Pomodori da industria: sul prezzo non c’è ancora l’accordo

È scontro sul prezzo dei pomodori da industria, un problema che compromette la filiera, soprattutto al Sud Italia

da uvadatavoladmin
pomodori da industria

Come ogni anno l’iter di negoziazione che precede l’intesa sul prezzo dei pomodori da industria non è per niente semplice. Rispetto allo scorso anno quando al Centro-Sud non si arrivò nemmeno ad un accordo sul prezzo, in questi giorni non si è raggiunta l’intesa nemmeno al nord, territorio in cui le trattative sono di solito più fluide e meno complesse. 

Se sulla campagna produttiva c’è incertezza, a causa dei rischi legati alla siccità, ai fenomeni meteorologici estremi e alla difficoltà nel cercare manodopera, per quanto riguarda i prezzi ormai da anni non si riesce mai ad arrivare ad un accordo prima dei trapianti dei pomodori da industria.

Una situazione incandescente che potrebbe compromettere la redditività delle aziende agricole, in particolar modo del sud, costretto a pagare costi di produzione più elevati rispetto al nord e non è un caso che i produttori vogliano un minimo di certezza prima del trapianto. Al Sud, infatti, il costo di acquisto di sementi e piantine ha segnato un +48% rispetto al Nord, mentre i costi di acquisto e utilizzo di agrofarmaci per la difesa delle colture hanno registrato un +59%. Il costo delle risorse idriche, invece, è stato superiore del 71%. Costi più elevati anche per le macchine e la manodopera. La questione è complessa perché riguarda un distretto produttivo piuttosto esteso, che vede la Puglia in testa con la provincia di Foggia leader indiscussa per areale (circa 15mila ettari di superficie) e, per produzione, a livello nazionale. 

pomodori da industria

Un problema che si ripete

A lanciare l’allarme in primis è Anicav, associazione nazionale delle industrie delle conserve alimentari vegetali. “Relativamente al prezzo del pomodoro deve essere chiaro che quello pagato in Italia, in particolare al centro-sud, è da sempre il più alto al mondo – ha dichiarato Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav – Siamo consapevoli che esistono, nell’area meridionale, diseconomie che vanno a incidere sul prezzo, legate in parte a problemi infrastrutturali, che andrebbero affrontate in una logica di filiera e sulle quali siamo pronti e disponibili a lavorare insieme alla parte agricola per cercare di superarle”. L’obiettivo primario, in sostanza, rimane quello di lavorare “per un riequilibrio dei prezzi tenendo ben presente quanto accade negli altri paesi nostri competitor a livello mondiale”. 

La situazione al Nord Italia

Al Nord Italia lo scorso anno, all’indomani dell’avvio della campagna, fu raggiunto l’accordo che stabilì come prezzo di riferimento 150 euro a tonnellata. Il prezzo più elevato di sempre, come riferì la stessa Anicav. Quest’anno, invece, l’accordo non c’è ancora. Coldiretti Ferrara, tramite il vicepresidente provinciale Rino Crovetti, ha sottolineato l’urgenza di sottoscrivere in tempi brevi un accordo quadro per il prezzo del pomodoro da industria. “Il pomodoro non è più l’oro rosso di qualche anno fa, soprattutto per lo sfilacciamento della filiera e per le crescenti diversità di vedute che ostacolano l’intesa su un prezzo equo, che riconosca la qualità e l’impegno alla componente imprenditoriale agricola”.

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Sarebbe un precedente pericoloso, continuano da Coldiretti Ferrara. Si prefigurerebbe “il rischio che nelle future contrattazioni un numero crescente di aziende agricole gestisca singolarmente le trattative con gli acquirenti industriali, ma in un rapporto strutturalmente sbilanciato, con il conseguente indebolimento del ruolo delle organizzazioni dei produttori dotate per loro natura di un maggiore potere contrattuale rispetto ai singoli”. 

Avere un accordo quadro è indispensabile per il comparto, in quanto ha consentito negli anni di avere qualche certezza in più. Lo scorso anno, complice il prezzo molto favorevole, sono aumentati gli areali di pomodori da industria soprattutto nell’area del piacentino. Una tendenza che potrebbe innescare il timore di una produzione oltre la media non assorbita del tutto dal mercato. Con accordi singoli, al contrario, le aziende agricole si troverebbero con meno sicurezze e una capacità di programmazione più limitata. 

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Situazione ancora più critica al Sud Italia

Solo se le industrie conserviere saranno disposte a riconoscere ai produttori un prezzo equo, allora sarà possibile scongiurare il rischio delle superfici coltivate e di una minore produttività, che non gioverebbe a nessuno e danneggerebbero l’intera filiera, ha ribadito Cia Puglia. Angelo Milano di Cia Capitanata, invece, lancia un appello per il raggiungimento di un’intesa in tempi brevi sui prezzi del tondo e del lungo da riconoscere ai produttori. 

A questo, come sottolinea Coldiretti Puglia, si è aggiunta negli ultimi anni, la crescente importazione di concentrato di pomodoro dalla Cina. Una distorsione della concorrenza provocata da un Paese in cui le regole produttive, fitosanitarie, ambientali ed etiche non sono di certo quelle europee e tantomeno italiane. Coldiretti sottolinea come, stando ai dati Eurostat, per il 2023 le importazioni dalla Cina all’interno dei Paesi Ue sarebbero addirittura raddoppiate.

Silvio Detoma
© fruitjournal.com

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