Viene dagli Stati Uniti ed è uno strumento innovativo pensato per un’irrigazione più efficiente e sostenibile. Si chiama DRI, acronimo che sta per Deep Root Irrigation, e a occuparsi dell’importazione e diffusione qui in Italia è un giovane toscano, Giovanni Pierucci, fondatore di Irrigation technologies Italia e ora in giro lungo la Penisola per testare e promuovere questo innovativo sistema di irrigazione.
L’inizio di questa avventura per Giovanni era scritto nel destino, o forse nella genetica: nonostante la formazione in un campo distante dall’agricoltura, sin da piccolo respira l’aria di campagna grazie a papà Marco, agronomo e professionista nel comparto vitivinicolo. È proprio grazie a lui, infatti, che Giovanni incontra un gruppo di americani interessati a far conoscere questo sistema innovativo agli agricoltori italiani. Un’opportunità che sin da subito ai suoi occhi pareva sciocco lasciarsi sfuggire e che, nonostante la diffidenza che avrebbe incontrato – specialmente in un contesto come quello italiano, ben ancorato alla tradizione – sapeva fosse giusto intraprendere. Come conferma, a tre anni di distanza dall’introduzione del DRI anche in Italia, il progressivo incremento delle colture di interesse e delle realtà agricole coinvolte.
Giovanni, come nasce l’idea del sistema di irrigazione DRI?
Il sistema Deep Root Irrigation nasce negli USA più di una decina di anni fa dalla volontà di alcuni esperti del settore di cambiare l’idea tradizionale di irrigazione. Questa, infatti, prevede che il terreno venga bagnato superficialmente intorno alla pianta o direttamente sotto il filare, determinando sprechi non indifferenti di acqua e favorendo la crescita di erbe infestanti. Si è dunque pensato a una nuova concezione di irrigazione, concentrata a ridosso dell’apparato radicale, volta a eliminare gli sprechi e migliorare l’efficienza sia di irrigazione che di consumo di fertilizzanti.
Il meccanismo di funzionamento è molto semplice: il DRI è un bulbo poroso che viene interrato e collegato tramite un tubicino ai gocciolatori dell’impianto di irrigazione. A seconda della grandezza dell’apparato radicale della pianta, è possibile inserire uno o al massimo due DRI: si viene a creare una cipolla di saturazione di acqua nel terreno, con vari strati di rapporto di saturazione, che permettono di adeguare l’irrigazione a qualsiasi tipo di impianto, evitando sprechi.
Dal punto di vista del rapporto costi-benefici, quanto è vantaggioso un sistema DRI?
A fronte dell’acquisto del sistema e della installazione, che è rapida e molto semplice, il DRI non prevede altri costi aggiuntivi. Anche in termini di manutenzione, questo sistema di irrigazione è molto vantaggioso: resistendo nel terreno per più decenni, infatti, permette un ritorno di investimento vicino nel tempo e, al contempo, anche un aumento del profitto.
In linea generale, i benefici del DRI sono molteplici: partendo dal consumo idrico ed energetico, a seconda della coltura e del tipo di terreno, è possibile ottenere un risparmio che oscilla tra il 50 e il 60%. E questo permette anche di abbattere drasticamente la crescita delle infestanti, favorendo la creazione di un ambiente controllato protetto, oltre che una produzione più omogenea.
Rispetto ad altri sistemi di irrigazione più tradizionali, il DRI si caratterizza inoltre per una maggiore ispezionabilità e affidabilità nel tempo, determinata dal fatto che impedisce la formazione di calcare nel gocciolatore e possibili danni collegati alle otturazioni.
Negli Stati Uniti l’utilizzo del DRI è ormai consolidato, in Italia invece a che punto siamo?
Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo iniziato qualche anno fa con l’introduzione del sistema nei vigneti di uva da vino, poiché – trovandoci in Toscana – è la coltura maggiormente prodotta. Di recente, però, ci siamo spostati nell’ambito del kiwi, dove i consumi di acqua sono molto più elevati e quindi il test del DRI più interessante. Come previsto, i risultati ottenuti sono stati in linea con le aspettative: abbiamo infatti registrato un’importante riduzione della crescita delle infestanti, andando a limitare anche di un terzo le lavorazioni in campo e aumentando la transitabilità del terreno, una riduzione dei tempi di irrigazione e una maggiore omogeneità sia della pezzatura che dell’apparato fogliare. Uno dei vantaggi del DRI, d’altronde, è proprio la possibilità di creare una produzione coerente negli anni, senza registrare cali.
Quali sono gli obiettivi prossimi?
Il nostro obiettivo è promuovere l’introduzione di questo sistema di irrigazione anche in impianti di altre colture con altre esigenze idriche. In particolare, siamo orientati all’uva da tavola e a colture con bassa densità di impianto per ettaro, dove l’irrigazione di precisione è molto più efficiente e consente di limitare consumi inutili e migliorare la produzione.
Considerando il panorama attuale, credo sia sempre più indispensabile oggi affacciarsi a soluzioni innovative che, puntando a una maggiore sostenibilità, consentano al contempo una riduzione degli sprechi e un abbattimento dei costi, senza per questo rinunciare alla qualità del prodotto.
Ilaria De Marinis
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