Moria del kiwi: una rassegna

Riproponiamo la review sulla moria del kiwi pubblicata nell’ultimo numero di Fruit Journal magazine che affronta la rilevanza della sindrome in Italia.

da Silvia Seripierri
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La moria del kiwi è la sindrome che desta le maggiori preoccupazioni sulla pianta di actinidia e per la quale non è stato possibile individuare il patogeno agente di malattia né le cause predisponenti. Si parla, infatti, di sindrome multifattoriale in virtù delle condizioni che si è ipotizzato predispongano la malattia.

Riproponiamo, dunque, la review sulla moria del kiwi pubblicata nell’ultimo numero di Fruit Journal magazine che affronta la rilevanza della sindrome in Italia e la sintomatologia, causa di non poche preoccupazioni per i produttori italiani. 

L’attenzione per il fenomeno “moria del kiwi” nasce successivamente ai primi avvistamenti di malattia ignota e nuova in Italia, nella zona del basso veronese, nel 2012.

Da allora, l’estensione del fenomeno ha provocato il perimento di circa l’80% delle piante di actinidia di quella zona. L’evoluzione della malattia ha purtroppo continuato il suo percorso interessando anche altri areali italiani vocati alla coltivazione del kiwi, diversi dalla provincia del basso veronese, tra cui la Provincia di Latina nel Lazio. Il motivo per cui questo fenomeno desta grande preoccupazione risiede nel valore economico e commerciale che la produzione del kiwi ha in Italia. La penisola è seconda solo alla Cina per produzione di kiwi. Si deduce, infatti, come la presenza della moria su larga scala faccia registrare perdite economiche consistenti, del valore di centinaia di milioni di euro.

Il ricercatore del CREA Gianni Tacconi, che ha studiato l’actinidia sin dai primi del 2000, ha infatti rilasciato in altra sede che per questa malattia, quando compaiono i sintomi, è ormai troppo tardi. Tuttavia bisogna riconoscere che, una volta accertata la gravità della situazione, la Regione Veneto si è da subito adoperata per limitare l’avanzata del patogeno e cercare di comprendere le cause, avviando diversi filoni di ricerca sia in ambito fitosanitario che agronomico. Nonostante questo tentativo di prevenire il più possibile la progressione del patogeno, però, la malattia ha continuato il suo decorso. Al momento la situazione è particolarmente grave in provincia di Verona e in Piemonte dove gli impianti colpiti superano ormai il 70%. Anche la Provincia di Latina, come accennato, mostra cedimenti e, seppur meno frequenti, si rileva la presenza di sintomi e danni anche nelle regioni Calabria ed Emilia Romagna. 

Nel complesso, dunque, questa situazione non fa altro che danneggiare la posizione dell’Italia e avvantaggiare la produzione e la commercializzazione di altri Paesi che, come la Grecia, sono emergenti circa la produzione di kiwi.

Dallo studio sui sintomi associati alla sindrome si è visto che questa colpisce sia piante giovani sia piante più vecchie, di impianti messi a dimora su terra vergine e di impianti esistenti già da diversi anni. Il carattere che accomuna questi diversi scenari, nel momento in cui la sindrome della moria si sviluppa e prende piede, è la morte repentina e improvvisa delle pianteQuando si parla delle fasi iniziali della malattia, ci si riferisce solitamente a un blocco vegetativo della pianta già nel periodo di fine giugno-luglio, a cui segue un progressivo disseccamento. É importante notare che spesso questa sintomatologia iniziale si manifesta a macchia di leopardo: a pochi metri dalle piante sintomatiche, è facile vederne altre vegetare indisturbate. Nel giro di poco tempo da questa condizione iniziale, e spesso nel giro di una sola stagione, la malattia si estende però su tutto l’actinidieto.

moria del kiwi

La sindrome è di difficile diagnosi perché sono diverse le casistiche e generica la sintomatologia inizialmente osservata di appassimento delle piante.

Ai primi sintomi osservati su actinidia segue un’importante perdita della produzione e il progressivo disseccamento dell’intera pianta. Aspetto interessante, ma di poco conto, è che la pianta non completamente disseccata può germogliare e fiorire comunque nella primavera successiva.

Con riferimento al primo anno di manifestazione dei sintomi, poi, si è visto anche che la parte aerea, che si presenta avvizzita, ha le foglie che ripiegano verso il basso come per sfuggire al sole. Solitamente entro 10 giorni da tale fenomeno, infatti, queste foglie cadono e lasciano i frutti direttamente esposti ai raggi solari. La sintomatologia, poi, può interessare anche i frutti bloccandone lo sviluppo al punto che, al momento della raccolta, la loro pezzatura è inferiore a quella media.

Anche a livello radicale è rilevabile e non trascurabile la presenza dei sintomi.

L’apparato radicale, infatti, appare fortemente compromesso e imbrunito con marcescenza diffusa sulle radici più piccole, secondarie, e assenza o stentato sviluppo del capillizio radicale assorbente. I sintomi a carico dell’apparato radicale sono quelli più caratteristici e che determinano la scomparsa delle radici assorbenti lasciando pochi grandi cordoni radicali rosso-brunastri.

Moria del kiwi

Apparato radicale di pianta infetta.

Nella maggior parte dei casi le radici subiscono più gravemente le conseguenze della sindrome quanto più sono disposte negli strati più profondi del terreno. Quelle al di sopra del piano di campagna, infatti, permettono alla pianta di sopravvivere ancora per alcuni mesi, anche se con una vegetazione stentata. Solitamente nel giro di uno o due anni dalla comparsa dei sintomi, poi, le piante seccano e muoiono senza possibilità di cura. Si è visto che il fenomeno interessa maggiormente gli impianti in pianura e colpisce sia le cultivar a polpa verde sia quelle a polpa gialla.

Sebbene non ci siano cure e la soluzione migliore al momento sia la prevenzione, grande attenzione deve essere rivolta alle piante che manifestano i sintomi sentinella legati alla presenza di:

  • poche foglie su una o più branche con parziali disseccamenti associati a deformazioni del lembo;
  • ridotta attività vegetativa;
  • sviluppo ritardato dei frutti anche a seguito di una buona impollinazione.

Dal momento in cui sono comparsi i sintomi e si è compresa l’entità dei danni, come accennato, i ricercatori hanno avviato diversi studi tra cui alcuni guidati dall’intento di individuare gli agenti patogeni responsabili. Tuttavia non si sono ottenuti finora i risultati sperati: analizzando alcune piante infette è stato possibile estrarre dei patogeni, per cui su altre piante malate si è andati alla ricerca degli stessi patogeni al fine di accertarne la presenza e studiare le connessioni patogeno-malattia

Al momento nessuna corrispondenza è stata trovata tra patogeni e piante infette, per cui il “cerchio” si è chiuso senza il raggiungimento di alcuno dei risultati sperati.

Il ricercatore e fondatore della società di ricerca Agrea Lorenzo Tosi ha affermato che lo studio di una cosa simile è molto difficile: quando si vuole capire la causa di qualcosa, infatti, i ricercatori tentano di isolarla e di realizzare un esperimento. In questo caso però, come ha dichiarato il dott. Tosi, l’approccio scientifico tradizionale non funziona, perché i fattori in gioco sono diversi e sembrano contraddirsi a vicenda.

 

Silvia Seripierri

©fruitjournal.com

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