Da anni sempre più presenti sulle tavole per le sue proprietà considerate salutistiche, i finocchi sono diventati i fiori all’occhiello tra gli ortaggi coltivati in Italia. A dirlo il report “Il mercato interno e internazionale del finocchio”, diffuso da ISMEA nei giorni scorsi, sui dati relativi al 2023 e alle altre annate produttive fino al 2000. L’Italia si posiziona al primo posto tra i produttori mondiali, con una segno più nelle rese (+19%) e sulle produzioni (+2%). Le superfici coltivate per la produzione di finocchi si estendono all’incirca sui 19mila ettari, in particolare al Sud e successivamente anche al Centro, porzioni di territorio italiano in cui si arriva a una produzione pari a 500 milioni di kg, per un valore che ha raggiunto i 250 milioni di euro.
Finocchi: una coltivazione diffusa al Sud e in parte al Centro Italia
Non stupisce, infatti, che la produzione si concentri nelle Regioni meridionali, proprio perché è una pianta che teme principalmente le gelate, queste ultime meno frequenti al Sud. Le temperature ideali per lo sviluppo delle piante dei finocchi vanno dai 18 ai 25°C, una produzione che è essenzialmente invernale al Sud, proprio a causa della difficoltà ad adattarsi a temperature elevate e a stress idrico. Tra le Regioni, è in Puglia e in Calabria che si concentra maggiormente la coltivazione. Entrambe le produzioni, se sommate, rappresentano più della metà di quella nazionale. Nella prima, infatti, si concentra il 28% della produzione, mentre nella seconda il 23%. A seguire ci sono la Campania con il 15% e l’Abruzzo con il 12%. In Sicilia si concentra, invece, il 7% della produzione nazionale, chiudono Basilicata, Molise, Sardegna e Lazio. Il discorso non si discosta di tanto se si prendono in considerazione la produzione per province. In testa con il 20% c’è la provincia di Crotone, segue poi quella dell’Aquila, Salerno, Foggia, Taranto, Napoli, Bari, Brindisi, Campobasso e Potenza.
Le esportazioni seguono un trend in crescita
A stupire non è il consumo nazionale, che rimane pur sempre alto anche se in calo (-5,6% nell’annata produttiva 2023-2024, dopo l’aumento del 7,4% nella stagione precedente), ma il mercato delle esportazioni. I finocchi, infatti, compaiono al settimo posto tra gli ortaggi italiani più esportati. Un trend in crescita del 10%. Il giro d’affari attorno alla merce esportata ammonta a circa 61,8 milioni di euro, per un volume pari a oltre 55mila tonnellate all’anno. Le esportazioni italiane di finocchi si rivolgono essenzialmente al mercato europeo e vedono in prima fila Germania e Francia, seguiti da Svizzera, Paesi Bassi, Regno Unito, Austria e Belgio. “Le prospettive all’orizzonte sono incoraggianti – ribadisce lo studio di Ismea – con un possibile raddoppio dei volumi attuali e una maggiore presenza di finocchi italiani soprattutto in Spagna e nei promettenti mercati dell’Est europeo, in aggiunta agli sbocchi tradizionali”.
Importazioni: meno nell’annata produttiva 2023/2024
Meno importanti, dal punto di vista quantitativo, invece le importazioni, che si fermano a 500 tonnellate di finocchi per un valore di 834mila euro. I mercati di riferimento sono principalmente quello spagnolo e tedesco, a cui si aggiungono quello austriaco, olandese e, in minima parte, quello francese. La Spagna – come si legge dal report ISMEA – è un fornitore storico dell’Italia con circa 180mila kg all’anno mentre, tra gli stati extraeuropei, la Tunisia è venuta in soccorso con le sue produzioni di finocchi nel 2017 e nel 2022 con 760mila kg.
Il 2024, stando alle prime stime, potrebbe confermare le rese importanti
Intanto, a causa del cambiamento climatico, si sta pensando di ampliare le zone di coltivazione, anche in areali che fino a qualche decennio fa non avrebbero pensato di poter coltivare le piante di finocchio, compresi quelli del Nord Italia. Il rischio, però, è quello delle gelate che comprometterebbero l’intera produzione.
Silvio Detoma
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