Come un po’ tutte le piante anche la genetica del susino è ampia e presenta grandi potenzialità che sono il punto di partenza per nuovi e possibili lavori, volti alla costituzione di nuove varietà di susino.
Prima di valutare quali caratteristiche sono più importanti per questa pianta, ne tracciamo un quadro generale: il susino nasce in Asia, nella zona del Caucaso, e produce frutti comunemente chiamati susine o prugne. Si tratta di specie del genere Prunus, appartenente alla famiglia delle Rosaceae. La variabilità interna al genere Prunus è, dunque, molto vasta e si riflette in differenze tra le specie a livello di forma, pezzatura, sapore, aroma, consistenza e colore dei frutti.
A seconda della destinazione di utilizzo, ma anche dell’areale di coltivazione delle varietà di susino, le specie possono essere classificate in tre gruppi:
- asiatico-europei che comprendono il susino europeo (P. domestica), il susino siriaco (P. insititia), il susino mirabolano (P. cerasifera) e altri;
- cino-giapponesi (P. salicina, P. trifora, P. simonii, …);
- americani (P. marittima, P. gracilis, P. subcordata, …).
Le specie oggi più coltivate e trainanti il settore sono P. domestica e P. salicina che hanno una lunga storia di coltivazione e che sono rispettivamente coltivate e maggiormente diffuse in Europa e in Asia.
Il susino europeo P. domestica è stato ottenuto molto probabilmente con l’ibridazione di P. cerasifera x P. spinosa. L’albero si caratterizza per la presenza di foglie espanse e per la fioritura tardiva rispetto a quella dei susini cino-giapponesi più precoci.
Aspetto importante delle piante di susino cino-giapponese (P. salicina), invece, è l’autoincompatibilità. In virtù di tale caratteristica, infatti, gli ambienti di coltivazione più idonei sono quelli a clima mite, dove non si verificano gelate invernali e il volo degli insetti pronubi non è ostacolato.
Come riportato dallo studio “Unlocking plum genetic potential: where are we at?” del team di esperti guidato dal Dott. Francesco Sottile, il genotipo è la chiave per il miglioramento genetico e qualitativo dei frutti.
Sulla base delle sfide odierne, le risorse genetiche disponibili devono essere impiegate per lo sviluppo di nuove cultivar in grado di soddisfare le esigenze di innovazione nella produzione, di sostenibilità ecologica e di salute umana. Dallo studio emerge, infatti, non solo l’incitazione alla produzione di nuove varietà, ma anche alla valorizzazione delle varietà già esistenti. Sebbene negli ultimi 30 anni siano state rilasciate tante nuove varietà di susino, l’assortimento varietale più commercializzato continua ad essere ristretto a un esiguo numero di varietà.
Tra le varietà attualmente più coltivate a livello mondiale, troviamo la californiana “Angeleno”, “TC Sun”, “Black Diamond”, “Fortune” e la prima italiana “DOFI-Sandra”. In Europa, invece, le varietà più coltivate sono “Ente 707”, i cui frutti sono destinati all’essiccazione, “President” per il consumo fresco e “Stanley” che ben si adatta a entrambe le destinazioni d’uso. Sul territorio italiano, le cultivar più apprezzate dal mercato includono:
- “Anna”, “Aphrodite”, “Black Splendor”, “Santa Rosa”, “Crimson Glo” e “Golden Prugna” con calendario di maturazione fino a metà luglio;
- “TC Sun” con maturazione fino a fine agosto;
- “Stanley”, “Regina Claudia”, “Grossa di Felisio”, “President”, “Angeleno” e “Gigante d’autunno”.
Sebbene il quadro varietale commercializzato sia ristretto e dunque il mercato sia riservato sempre alle stesse cultivar, è bene precisare che le scelte varietali sono guidate dalle regole di mercato e dai gusti dei consumatori.
In tale contesto, però, il germoplasma e la sua conservazione non perdono di significatività. Proprio per evitare che le varietà meno diffuse e il loro patrimonio genetico vadano persi, è fondamentale la loro conservazione presso le banche dati. Quei geni possono, infatti, tornare utili qualora dovesse comparire un nuovo patogeno a cui non esiste rimedio o nel caso si voglia introdurre un carattere qualitativo, come per esempio un aroma, particolarmente apprezzato dai consumatori. Gli obiettivi della ricerca e del miglioramento genetico, dunque, sono la valorizzazione dell’assortimento varietale già esistente e l’ottenimento di nuove cultivar pregiate.
Come per le altre drupacee i punti deboli, che si tenta di eliminare con il miglioramento genetico, sono l’allungamento dei tempi di maturazione e di disponibilità dei frutti sul mercato, il miglioramento della qualità e dell’aspetto dei frutti e la resistenza o tolleranza a stress biotici e abiotici.
Nel caso specifico del susino, dunque, il miglioramento genetico non ha finora suscitato negli operatori del settore e nei consumatori i risultati sperati. Tuttavia, si impegna nella produzione di varietà rispondenti ai requisiti di mercato e di produzione, che agevolano il produttore.
Silvia Seripierri
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