Analisi del terreno: importanza e interpretazione

Per l’agricoltura contemporanea l’analisi del terreno è uno strumento indispensabile per orientare le decisioni: ne parliamo con l'agronomo Gianni Manca

da uvadatavoladmin
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Per l’agricoltura contemporanea l’analisi del terreno è uno strumento indispensabile per orientare le decisioni da prendere in campo, sia in termini di nutrizione vegetale, che di operazioni agronomiche. Nell’ultimo numero di Fruit Journal, ne analizziamo importanza e interpretazione con l’agronomo Giovanni Manca.

In passato la valenza di un’indagine approfondita sulle caratteristiche fisico-chimiche del suolo era principalmente legata alla integrazione degli elementi nutritivi in fase di pre-trapianto/pre-semina o di coltura in produzione. Poiché non si disponeva di avanzati sistemi di fertirrigazione, la fertilizzazione era il più delle volte effettuata a calendario e in maniera non troppo precisa, lasciando poco spazio a correzioni eventualmente necessarie nel corso della stagione produttiva.
Oggi, invece, si parla di concimazione razionale, che si basa anche sull’impiego mirato di input produttivi per ciascun sistema suolo-pianta-acqua e per la quale è fondamentale l’applicazione di tutte le tecnologie a disposizione, da quelle diagnostiche a quelle nutrizionali, compresi i biostimolanti.

Volendo riassumere l’utilità che oggi assumono le analisi del terreno, potremmo dire che rappresentano uno strumento di diagnosi che, combinato con le conoscenze sulle necessità della coltura di riferimento, permette un uso consapevole dei nutrienti.

Nutrienti che, reagendo con il terreno e con l’acqua, saranno poi resi disponibili, assorbiti e bloccati dalle piante riducendo il rischio di un loro dilavamento e il seguente deposito nelle falde freatiche.

La componente microbica del terreno

Il terreno per definizione è un sistema fisicamente e chimicamente eterogeneo, multifasico e multicomponente. Multifasico perché è composto da una fase solida, una liquida e una gassosa e multicomponente perché composto da diversi elementi. La coesistenza e l’interazione tra le fasi e i componenti è la fonte principale della produzione agraria.
Al contrario, poco risalto viene dato ancora oggi alla componente microbica del terreno, che – in simbiosi con l’ambiente chimico-fisico in cui si sviluppa – permette di attivare, metabolizzare e rendere disponibili gli elementi nutritivi per le piante. Si stima che in un grammo di terreno siano presenti miliardi di batteri e centinaia di metri di ife fungine, di cui solo una piccola parte di essi appartiene a specie patogene per le colture. Nella maggior parte dei casi, questi microrganismi sono indispensabili alla vita, biostimolando le piante, rendendo disponibili i nutrienti o rendendo i suoli da essi colonizzati più fertili (per esempio tramite la mineralizzazione della sostanza organica).

Della componente microbica del terreno fanno parte anche i PGPR (Plant Growth Promoting Rhizobacteria), ovvero colonie batteriche che abitano la rizosfera.

Non patogeni e spesso poco considerati, i PGPR non instaurano rapporti di tipo simbiotico – come fanno ad esempio gli azotofissatori – ma stabiliscono legami di scambio reciproco con le piante. Tra le ragioni alla base di questi legami, si annovera il ruolo degli zuccheri presenti negli essudati radicali particolarmente attrattivo per i microrganismi tellurici che, a eccezione dei cianobatteri, non sono in grado di sintetizzarli.
Oggi i laboratori più tecnologicamente avanzati sono in grado di effettuare delle attente analisi microbiologiche, permettendo così di integrare le informazioni chimico-fisiche sul terreno con quelle sul microbioma, sia esso composto da organismi utili o patogeni. A tal proposito, un contributo significativo nell’attribuire maggiore importanza anche alla componente microbica del terreno si deve alle aziende di fertilizzanti e fitosanitari, che negli ultimi anni hanno integrato la loro offerta di prodotti con quelli a base di microrganismi. Questi ultimi, alla stregua di fertilizzanti e fitosanitari, ricoprono oggi un ruolo importante nel miglioramento delle produzioni vegetali.

Interpretare le analisi chimico-fisiche

Il primo dato che possiamo leggere in un’analisi chimico-fisica standard del suolo è quello relativo a tessitura e granulometria. La tessitura, correlata alla percentuale nel terreno di sabbia, limo e argilla, può essere misurata attraverso la granulometria delle particelle. Una prima classificazione, come previsto dalla Società Internazionale di Scienza del Suolo (ISSS), permette di dividere le particelle in:

  • scheletro, composto da particelle > 2 mm;
  • terra fine, composta da particelle < 2 mm, di cui fanno parte:
  • sabbia grossa (particelle tra 2 e 0,2 mm) e fine (particelle tra 0,2 e 0,02 mm);
  • limo: particelle tra 0,02 e 0,002 mm;
  • argilla: particelle < 0,002 mm.

L’argilla è la parte biologicamente più attiva perché, grazie alla sua finezza e alle sue proprietà colloidali, è in grado di dilatarsi e di trattenere l’acqua.
I terreni migliori per la crescita delle piante sono quelli cosiddetti franchi o di medio impasto. Questi contengono una frazione trascurabile di scheletro e percentuali ben precise di sabbia, limo e argilla. La sabbia deve essere presente in percentuali comprese tra il 35 e il 55% per consentire una buona circolazione idrica, una sufficiente ossigenazione e una facile penetrazione delle radici. Il limo deve essere in percentuali comprese tra il 25 e il 45%, mentre l’argilla in percentuali tra il 10 e il 25%, al fine di mantenere un sufficiente grado di umidità nei periodi asciutti, permettere la strutturazione del terreno e trattenere i nutrienti. I terreni di medio impasto, quindi, hanno una fertilità fisica ottimale, ovvero una buona capacità di trattenere nel tempo una quantità ottimale di aria e acqua, ospitare e permettere un buon sviluppo dell’apparato radicale, garantire uno spazio biologico equilibrato per i microrganismi e proteggere le falde dall’inquinamento dovuto alle lisciviazioni.

analisi del terreno triangolo

Come anticipato, dai risultati delle analisi del terreno è possibile ricavare informazioni sulle caratteristiche granulometriche.

Queste permettono di calcolare il rischio di degradazione fisica verso cui il suolo potrebbe andare incontro e, in particolare, il grado di compattazione che potrebbe verificarsi a seguito delle lavorazioni. Una volta individuate le caratteristiche fisiche del terreno, sarà possibile prendere decisioni inerenti soprattutto la fase di impianto. Successivamente, è bene approfondire le caratteristiche chimiche che includono pH, calcare attivo, salinità, sostanza organica, elementi nutritivi e rapporto C/N.

 

A cura di: Giovanni Manca
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