prezzi delle ciliegie pesa anche il generale incremento dei costi.
Sulla questione si era già espresso il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia, a pochi giorni dall’avvio delle operazioni di raccolta. “È necessario ricostruire una vera e propria filiera che sia in grado di valorizzare il prodotto anche attraverso una caratterizzazione territoriale della produzione – aveva infatti dichiarato – con la creazione di un marchio che valorizzi le caratteristiche organolettiche della ciliegia e le capacità di produzione da parte degli operatori del settore, un marchio come la I.G.P. che possa essere riconosciuta dal consumatore”.
Intanto, la forbice tra costi di produzione e prezzi al consumo continua ad allargarsi, a discapito del margine di redditività dei produttori che, al contrario, appare sempre più basso.
Ilaria De Marinis
©fruitjournal.com