Il pero, focus sugli stress termici

Da diversi anni il comparto del pero è interessato da diversi pericoli, tra questi gli stress termici

da uvadatavoladmin
il pero

Il pero in Italia ha da sempre rappresentato un’eccellenza e una tipicità, tanto da rendere il Belpaese il primo in Europa per potenzialità produttiva. Da qualche anno, però, il comparto è alle prese con criticità sempre più insidiose, che hanno determinato un’importante contrazione delle produzioni, in termini di volumi e superfici coltivate, con un calo intorno al 30% a livello nazionale. A incidere, in modo particolare, l’Emilia Romagna, dove si concentra circa il 60% della produzione nazionale di pere.

Accanto a questo, altrettanto incisive si stanno rivelando le conseguenze del cambiamento climatico che, insieme ad alcune avversità biotiche come la maculatura bruna e la cimice asiatica, stanno determinando un progressivo abbandono di questa specie arborea da parte degli agricoltori. 

Il pero e le avversità abiotiche 

La scarsità idrica e le elevate temperature, quasi costantemente superiori alla media stagionale, stanno incidendo negativamente sullo sviluppo dei frutti che con frequenza via via più marcata si presentano con calibri ridotti, e quindi più difficili da valorizzare da un punto di vista commerciale e meno remunerativi per il produttore. Questo avviene poiché, in presenza di alte temperature, la pianta entra in una condizione di stress tale che, una volta superati i 35°C, le foglie degli alberi del pero non riescono più a effettuare la fotosintesi. 

Cosa c’è di nuovo? Se fino a qualche anno fa, temperature simili potevano essere riscontrate sporadicamente, nelle ultime stagioni produttive sono diventate sempre più frequenti (l’anno scorso sono state circa 20 le giornate conteggiate). Il danno, quindi, si evidenzia sin dalle prime fasi di sviluppo della pianta e del suo apparato radicale che, non ricevendo più nutrimento dalle foglie, è destinato a morire nonostante la presenza di acqua nel terreno. Per questo, diventa di primaria importanza pianificare nel dettaglio le scelte colturali da applicare in campo, lasciando sempre meno spazio all’improvvisazione e sin dal momento in cui si decide di impiantare un pereto.

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Il pero e gli eccessi termici: quali strategie possono migliorare la tolleranza delle piante?

Nel corso dell’evoluzione delle strategie di gestione dei frutteti, il ricorso a pereti intensivi ha rappresentato un’innovazione di primo piano che ha permesso di sfruttare al massimo le superfici unitarie dei frutteti. Il che, se da un lato ha permesso di ottenere una produzione maggiore, dall’altro ha fatto sì che la pianta avesse necessità più elevate di input nutritivi e idrici e, di contro, anche una maggiore predisposizione agli stress. In tal senso, per far fronte a questo rischio, è bene ricorrere a forme di allevamento meno intensive. Queste, infatti, favorendo l’aumento del volume delle chiome, limitano le radiazioni solari che possono colpire le foglie. Altrettanto fondamentale può risultare poi l’utilizzo di portinnesti più vigorosi che permettono di ottenere apparati radicali più espansi e piante meno suscettibili alle avversità abiotiche e in grado di offrire una produzione di qualità. 

Infine, diversamente da quanto si poteva credere in passato, anche la scelta dell’astone durante l’impianto può fare la differenza: scegliere un astone caratterizzato da poche radici, ma con una chioma ben sviluppata, in condizioni termiche e idriche non perfettamente ottimali, espone infatti la pianta a un maggior rischio di appassimento.

 

Donato Liberto
© fruitjournal.com

 

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