Orticoltura cellulare: nuova frontiera verde

Dopo la carne sintetica, arrivano anche ortaggi e frutta prodotti in laboratorio: tra i vantaggi, maggiore sostenibilità e resilienza delle colture

da uvadatavoladmin
orticoltura

Non molto diversa – in linea di principio – da quanto si tenta di fare ormai da tempo con la carne ottenuta per via sintetica, l’orticoltura cellulare è ormai realtà. 

Lo sanno bene a circa 20.000 km di distanza da noi, in Nuova Zelanda, dove un gruppo di scienziati dell’Institute for Plant&Food Research è infatti al lavoro per coltivare in laboratorio frutta e verdura. Scopo del lavoro di ricerca, come dichiarato, è rendere più sostenibile e resiliente ai cambiamenti climatici anche un comparto come quello dell’orticoltura.

Il team di ricercatori – stando a quanto fa sapere il dottor Ben Schon, scienziato del programma Food by Design e responsabile della ricerca su piante e alimenti – è ormai da 18 mesi nel programma quinquennale. Le prime prove effettuate hanno riguardato nello specifico cellule raccolte da mirtilli, mele, ciliegie, feijoa, pesche e uva. 

orticoltura cellulare

Nella foto i membri del team con sede a Lincoln del programma Food by Design, da sinistra a destra: Yuki Wadamori, Dr Ben Schon, Dr Jan Grant, Julie Latimer, Matthew Plowman-Holmes, Dr Esther Kim

Partendo da colture cellulari, piuttosto che da piante intere, l‘orticoltura cellulare consente di coltivare ortaggi e frutta in laboratorio.

L’obiettivo – analogamente a quanto avviene con le carni sintetiche – è quello di creare un nuovo alimento con proprietà attraenti tanto quanto quelle di un frutto coltivato in modo tradizionale. Un prodotto con cui i consumatori abbiano familiarità, che sia quindi salutare e abbia un buon gusto, oltre che con una consistenza e un aspetto del tutto assimilabili a un frutto raccolto da un albero in aperta campagna. “Per far crescere un pezzo di cibo desiderabile da mangiare – spiegano gli scienziati a lavoro sul progetto – avremo bisogno di qualcosa di più di un semplice insieme di cellule. Quindi stiamo anche studiando approcci che possano offrire un’esperienza di consumo di cibo fresco”.

Come già avvenuto con la carne ottenuta in laboratorio, la domanda attorno cui ruota adesso il dibattito è: perché pensare di rimpiazzare il metodo di produzione tradizionale e affidarsi a un metodo di produzione “artificiale”.

È utile puntualizzare a tal proposito che produzione tradizionale non è sinonimo di migliore o più salutare. Negli ultimi anni, com’è noto, si sta assistendo a una rapida crescita demografica a livello globale. Garantire un buon approvvigionamento pro capite diventa dunque sempre più difficile, specialmente se – al contempo – si devono limitare fenomeni come lo sfruttamento eccessivo del suolo o l’uso massiccio di fitofarmaci. Fenomeni che si pongono l’obiettivo di aumentare la produzione unitaria delle colture, ma spesso a sfavore della qualità del prodotto finale. In tal senso, attraverso l’orticoltura cellulare, si mira a ridurre lo sfruttamento del suolo in risposta alla sempre più incessante richiesta di alimenti vegetali. 

Al netto di quanto detto, l’orticoltura cellulare può rappresentare una frontiera inedita, ma promettente per l’agricoltura.

Anche in un Paese come l’Italia, dove – nonostante le sfide tecniche, economiche e regolamentari, la ricca tradizione culinaria e l’attenzione per la qualità degli alimenti tipici del territorio – la produzione di ortaggi coltivati in modo sostenibile attraverso l’orticoltura cellulare potrebbe trovare un’interessante collocazione.

D’altra parte, considerata la posizione manifestata dall’Italia in merito alla carne sintetica, un simile lavoro potrebbe non trovare grande sostegno. Risale, infatti, a marzo scorso il disegno di legge presentato dal ministro all’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, insieme al ministro alla Salute, Orazio Schillaci da cui è scaturito il divieto di produzione e immissione sul mercato di alimenti mangimi costituiti o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati.

Appare quindi evidente che, affinché questa transizione abbia successo, sarà necessario un impegno coordinato tra governi, industrie e consumatori al fine di capitalizzare le opportunità che l’orticoltura cellulare offre e garantire un futuro alimentare più sostenibile e salutare.

 

Donato Liberto
© fruitjournal.com

Articoli Correlati