Particolare attenzione deve essere riposta quando si programma l’irrigazione dell’actinidia. Si tratta, infatti, di una coltura che necessita di elevati volumi di acqua, ma che è anche molto sensibile a fenomeni di ristagno idrico.
Proprio l’eccesso di acqua rientra tra i fattori che favoriscono la temuta e diffusa moria del kiwi e il marciume del colletto, il quale ha più probabilità di svilupparsi quando il substrato non è ben ossigenato e occorrono difetti nel drenaggio.
L’importanza dell’irrigazione dell’actinidia è legata anche e soprattutto alle origini di questa pianta che, caratterizzata da una superficie fogliare ampia, ama vivere in ambienti pedoclimatici umidi.
L’ambiente originario è, infatti, quello della valle dello Yang Tzu Chiang (Cina), dove si registrano precipitazioni annue di circa 1300 mm ed elevati valori di umidità relativa dell’aria. Quest’ultima dovrebbe sempre mantenersi su valori medi superiori al 60%.
A conferma di ciò, studi dimostrano che in ambiente secco il fenomeno della traspirazione in actinidia è maggiore. Per ovviare all’elevata traspirazione, consistente sia di giorno sia di notte, e alla mancata tolleranza agli stress idrici, l’apparato radicale deve essere messo nelle condizioni di riequilibrare le perdite di acqua. Le irrigazioni dunque devono essere tali da inumidire il terreno e mantenere il livello di umidità desiderato.
Il fabbisogno idrico dell’actinidia è abbastanza significativo. Il range, infatti, oscilla dai 5.000 ai 10.000 m³/ha/anno. Il valore ottimale specifico dipende però dal tipo di terreno e dalle condizioni climatiche.
Nei terreni sabbiosi la stagione irrigua inizia solitamente a marzo, mentre si può aspettare un po’ più di tempo per avviare la stagione irrigua nei terreni più argillosi. Se il livello di umidità mantenuto nel terreno non è adeguato, le foglie si afflosciano per poi necrotizzare e cadere, registrando danni non solo a carico della produzione dell’anno, ma anche della formazione delle gemme utili alla produzione dell’anno seguente. Le fasi più delicate, durante cui è bene evitare stress idrici, includono sicuramente la fioritura, l’allegagione e la fase di sviluppo dei frutti. La risposta agli stress idrici, poi, dipende anche dalla varietà. Ne è un esempio il kiwi giallo che, rispetto a quello verde, tollera meno la carenza di acqua.
Uno studio sull’actinidia ha dimostrato inoltre che, quando le piante sono in condizioni di temperatura limitanti, le irrigazioni pomeridiane sono quelle che meglio riescono a equilibrare lo stato idrico delle piante, gli scambi gassosi a livello fogliare e i flussi xilematici.
Accanto alla quantità, altrettanto importante risulta poi la qualità dell’acqua.
Valori di cloro o di sodio superiori a 70 mg/l non consentono, infatti, uno sviluppo regolare. Al contrario, eccessi di cloruri causano la decolorazione delle foglie più vecchie che diventano color bronzo e si arrotolano verso l’alto. In caso di eccessi di sodio, invece, le foglie vecchie diventano bluastre, si arrotolano e necrotizzano sui bordi fino a cadere.
Ultimo fattore da considerare, non per importanza, influente sul fabbisogno idrico della coltura di actinidia, è la tipologia di impianto irriguo utilizzato.
Si attesta che il metodo irriguo più adatto per l’actinidia sia infatti quello localizzato, a goccia o a spruzzo. I consumi medi per stagione irrigua sono di circa 8000 m³/ha con impianto di nebulizzazione, mentre di circa 6000 m³/ha con impianto di irrigazione a goccia. L’irrigazione a goccia è il metodo irriguo più utilizzato negli impianti di actinidia, consentendo il raggiungimento di ottimi risultati. Erogando acqua in maniera efficace e dando la possibilità di integrare elementi nutritivi in fertirrigazione, l’irrigazione a goccia rappresenta la soluzione ottimale. Essa si effettua con l’utilizzo di ali gocciolanti, che possono essere eventualmente interrate per realizzare la subirrigazione. Grazie alla bagnatura per capillarità, tipica dell’ala gocciolante, il terreno viene quindi bagnato e inumidito uniformemente, evitando sprechi di acqua.
L’impianto d’irrigazione dell’actinidia quindi non sarà altamente efficiente solo in termini produttivi, ma anche e soprattutto ambientali.
Silvia Seripierri
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