Flavescenza dorata: fattori, sintomi e danni

Nell'ultimo numero di Fruit Journal approfondiamo sintomi, danni e modalità di intervento di uno tra i più gravi e temuti giallumi della vite

da uvadatavoladmin
flavescenza dorata sui grappoli di Cabernet Sauvignon

La flavescenza dorata (FD) è un’ampelopatia oggi diffusa in diverse parti del mondo che desta grandi preoccupazioni soprattutto nei produttori di uva da vino. Nelle aree viticole del continente europeo, il fitoplasma della flavescenza dorata può infettare la vite molto rapidamente causando ingenti danni economici.

Segnalata per la prima volta in Francia negli anni ‘50, e giunta in Italia negli anni ‘60, la flavescenza dorata è oggi uno dei più gravi e temuti giallumi della vite.

Agente causale della flavescenza dorata è il fitoplasma Grapevine flavescence dorée phytoplasma (regno Bacteria, classe Mollicutes) che, una volta entrato nella pianta, altera il corretto funzionamento dei tessuti linfatici adibiti al trasporto di linfa dalle foglie agli altri organi della pianta. Non essendo il fitoplasma dotato di una sua capacità motoria, le vie principali con cui si diffonde e infetta viti diverse sono due:

  • su brevi distanze, grazie all’azione di insetti vettori come Scaphoideus titanus;
  • su lunghe distanze, attraverso materiale di propagazione infetto.

Tra gli insetti che veicolano il fitoplasma, oltre alla cicalina Scaphoideus titanus, si annoverano la cicalina Dictyophara europaea, la specie asiatica Orientus ishidae e Oncopsis alni. Considerato che il fitoplasma agente di flavescenza dorata è per la vite un organismo da quarantena, classificato in lista EPPO A2, è di fondamentale importanza impiegare materiale di propagazione sano. A riguardo, l’Unione Europea ha anche predisposto delle linee guida per il controllo del patogeno che, a seconda della zona, prevedono piani di eradicazione e combustione delle viti infette, estirpazione e combustione delle viti abbandonate, combustione del legno di potatura, monitoraggio del volo degli adulti di S. titanus e un numero di interventi obbligatori contro lo scafoideo.

I tre fattori della flavescenza dorata

Affinché l’ampelopatia si sviluppi e arrechi danni è necessaria la presenza e l’interazione di tre fattori: il patogeno, il vettore e la pianta ospite. Come accennato, il patogeno agente di malattia è un fitoplasma, ovvero un microrganismo unicellulare procariote simile a un batterio, ma più piccolo e privo di parete cellulare. I fitoplasmi sono patogeni obbligati che vivono e si moltiplicano all’interno dei vasi floematici delle piante in cui sono presenti.

Per quanto riguarda il vettore, invece, Scaphoideus titanus è il principale insetto associato alla malattia. Della famiglia dei Cycadellidae, questa cicalina è ampiamente diffusa in Italia, soprattutto nelle regioni settentrionali. Qui S. titanus è associato alla diffusione del fitoplasma di flavescenza dorata, per cui è considerato fitofago chiave della vite. In Italia meridionale, invece, S. titanus è un fitofago secondario perché, sebbene l’insetto sia stato rilevato un paio di volte, a tali rilievi non è associata la presenza del fitoplasma di flavescenza dorata.

Ninfa del terzo stadio della cicalina Scaphoideus titanus, agente di flavescenza dorata, su foglia di vite (Fonte: EPPO)

Ninfa del terzo stadio della cicalina Scaphoideus titanus, agente di flavescenza dorata, su foglia di vite (Fonte: EPPO)

Se si guarda al ciclo biologico dell’insetto, S. titanus compie una sola generazione all’anno. Le femmine depongono le uova solitamente da agosto a ottobre nel ritidoma dei tralci e, a differenza di altre cicaline (come E. vitis, J. lybica e Z. rhamni), sverna come uovo nei tralci di due anni. In primavera ha inizio la schiusura delle uova che si protrae per tutto il mese di giugno. Lo sviluppo di S. titanus si compie in due stadi di neanide e tre stadi di ninfa, a cui segue la forma adulta. Negli ultimi anni, probabilmente a causa dell’aumento delle temperature medie, i ricercatori hanno registrato due fenomeni anomali: la cattura di adulti fino a ottobre inoltrato e la maggiore fecondità delle femmine, che possono deporre fino a 60 uova piuttosto che 15, come riportato nei primi studi su scafoideo negli anni ‘80 (Alma et al., 1988; Chuche e Thiery, 2014).

Per quanto riguarda la morfologia dell’insetto, invece, gli stadi giovanili sono facilmente identificabili sia per le loro dimensioni, che per il colore biancastro e per la presenza di macchie nere. Queste macchie, nelle prime età di sviluppo, sono solamente un paio e sono localizzate sull’ultimo urite, ma si sviluppano poi su tutto il corpo. La forma adulta dell’insetto, invece, può raggiungere anche dimensioni di 5-6 mm e il corpo è bruno-ocraceo con macchie bianche. In tutte le età le tibie, soprattutto quelle dell’ultimo paio, sono provviste di spine robuste.

Per ragioni legate sia all’alimentazione che alla riproduzione, l’insetto trova particolarmente ospitale la vite.

In tal senso, però, ciò che più preoccupa i viticoltori non sono tanto i danni diretti, quanto quelli indiretti, ovvero la trasmissione del fitoplasma della flavescenza dorata. A questo è bene aggiungere che l’incidenza della malattia è correlata all’età dell’insetto e alla suscettibilità della varietà. Per quanto riguarda l’età dell’insetto, infatti, si ricorda che gli individui, subito dopo la schiusa delle uova, non sono in grado di infettarsi e di trasmettere il fitoplasma. L’infezione della cicalina stessa avviene con la sua alimentazione su viti infette quando l’insetto ha compiuto circa 3 settimane di età. Conseguenza di tale fenomeno è che gli interventi molto precoci possono risultare inutili, perché le cicaline presenti non sono ancora in grado di veicolare il fitoplasma. Al tempo stesso è importante che gli interventi non siano effettuati quando la maggiore percentuale della popolazione di S. titanus è composta da adulti che, in quanto mobili, possono sfuggire al trattamento. Compatibilmente a quanto disposto dal Servizio Fitosanitario Regionale di riferimento, uno degli interventi contro S. titanus può essere fatto coincidere con quello contro la tignoletta.

Terzo fattore predisponente la flavescenza è la pianta ospite.

Sebbene la pianta ospite di interesse sia la vite, anche altre specie come Alnus glutinosa e Clematis vitalba possono contribuire alla sopravvivenza del fitoplasma. Un aspetto importante è anche la suscettibilità della pianta ospite al patogeno. Sebbene tutte le varietà di V. vinifera siano suscettibili, queste possono esserlo in percentuali diverse, manifestando sintomi diversi e con diversa intensità. Da alcuni studi, per esempio, è emerso che il Merlot è meno sensibile al fitoplasma della flavescenza dorata e presenta una gravità dei sintomi e una distribuzione del fitoplasma nel floema limitata rispetto al Cabernet Sauvignon (Jagoueix-Eveillard et al., 2012).

Sintomi e danni associati

Le viti infette delle varietà più suscettibili possono presentare già a inizio primavera un germogliamento irregolare. Sebbene sia possibile individuare sintomi tipici per ogni fase fenologica della vite, questi sono più visibili in tarda estate. In funzione della stagione di riferimento, i sintomi possono essere così suddivisi.
In primavera è possibile osservare:

  • ridotta crescita e ridotto numero di internodi sui germogli dei capi a frutto;
  • disseccamento dei germogli dagli apici in giù;
  • foglie con superficie ridotta e accartocciamento verso il basso;
  • sviluppo irregolare delle nervature fogliari e deformazioni della lamina;
  • filloptosi anticipata;
  • disseccamento delle infiorescenze in post-fioritura;
  • imbrunimento della parte interna della corteccia dei capi a frutto.

Durante l’estate, invece, i sintomi osservabili includono l’alterazione del colore delle foglie (arrossamento per le foglie di varietà di uva a bacca rossa e ingiallimento per le foglie di varietà di uva a bacca verde) e il disseccamento dei grappoli dopo l’allegagione o durante l’invaiatura, con una perdita dei grappoli fino al 100%. A questi sintomi, che interessano perlopiù la prima parte della stagione estiva, si aggiungono:

  • l’ispessimento della lamina fogliare e la sua tendenza a rompersi più facilmente;
  • la crescita “ad ombrello” dei germogli;
  • la mancata lignificazione di tutti o di una buona parte dei germogli sul capo a frutto.

In generale, il declino della pianta può durare alcuni anni, così come la morte delle viti infette può verificarsi nel giro di poco tempo mettendo a repentaglio la vitivinicoltura di intere aree.

Modalità di intervento

Intervenire contro la flavescenza dorata significa agire con misure specifiche che l’Italia ha riassunto nel D.M. 31/05/2000 sulle “Misure per la lotta obbligatoria contro la Flavescenza Dorata della vite”. Attenendosi a quanto disposto a livello nazionale, i Servizi Fitosanitari Regionali possono tuttavia prevedere misure specifiche a seconda della regione di riferimento. Si tratta di misure che differiscono tra loro non solo a livello nazionale, ma anche a livello regionale a seconda che la zona sia classificata come indenne, di insediamento o focolaio. Fondamentale, inoltre, è l’attività volta a monitorare e campionare la presenza di S. titanus. Il monitoraggio della presenza di neanidi e ninfe consiste nell’osservazione delle parti basali delle viti, mentre quello della presenza di adulti è attuato mediante la disposizione di trappole cromotropiche gialle all’altezza della vegetazione.

Accanto a quanto disposto dai Servizi Fitosanitari, prosegue anche la ricerca al fine di sviluppare strategie di intervento innovative, più sostenibili ed efficaci.

Tra gli studi condotti, alcuni sono mirati a individuare fonti di resistenza a S. titanus tra le specie del genere Vitis, altri a individuare cultivar in cui il fitoplasma ha un basso tasso di moltiplicazione. Approfondimenti sono in corso anche sugli inibitori molecolari che ostacolano il riconoscimento tra proteine del fitoplasma e pareti cellulari delle cellule dell’insetto, quando questi entrano in contatto. Non solo: considerato che in fase di accoppiamento gli adulti comunicano mediante l’emissione di segnali vibratori, i ricercatori hanno messo a punto degli appositi meccanismi che prevedono il disturbo dell’accoppiamento tra individui di S. titanus. Grazie a un filo metallico, vengono trasmessi in vigneto segnali vibratori che, coprendo quelli dei maschi, ostacolano gli accoppiamenti. Per quanto riguarda il controllo biologico, invece, è stato sperimentato l’uso di parassitoidi di specie appartenenti alle famiglie di Pipunculidae, Anteoninae e Gonatopodinae e l’uso di batteri che disturbano la riproduzione dell’insetto o la sua capacità di trasmettere il fitoplasma (Chuche et al., 2017; Gonella, 2012; Marzorati, 2006).

Come si è visto, dunque, la flavescenza dorata può incidere fortemente sulla viticoltura di intere zone. Aspetto che rende necessari non solo il rispetto delle linee guida previste dai Servizi Fitosanitari e lo sviluppo di nuovi mezzi di controllo, ma anche e soprattutto l’azione congiunta di tutti gli operatori al fine di poter costituire una barriera contro la diffusione del patogeno.

 

Silvia Seripierri
© fruitjournal.com

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