Dall’Oriente novità importanti per il contrasto alla batteriosi del kiwi, la malattia provocata dal batterio patogeno Pseudomonas syrinage pv. actinidiae e che porta a un calo delle produzioni, oltre che a una diminuzione della qualità dei frutti.
Tra le malattie più dannose, la batteriosi del kiwi è stata segnalata per la prima volta in Giappone nel 1989, su piante di Actinidia deliciosa.
Nel tempo, però, il cancro batterico dell’actinidia si è diffuso anche in Europa e in Italia, nel Lazio, dove la coltivazione del kiwi riveste particolare importanza economica.
Il ceppo più diffuso del Psa kiwi è il biovar 3 (Psa3), altamente patogeno. A partire da questo, un gruppo di ricercatori del Giappone ha condotto uno studio volto a ottenere marcatori polimorfici da applicare nel genoma della coltura per produrre cultivar resistenti.
Il lavoro trae spunto da uno studio precedente secondo il quale l’Actinidia rufa, specie selvatica giapponese imparentata con i kiwi, è risultata altamente resistente allo Psa3. Partendo quindi dai marcatori del DNA dell’intero genoma, la sperimentazione ha cercato di individuare i fattori che conferiscono la resistenza a Psa3. Sulla base delle informazioni pubblicate sulla sequenza del genoma del kiwi, i ricercatori hanno quindi progettato 1101 marcatori di ripetizione di sequenza semplice (SSR) in silicone, coprendo l’intero genoma della coltura.
Successivamente, sono stati esaminati i polimorfismi del DNA in più di 1000 prodotti di reazione a catena della polimerasi per un potenziale utilizzo come marcatori SSR tra A. rufa Fuchu e A. chinensis FCM1, un genitore fornitore di polline Fuchu A. chinensis maschio e altre cultivar di kiwi.
Nell’intero genoma del kiwi, si sono quindi ottenuti 351 marcatori polimorfici. Si tratta di risultati che dimostrano in primo luogo l’utilità dei marcatori SSR selezionati per il futuro allevamento di nuove cultivar di kiwi.
In seconda battuta, evidenziano l’importanza di A. rufa in termini di risorsa genetica. Sia per la tolleranza a diversi tipi di stress ambientali come calore ed eccessiva umidità del suolo (Kataoka et al., 2014). Sia perché A. rufa – grazie all’affinità incrociata con A. chinensis – può conferire alle generazioni future resistenza nei confronti della batteriosi del kiwi.
Appare evidente dunque come lo studio condotto in sinergia dall’Università e dalla Prefettura di Kagawa costituisca un tassello importante in termini di futuro dell’actinidia. Grazie alla possibilità di sviluppare marcatori SSR dell’intero genoma, infatti, si abbattono decisamente i tempi che lo sviluppo di varietà di kiwi resistenti alle malattie, attraverso incroci e valutazione della resistenza agli agenti patogeni nella progenie, normalmente richiederebbe.
Ilaria De Marinis
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