La monilia o moniliosi delle drupacee è una patologia che interessa tutte le piante da frutto appartenenti alla famiglia delle Rosacee, in particolare peschi e albicocchi, costituendo un problema costante per le colture. Si tratta infatti di una malattia in grado di compromettere quote importanti di produzione sia durante la fase di coltivazione che in post-raccolta.
La moniliosi delle drupacee è causata da varie specie di funghi, appartenenti o al genere Monilia o Monilinia, che – in condizioni favorevoli – possono causare ingenti danni alle coltivazioni interessate. Sebbene molto diversi fra loro al microscopio, questi miceti risultano indistinguibili in termini di danni provocati.
Moniliosi delle drupacee: sintomi e danni
Le drupacee infettate dal micete manifestano sintomi a livello di foglie, fiori e frutti. Nello specifico, l’apparato fogliare si presenta con macchie scure e/o marroni e/o rossastre su tutte e due i lembi. In annate con primavere particolarmente piovose, i primi sintomi a comparire sono a carico degli organi fiorali: petali, stami e pistilli. I fiori infetti tendono a imbrunire rapidamente e avvizzire, rimanendo a lungo attaccati al ramo. Dai fiori l’infezione può quindi passare ai rami, dove compaiono inizialmente delle piccole tacche ellittiche, imbrunite e depresse in corrispondenza dello stelo fiorale. Da qui si sviluppano dei veri e propri cancri che, progressivamente, causano il totale disseccamento e morte della porzione distale.
Per quanto riguarda i frutti, come per gli organi fiorali, la suscettibilità cambia durante la stagione, raggiungendo valori di suscettibilità medio-alta in pre-raccolta. Specialmente quando prossimi alla maturazione, i frutti possono inoltre manifestare delle tacche imbrunite e di consistenza molle che vanno coprendosi di “muffa”.
Come contrastare la moniliosi delle drupacee
In generale, la condizione climatica costituisce un fattore predisponente la malattia. Se, però, su questo non si può intervenire direttamente, è altresì possibile adottare pratiche agronomiche utili a contenere l’incidenza della moniliosi sia in campo che in post-raccolta.
In particolare, nell’ambito della difesa chimica, ci si può avvalere di fungicidi di sintesi, ma resta fondamentale la tempestività del trattamento che va infatti eseguito possibilmente prima dell’eventuale evento piovoso infettivo. Diversamente, per la protezione dei frutti anche durante la fase di post-raccolta, la difesa chimica in campo si attua nelle due settimane precedenti la raccolta, intervenendo due volte nel periodo (a 14 giorni e a 7 giorni).
Dal punto di vista delle buone pratiche colturali, invece, fondamentali sono quelle effettuate a livello di nutrizione idrica e minerale.
Una corretta strategia irrigua, infatti, limita la creazione di condizioni di umidità ottimali per il patogeno. Analogamente, è importante evitare eccessi di azoto che porterebbero a un eccessivo sviluppo della vegetazione, condizione – anche questa – assolutamente predisponente per la monilia.
Infine, indispensabile è l’asportazione dei frutti diradati e delle mummie al fine di contenere il potenziale di inoculo.
D’altra parte, al netto di quanto visto e a fronte della minaccia costituita dalla malattia, senza dubbio una conduzione agronomica razionale, congiuntamente alla difesa chimica, permette di ottimizzare i risultati e limitare così l’incidenza di questa malattia.
Ilaria De Marinis
© fruitjournal.com