Un’Italia sempre più esotica? Stando agli ultimi dati Coldiretti si potrebbe dire di sì. Secondo l’associazione, infatti, salgono a oltre mille gli ettari coltivati a frutta tropicale nel Belpaese.
Complici i cambiamenti climatici, la geografia delle produzioni agricole sta mutando. Ne è una riprova il caso della frutta tropicale in Italia, dove il numero di ettari destinati a queste colture – soprattutto nelle regioni meridionali – continua a salire.
“Le coltivazioni di frutta esotica Made in Italy sono moltiplicate negli ultimi anni – fa sapere la Coldiretti – superando i mille ettari fra Sicilia, Puglia e Calabria, dove sempre più spesso prima si sperimentano e poi si avviano vere e proprie piantagioni di frutta originaria dell’Asia e dell’America Latina”. A favorire questa nuova tendenza, la tropicalizzazione del clima che – tra temperature in aumento e precipitazioni violente – anno dopo anno sta investendo l’Italia e la Sicilia in particolare, favorendo così la coltivazioni di mango, avocado, lime ma anche feijoa o annona.
“Quello delle piante tropicali Made in Italy – spiega Coldiretti – è un fenomeno destinato a modificare in maniera profonda i comportamenti di consumo nei prossimi anni, ma anche le scelte produttive delle stesse aziende agricole”. Basti vedere l’incremento della richiesta da parte dei consumatori e le quotazioni con cui questi prodotti sono oggi presenti sul mercato.
Ma la tendenza non riguarda solo la frutta tropicale: in questa nuova mappa dell’agricoltura italiana, infatti, a essere ridisegnate sono anche le tradizionali aree di produzione di colture come vite e olivo che, un tempo concentrate al Sud Italia, stanno trovando ora nuova collocazione a latitudini sempre più settentrionali.
“Si è assistito nel tempo anche a un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’olivo che è arrivato alle Alpi – scrive Coldiretti – è infatti in provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l’ultima frontiera nord dell’olio d’oliva italiano”. Secondo l’associazione, inoltre, “negli ultimi dieci anni, la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da zero a circa diecimila piante, su quasi 30 mila metri quadrati di terreno”.
D’altra parte, come ricordato, “l’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici” e, per questo, chiamata in prima linea a fronteggiarle. Dall’utilizzo di droni all’impiego di robot e sensori: le aziende agricole sono oggi chiamate a una nuova sfida e per vincerla sarà necessario farsi trovare pronti. In questo, però, un aiuto importante arriva oggi dall’innovazione tecnologica che – sempre più presente anche in campo – permette a produttori e tecnici di far fronte alle difficoltà di ogni giorno e guardare con fiducia al futuro.
Ilaria De Marinis
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