Crisi Mar Rosso, export ortofrutticolo a rischio

Tempistiche allungate e freschezza dei prodotti a rischio: cresce la preoccupazione per l'export ortofrutticolo italiano

da uvadatavoladmin
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L’export agroalimentare Made in Italy in Asia vale 5,5 miliardi nel 2023, del quale quasi il 90% raggiunge i Paesi di destinazione per via marittima. Con gli attacchi degli Houthi dello Yemen contro le navi nel Mar Rosso, però, aumenta la preoccupazione per le conseguenze economiche che il protrarsi della crisi potrebbe avere sul settore agricolo.

A causa degli attacchi degli Houthi dello Yemen alle navi mercantili occidentali, con la conseguente interdizione dell’utilizzo del Canale di Suez, le compagnie navali stanno rimodellando i flussi di navigazione a livello globale.

Una manovra che, oltre ad allungare notevolmente le tempistiche, sta provocando anche l’aumento dei costi di spedizione dell’export ortofrutticolo.

Come rileva il Washington Post, probabilmente sarà l’Europa ad avere le conseguenze peggiori. E in Italia aumenta la preoccupazione tra le organizzazioni agricole.
Come ricordato da Confagricoltura, infatti, il blocco del transito delle navi nel Canale di Suez rende l’Italia uno dei Paesi più esposti. “Il 40% dell’intero interscambio marittimo passa dal Mar Rosso e il settore agroalimentare risente più degli altri di questa situazione, che deve essere esaminata e approfondita sul piano europeo” – ha dichiarato il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. “Soltanto per l’agroalimentare, il transito verso i mercati asiatici vale 4 miliardi di euro di prodotti il circumnavigare l’Africa per evitare il canale di Suez comporta problemi di conservazione dei prodotti freschi, ma anche di tipo economico, con costi raddoppiati delle merci, tensioni sui consumi e un generale rallentamento degli scambi”.
A detta dell’associazione, la prolungata percorrenza verso i mercati finali dell’Asia rischia infatti di compromettere le caratteristiche di freschezza dei prodotti. In più, per far fronte alle nuove rotte del trasporto marittimo intercontinentale si renderà necessario un aumento dei prezzi di vendita. E insieme all’ortofrutta – in particolare l’export di mele, kiwi e agrumi – a risentirne sarà anche il comparto vitivinicolo.

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Analoga la preoccupazione segnalata da Legacoop Agroalimentare, attraverso la voce del presidente Cristian Maretti.

“C’è già un effetto negativo sulle nostre esportazioni e un incremento dei costi nell’utilizzo dei container e dei noli per tutte le tratte” – ha spiegato. “Ci arrivano segnalazioni continue dalle nostre cooperative per il blocco e per il rischio attacchi che corrono nel Mar Rosso le navi container con le nostre merci. A risentirne sono anche le rotte atlantiche perché l’allungamento dei percorsi da Capo di Buona Speranza impegna per 15 giorni in più i mezzi disponibili a causa di una nuova strozzatura dell’offerta”.

Come segnalato da Confagricoltura, anche Legacoop ha sottolineato il problema legato ai tempi di shelf-life dei prodotti freschi che non consentono di allungare di 15-20 giorni il tragitto. “Fortunatamente questo problema si è originato dopo che importanti prodotti, come il kiwi, erano già ‘passati’ mentre per le mele siamo ancora a metà. Naturalmente in un settore dominato dalle stagionalità delle produzioni, la quantificazione dei danni dipenderà dalla durata del blocco”. E non va meglio con l’export di olio d’oliva, dove “si assiste a un raddoppio dei costi in quanto già da metà dicembre è obbligatorio transitare dall’Africa per arrivare in Giappone e Taiwan”.

Sulla questione è intervenuta anche Coldiretti in allarme per i “circa 500 milioni di esportazioni di frutta e verdura made in Italy dirette in Medio Oriente, India e Sud Est Asiatico”.

“Per portare l’ortofrutta nazionale in India attraverso lo Stretto di Suez il tempo impiegato era di circa ventotto giorni – ha scritto l’associazione in una nota – ora, dovendo circumnavigare il continente africano si arriva a più di quaranta giorni con l’allungamento dei tempi che potrebbe creare problemi di conservazione del prodotto fresco con il rischio di perdere fette importanti di mercato che sarebbero poi difficili da recuperare”.

“Inoltre – precisa la Coldiretti – si registra un aumento dei costi stimabile in 6/7 centesimi per ogni chilogrammo di merce trasportata che incide sulla competitività delle esportazioni nazionali”. Secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat 2022, si parla di un mercato verso il quale l’Italia ha esportato oltre 217 milioni di chili di frutta, di cui oltre 182 milioni di chili di mele, con principali destinazioni l’Arabia Saudita (oltre 66 milioni di chili di mele), l’India (oltre 51 milioni di chili di mele) e gli Emirati Arabi (oltre 15 milioni di chili di mele),

Di qui l’appello delle associazioni.

“Il 2024 si apre con un nuovo grande problema per le nostre cooperative, quando ancora non siamo completamente fuori da tutti quelli precedenti. Un grande problema di livello europeo che deve trovare una risposta chiara ed unita da parte delle istituzioni comunitarie a presidio dei propri interessi politici e commerciali” – il commento del presidente di Legacoop Agroalimentare.

“Portiamo all’attenzione delle istituzioni europee un’ulteriore emergenza per il settore primario” ha ribadito Massimiliano Giansanti. “Dobbiamo evitare che questa congiuntura incida in modo irreversibile sulle imprese agricole, già alle prese con una situazione complessa dal punto di vista climatico, economico e degli scambi internazionali. Se aumenta l’inflazione, infine, sarà inevitabile un ulteriore calo dei consumi agroalimentari, già in discesa di quasi 5 punti percentuali nello scorso anno”.

E questo senza considerare le ripercussioni sul mercato interno, che – in caso di mancate esportazioni – rischia di risultare intasato, con effetti drammatici sui prezzi che inevitabilmente crolleranno.

 

Ilaria De Marinis
© fruitjournal.com

 

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