Innovare, promuovere, cambiare rotta: queste le tre vie possibili per superare la crisi della cerasicoltura pugliese che, mai come quest’anno, sembra essere ricaduta pesantemente sui produttori e sull’intera filiera.
La campagna delle ciliegie 2022 in Puglia volge ormai al termine. Tra difficoltà vecchie e nuove, sempre più evidente appare la persistenza di una vera e propria crisi a livello strutturale del comparto cerasicolo pugliese.
A confermarlo, le parole di Nicola D’Onghia, socio amministratore di Tenute D’Onghia, azienda agricola sita in agro di Gioia del Colle (Ba). Condotta in regime biologico, l’azienda produce ciliegio, uva da tavola, mandorlo e seminativi (principalmente grano).
Con lui abbiamo analizzato l’andamento della stagione 2022 e la più generale crisi della cerasicoltura pugliese.
Parliamo della campagna cerasicola 2022: può dirsi ufficialmente conclusa?
In questi giorni stiamo concludendo le operazioni di raccolta. Quest’anno siamo partiti in ritardo, viste le difficoltà di mercato. Abbiamo infatti aspettato un po’ prima di procedere con gli stacchi, nella speranza di qualche cambiamento. Poi però quella speranza non si è tramutata in realtà: dopo i primi stacchi della varietà Sweet, che sono andati più o meno bene, oggi ci ritroviamo a dover raccogliere i frutti con gli scuotitori. In sostanza, stiamo conferendo ciliegie per l’industria.
Ci sono particolari fattori che hanno inciso negativamente sull’andamento della stagione?
Paradossalmente quest’anno ci sono stati tutti i requisiti per una buona annata. A partire dai volumi che, per la ciliegia Puglia, sono risultati molto abbondanti. Analogo il discorso se si parla di qualità: quest’anno il frutto si può dire perfetto, sebbene il calibro sia stato più piccolo rispetto agli standard. Tuttavia, oggi – purtroppo – quando si parla di qualità si pensa soltanto al calibro, ma il concetto è ben più ampio.
Occorre guardare il frutto nella sua interezza: dal colore al gusto, passando per le proprietà organolettiche.
E quest’anno la ciliegia pugliese può dirsi di qualità, poiché non presenta assolutamente difetti. Ma questo deve far riflettere: i frutti che oggi si stanno raccogliendo con gli scuotitori, e quindi destinati all’industria, non sono in alcun modo danneggiati o di bassa qualità, ma semplicemente un po’ più piccoli della media. Un aspetto – tra l’altro – che per chi fa cerasicoltura biologica è normalità.
Bisogna poi sottolineare che anche dal punto di vista fitosanitario e climatico quella 2022 è stata una buona annata. Nel primo caso, i monitoraggi effettuati sia per la mosca che per la Drosophila suzukii hanno mostrato una situazione sotto controllo. In merito al clima, invece, le gelate tardive ci hanno sfiorato, però – fortunatamente – non ci hanno colpito.
In sostanza, potremmo dire che quest’anno è stato da manuale, eccetto per i risultati ottenuti.
Sì, se vogliamo quest’anno ogni fattore si è rivelato in linea al fine di ottenere un prodotto di buona qualità. Arrivati sul mercato, però, le aspettative sono state deluse. In particolare nel nostro caso, essendo la produzione distribuita in un areale in cui la stagione parte più tardi. Chi ha iniziato a staccare il prodotto a maggio, comunque è riuscito a spuntare prezzi migliori.
Per quanto riguarda il ciliegio, inoltre, se fino all’anno scorso avevamo una decina di ettari con varietà sia classiche, quindi Bigarreau, Giorgia, Ferrovia e Lapins, sia più nuove come le Sweet, da qualche anno abbiamo iniziato a spiantare. Oggi abbiamo lasciato 4 ettari che sono principalmente delle varietà tardive Sweet e Lapins. Questa scelta era legata al desiderio di andare a prendere quantomeno la coda del mercato. Poi però ci siamo scontrati con la crisi dei prezzi: quando il nostro prodotto è giunto sul mercato, questa crisi era ormai conclamata, al punto che abbiamo pensato di tenere i frutti sulle piante. In realtà, non avevamo grandi aspettative, ma di certo non ci aspettavamo un totale blocco commerciale. Come se non bastasse, anche il mercato dell’industria sta per chiudere i battenti, quindi tra qualche giorno non si ritireranno più ciliegie.
In sostanza, il nostro è stato l’estremo tentativo di salvare il salvabile, sebbene sia ormai chiaro che il problema della cerasicoltura pugliese è di tipo strutturale.
L’avevamo capito, ma quest’anno è stato lampante. Sicuramente oggi è di primaria importanza proiettarsi verso un nuovo tipo di cerasicoltura, capendo quali varietà produrre, come e se modificare i nostri impianti. Personalmente, come per la grande maggioranza qui al Sud, abbiamo impianti scoperti, ma – stando alle richieste del mercato – dobbiamo seriamente pensare a realizzare delle coperture. D’altra parte, dovremo fare valutazioni di redditività perché come territorio – ripeto – arriviamo sempre dopo quelli che raccolgono a maggio, quindi sarà fondamentale capire se riusciamo poi ad ammortizzare le spese legate alla realizzazione di una copertura.
Mi auguro, però, che la realizzazione di queste strutture venga presa in seria considerazione all’interno dei prossimi piani di sviluppo rurale. A differenza di quanto avvenuto in altre regioni d’Italia, la Puglia non ha mai finanziato impianti per le coperture, ma sarebbe anche ora di richiamare il mondo politico a una maggiore sensibilità verso il comparto. Perché il rischio, specialmente dopo una stagione cerasicola come questa, è di vedere gran parte dei nostri 19000 ettari di ciliegie sparire, soprattutto nel Sud barese e in quei comuni dove i frutti arrivano più tardi. Un evento che – se si dovesse verificare – rappresenterebbe davvero una sconfitta.
E poi c’è la concorrenza estera.
La concorrenza estera, ma se vogliamo anche quella interna, con le ciliegie trentine che, per esempio, coprono una fascia tardiva di mercato, ottenendo risultati di gran lunga superiori. Questo anche perché in Trentino gli impianti sono coperti, garantendo così calibri maggiori e ciliegie più apprezzate sul mercato.
Insomma, per far fronte a questa crisi della cerasicoltura pugliese, occorre che tutti i produttori inizino a pensare di cambiare rotta, anche perché ad oggi – come si è visto – pur disponendo di tanti ettari, otteniamo risultati ben inferiori non solo rispetto alle realtà europee, ma anche rispetto ad altre regioni dello stesso territorio nazionale.
Quali sono allora le possibili vie da percorrere per fronteggiare la crisi della cerasicoltura pugliese?
Onestamente, per quanto ci riguarda, attenderemo un po’ le mosse della Regione. Il nostro intento è portare avanti la produzione cerasicola, magari cambiando varietà o realizzando le coperture per gli impianti. L’obiettivo è non lasciare la cerasicoltura, ma provare a rinnovarla. Sarà necessario, però, un sostegno da parte degli organi competenti che possa garantire lo sviluppo di una visione un po’ più strutturata del sistema “ciliegia Puglia”. Anche perché un investimento in solitaria è complicato da attuare se poi manca un intero sistema che indichi la direzione da percorrere.
Strettamente legato a questo è poi il discorso relativo al mondo della ricerca. Come avviene nelle regioni settentrionali, sarebbe infatti assai utile instaurare un legame tra realtà agricole e centri di sperimentazione e ricerca, senza attendere la buona volontà del ricercatore o del professore di turno, ma finanziando con politiche regionali progetti e sperimentazioni sul campo che possano davvero portare innovazione e dinamicità al settore.
In più, andrebbero attuate alcune misure di sensibilizzazione anche nei confronti dei nostri consumatori.
Capisco che una ciliegia di grosso calibro è sicuramente più bella da vedere, invoglia di più all’acquisto, però è altrettanto importante riuscire a far passare il messaggio che la qualità non è solo il calibro. Per fare questo sarà fondamentale una politica di promozione del prodotto “ciliegia Puglia”, che preveda anche l’istituzione di un marchio IGP. A mio parere, infatti, se ad oggi fosse stata attivata una politica di promozione ben strutturata, probabilmente non staremmo raccogliendo con lo scuotitore ciliegie di qualità trattate al pari di un prodotto di scarto. Le nostre ciliegie non hanno nulla da invidiare ad altri prodotti, ma se la situazione sarà e continuerà a essere questa, nel tempo il rischio è di veder perduto un patrimonio simbolo della realtà pugliese come la ciliegia.
Ilaria De Marinis
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