Kiwi, la difesa dai patogeni si fa green con i raggi UV-C

Il risultato emerge dallo studio ENEA e CREA sull'effetto ormesi sulle piante di kiwi

da uvadatavoladmin
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Trovare soluzioni green per ridurre l’uso della chimica, questo è l’obiettivo principale della ricerca portata avanti dal centro ricerche ENEA nei suoi laboratori di Frascati e Anguillara Sabazia, nel Lazio, e da CREA (Centro di Ricerca per l’Olivicoltura, la Frutticoltura e l’Agrumicoltura di Roma), nell’ambito del progetto di ricercaEffetto ormesi nei kiwi (Actinidia spp.) stimolato da radiazione ultravioletta-c” a cura di S.Lucioli, S.Bollanti, D.Murra, P. Nota, M. Scortichini, E. Caboni, A. Lai, L. Bacchetta, P. Di Lazzaro. 

Le conclusioni della ricerca

Inizialmente partito su altre colture, in particolare su basilico, mele e limoni è poi virata sui kiwi, dimostrando come l’irradiazione con raggi ultravioletti UV-C emessi da LED aumenti la resistenza naturale delle piante ai patogeni e alle malattie, sia prima sia dopo la raccolta.

Dai risultati della ricerca è emerso, infatti, come il 60% del campione irradiato mostri una sensibilità ridotta al patogeno Pseudomonas syringae pv. actinidiae, agente causale del “cancro batterico” nei kiwi.

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Fonte ENEA

Il processo dell’ormesi

La luce ultravioletta crea uno stress a cui la pianta reagisce con la produzione di particolari metaboliti in grado di aumentare le difese naturali e quindi la resistenza ai patogeni delle piante stesse. Un processo noto, in ambito scientifico, come “ormesi”. Un’alternativa che potrebbe risultare promettente per contrastare l’utilizzo di fitofarmaci sintetici, dannosi non solo per la salute umana ma anche per l’ambiente. 

Per simulare l’irraggiamento i ricercatori del centro ricerche ENEA hanno utilizzato un particolare dispositivo creato ad hoc delle dimensioni di uno smartphone, composto da 20 LED, un alimentatore a corrente costante, da un’elettronica che quindi gli consente irraggiamenti di potenza e durata variabile e un sistema di raffreddamento utile a garantire la stabilità dell’intensità irraggiata soprattutto nei trattamenti di lunga durata. 

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Fonte ENEA

Lo studio in sintesi

Le foglie di kiwi infettate e non trattate con i raggi UV-C, presentavano già dopo una settimana imbrunimenti e disseccamenti fogliari, invece risultati assenti in quasi tutti i campioni irraggiati e infettati. I gruppi irraggiati, a distanza di dieci giorni, hanno iniziato a presentare sintomi di infezione, anche se dopo tre settimane l’infezione è rimasta circoscritta al 36% delle foglie irradiate.

Diversa la situazione per le piante infettate e non trattate con UV, in questo caso l’infezione ha colpito per oltre il 90%, sempre dopo dieci giorni. Dal confronto tra i campioni di kiwi è emerso un aumento della produzione di clorofille, carotenoidi, polifenoli e in generale dell’attività antiossidante nelle foglie irradiate. 

L’effetto dei metaboliti

I metaboliti prodotti dal processo di ormesi hanno quindi un effetto inibitore dei microrganismi patogeni, oltre a migliorare la resistenza delle piante. Tra i metaboliti si distinguono i fenoli, molecole dalle proprietà antiossidanti la cui biosintesi aumenta in risposta a numerosi tipi di stress innescati sia da condizioni ambientali sia da agenti patogeni. I carotenoidi assorbono la luce nello spettro visibile e trasferiscono l’energia catturata alla clorofilla, svolgendo quindi un ruolo fotoprotettivo e antiossidante. 

Una produzione importante per l’Italia

La superficie mondiale coltivata a kiwi, stando alle stime effettuate dalla FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, ammonta a 270.475 ettari. Al primo posto c’è la Cina con circa 184mila ettari, seguita dall’Italia con 24.908 ettari coltivati a kiwi. Il Lazio è, secondo i dati Istat dell’anno 2022, la prima regione per produzione italiana, con 9.499 ettari. La pianta del kiwi è sottoposta a numerosi stress, dovuti alla moria del kiwi e al cancro batterico, i principali problemi che gli agricoltori si trovano ad affrontare. Il cancro batterico del kiwi è diffuso in tutto il mondo dal 2008 e ha delle conseguenze non solo sul raccolto, ma nei casi più gravi compromettte anche la vitalità delle piante. Il controllo della patologia è basato su approcci chimici e agronomici.

Silvio Detoma
© fruitjournal.com

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