Il mercato della frutta a guscio è ancora florido, anzi le tendenze a livello mondiale vedono un segno più per tutte le coltivazioni, dalle nocciole alle mandorle, dalle noci alle castagne, fino ai pistacchi. Se n’è parlato durante gli stati generali dedicati al comparto durante l’ultima edizione del MacFrut, che si è tenuta a Rimini dall’8 al 10 maggio.
I dati segnano una crescita, in particolar modo per la superficie totale di coltivazione della frutta a guscio (incremento medio annuo del +2,3%) e della superficie in produzione (+2,6%). A scendere, però, nell’ultimo decennio, è la produzione.
Tra le cause, sicuramente gli eventi climatici estremi, oltre ai problemi che interessano queste colture, dagli insetti alle malattie. Poi ci sono i tempi lunghi per l’entrata in produzione dei nuovi impianti e alcuni interrogativi sulla produttività di alcuni investimenti in zone non tradizionalmente vocate a questo genere di produzione.
Da mercato di nicchia ai consumi in crescita
Secondo le elaborazioni ISMEA, il consumo di frutta a guscio nel 2023 in Italia si è attestato su 638mila tonnellate, con un balzo in avanti del 25% rispetto a dieci anni fa. Da mercato di nicchia, legato al consumo stagionale e festivo in particolare, da qualche anno si è registrato uno stravolgimento. In primis perché il consumo di frutta secca è diventato un fenomeno di tendenza (dalle barrette energetiche ai mix vari); in seconda battuta anche perché si sta espandendo il mercato delle creme spalmabili, non solo tra le grandi aziende, ma anche tra i produttori artigianali. Si è registrato, infine, anche un aumento della richiesta da parte dell’industria dolciaria e gelatiera.
La produzione e il mercato italiano
L’offerta italiana è piuttosto variegata, con vari marchi di qualità, come la mandorla di Toritto PAT, il pistacchio di Bronte DOP e la nocciola di Giffoni IGP. Non è un caso che l’Italia sia tra i dieci Paesi produttori mondiali di frutta a guscio. Stando ai dati del Censimento agricoltura 2020, la superficie italiana destinata a queste produzioni è stimata intorno ai 167.720 ettari, con una prevalenza nella coltivazione di nocciola (47%), mandorla (23%) e castagno (21%). Tra le regioni italiane, a livello di ettari, la spunta la Sicilia (21% con 34.584 ettari), seguita da Lazio (19% con 32.145 ettari) e Piemonte (18% con 30.375 ettari).
La disponibilità di frutta a guscio nel Belpaese, tuttavia, dipende in gran parte dalle importazioni. L’Italia, infatti, è il sesto importatore mondiale. Le produzioni maggiormente richieste sono le nocciole sgusciate (25%), pistacchi sgusciati (11%), pistacchi a guscio (9%), noci in guscio (5%) mix di frutta in guscio e semi (7%), anacardi sgusciati (5%), castagne e marroni (4%), noci sgusciate (4%), nocciole in guscio (3%), altro (6%). I mercati di approvvigionamento, invece, sono gli Stati Uniti, la Turchia, la Spagna, il Cile e la Germania, che nell’insieme rappresentano oltre la metà dei volumi totali. Discorso a parte per le esportazioni, per cui l’Italia è al 13esimo posto a livello mondiale, con un +52% rispetto agli scorsi anni.
Frutta a guscio in tendenza
Sempre durante il convegno sono stati poi presentati anche i risultati di una ricerca condotta con il Dipartimento CORIS dell’Università Sapienza di Roma sul consumo di frutta in guscio a livello generazionale. In cima alla lista delle preferenze dei consumatori ci sono noci e mandorle, a seguire nocciole, pistacchi e arachidi. Infine, le castagne, il cui mercato è molto legato alla componente stagionale. Un trend che aveva già colpito il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, il quale aveva già approvato un fondo di 14 milioni di euro per la tutela e il rilancio della frutta a guscio.
Silvio Detoma
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