Complici le temperature anomale e la bagnatura della lettiera fogliare, il fungo responsabile della ticchiolatura del melo ha anticipato la sua fase ascosporica. Un fattore che rende indispensabili ora i trattamenti specifici di difesa.
In grado di causare danni rilevanti se non idoneamente controllata, la ticchiolatura del melo è considerata la più grave e diffusa avversità crittogamica della coltura.
La sua incidenza e la gravità degli attacchi dipendono da diversi fattori, tra cui la sensibilità varietale e le condizioni climatiche. Nel corso degli anni, proprio per via dell’andamento anomalo del clima, si è osservato un costante anticipo della fase ascosporica del fungo che, non sempre accompagnato da un generale anticipo della ripresa vegetativa della pianta, aumenta così il rischio di infezione.
Negli areali melicoli del nord Italia più precoci, il primo rilascio di ascospore di V. inaequalis si verifica da fine febbraio alla prima settimana di marzo. Fortunatamente nel periodo di questo primo rilascio ascosporico, buona parte delle piante generalmente sono ancora in riposo vegetativo e pertanto il rischio è da considerarsi molto basso, se non nullo.
Tuttavia, come anticipato, non è da escludere che con una ripresa vegetativa accelerata delle piante, queste si possano trovare con una rilevante quantità di ascospore in grado di causare gravi infezioni già nelle prima fasi fenologiche.
Ticchiolatura del melo: l’agente responsabile
Il fungo responsabile della ticchiolatura vive esclusivamente allo stato parassitario e compie il suo ciclo di sviluppo alternando una forma sessuata (Venturia inaequalis) a una asessuata (Spilocea pomi = Fusicladium dendriticum).
La prima si differenzia all’interno dei tessuti dell’ospite quando le condizioni ambientali diventano sfavorevoli e consente al patogeno di perpetuarsi durante i mesi invernali. La fase asessuata o stadio conidico compare in primavera e ad essa è legata la diffusione nell’ambiente del fungo: le spore agamiche (conidi) si formano all’apice di rami conidiofori che erompono dall’epidermide dei tessuti infetti della pianta.
Sviluppo ed evoluzione della malattia
Come accennato, le infezioni primarie sono causate in primavera dalle ascospore di Venturia inaequalis che si liberano dai residui di foglie e frutti infetti caduti al suolo durante l’autunno e l’inverno. Con le piogge primaverili, le ascospore fuoriescono dagli aschi e, attiverso gli schizzi d’acqua e le correnti d’aria, vengono trasportate sui tessuti verdi suscettibili di melo. Qui, se le condizioni climatiche sono favorevoli, iniziano a germinare penetrando per via cuticolare negli spazi intercellulari, dando origine, dopo un periodo di incubazione variabile in funzione della temperatura, ai primi sintomi.
Successivamente, il patogeno evade dai centri di infezione, determinando la formazione dei conidi che, a loro volta, daranno origine ad altre infezioni secondarie all’interno del frutteto.
Le foglie e i frutti infetti in autunno cadono a terra, costituendo un idoneo substrato per la formazione degli pseudoteci nella fase invernale.
Sintomi e danni
I sintomi si possono manifestare su tutte le parti aeree della pianta: foglie, frutti, fiori e rametti. Sulle foglie, le prime infezioni sono generalmente visibili sulla pagina superiore in forma di macchie inizialmente decolorate, distribuite irregolarmente. Progressivamente, queste lesioni assumono una colorazione più scura e contorni meglio definiti osservabili anche sulla pagina inferiore. Le foglie colpite disseccano e cadono prematuramente, lasciando le piante parzialmente spoglie.
Per quanto riguarda i frutti, l’infezione può aver luogo in qualsiasi stadio di sviluppo, causando malformazioni e arresto di sviluppo. In particolare, compaiono macchie puntiformi, bruno-olivastre, che si accrescono lentamente mantenendo una forma rotondeggiante e un aspetto vellutato in superficie. Attacchi precoci provocano malformazioni, atrofia dei tessuti colpiti e vistose deturpazioni dell’epidermide con macchie dall’aspetto rugginoso e spaccature superficiali. In questi casi si ha generalmente una cascola precoce. Al contrario, infezioni tardive possono essere anche difficilmente rilevabili al momento della raccolta, salvo poi manifestarsi durante la conservazione con lesioni che deprezzano sensibilmente il prodotto.
In ultimo, l’attacco sui fiori e sui rametti si manifesta sotto forma di lesioni brunastre a carico di petali, calice, peduncolo fiorale e, nel caso dei rami, dei tessuti ancora allo stato erbaceo. In genere, però, è meno frequente.
Quali strategie adottare
Le strategie di intervento volte a contenere l’avversità si sono via via affinate nel tempo. Si va da trattamenti a calendario a quelli con turno biologico, oppure con turno fisso o allungato in funzione dell’andamento climatico e della presenza della malattia.
Nelle strategie di difesa del melo da questa malattia, cruciali sono le infezioni primarie da fronteggiare con trattamenti che iniziano all’avvio della ripresa vegetativa, durante la fase fenologica di “punte verdi”. In caso di mancato rilevamento di sintomi della malattia nel frutteto, i trattamenti si interrompono dopo la fase di “frutto noce”, quando i frutti non sono più suscettibili alle infezioni primarie.
Accanto a questo, altrettanto fondamentali sono oggi i modelli previsionali utili a simulare la maturazione degli pseudoteci e la dinamica di emissione delle ascospore e di stimare il livello di rischio nel periodo di infezione primaria.
Ilaria De Marinis
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