Se lo scorso anno, a causa della peronospora, la produzione vinicola a livello nazionale aveva subito dei bruschi cali produttivi, per quest’annata è prevista una timida risalita, pari al 7%. A rivelarlo le prime stime elaborate dall’Osservatorio Assoenologi, Ismea e UIV (Unione Italiana Vini), presentate durante Expo Divinazione a Siracusa, in occasione del G7 Agricoltura, conclusosi da pochi giorni.
La quantità di vino che verrà prodotta arriverà a toccare i 41 milioni di ettolitri, dai 3 ai 4 milioni in meno rispetto all’obiettivo ottimale stimato dalle imprese.
Seppur in ripresa, infatti, la produzione vinicola del 2024 rimarrà comunque distante quasi tredici punti percentuali rispetto alla media produttiva registrata durante gli ultimi cinque anni. Tra le motivazioni figurano inevitabilmente i fenomeni climatici estremi, i quali nei dodici mesi passati hanno impattato in modo differente tra la parte settentrionale e quella meridionale della Penisola. Al Centro-Nord non sono mancate le piogge, anche durante i mesi estivi, mentre al Sud si è fatta sentire la siccità. Stando ai dati, però, bisogna sottolineare che a volumi contenuti sarà associata una buona qualità.
A livello regionale, continuerà ad essere il Veneto il territorio in cui si produrrà più vino (11 milioni di litri, pari al 27% del raccolto totale). L’Emilia-Romagna, invece, figurerebbe al secondo posto di questa speciale classifica (17% del totale), anche se i dati potrebbero non essere più veritieri a causa dell’alluvione che ha colpito la Regione nelle scorse settimane. Segue la Puglia, anch’essa con una produzione vinicola al 17% del totale nazionale.
Scendendo nel dettaglio della situazione italiana, la produzione vinicola al Nord non subirà particolari variazioni (+0,6%), al contrario del Centro Italia, che registrerà un incremento del 29%. Risalita più contenuta invece al Sud, in cui si registrerà un aumento del 15,5%.
Fanno clamore i dati dell’Abruzzo e del Molise, che rispetto allo scorso anno – disastroso a causa della peronospora – segnalano una crescita pari rispettivamente all’85% e al 100%. Numeri che, più in generale, sono una conseguenza dell’andamento climatico trasversale che ha colpito la Penisola, influenzando in maniera differente i tempi di raccolta.
Ha tracciato un bilancio il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella. “Le varietà più precoci, in alcune zone, sono state raccolte con rese inferiori – ha dichiarato – mentre le varietà più tardive hanno subito ritardi o anticipi nella maturazione, con un impatto significativo sul bilancio zuccherino e acidico delle uve stesse”. Il caso dei vigneti del Sud, a tal proposito, è emblematico, con anticipi di anche due settimane rispetto ai tempi normali di raccolta. Le produzioni meridionali, infatti, hanno sofferto non solo per il lungo periodo di carenza idrica fin dai mesi invernali, ma anche a causa dello stress idrico durante l’estate. Dai dati emerge, però, che la siccità, in particolare al Sud, ha influito negativamente sui volumi, consentendo comunque una maturità fenologica completa.
Le piogge eccessive al Centro-Nord, invece, hanno sì ricostruito le riserve idriche, ma dall’altro lato hanno destato preoccupazione nei viticoltori, in particolar modo per la gestione delle fitopatie, tra cui la peronospora. In ogni caso, i danni si sono registrati solo in alcune zone e non hanno creato problemi rilevanti grazie a una buona programmazione di contenimento.
I cali produttivi non hanno interessato soltanto il “vigneto Italia”. Se prendiamo, ad esempio, la Francia, sarà prevista una diminuzione del 18% rispetto ai valori del 2023. Valori e percentuali che porterebbero nuovamente il nostro Paese al primo posto tra i Paesi produttori a livello mondiale. Ma caleranno anche le produzioni vinicole in Germania (-2%) e in Portogallo (-8%). Unico Paese a crescere, invece, sarà la Spagna, con un incremento previsto del 20% rispetto al 2023.
Come affrontare allora i problemi di rese e produzioni nel futuro in un mercato che spesso e volentieri non parla la stessa lingua dei viticoltori?
Lamberto Frescobaldi, presidente dell’Unione Italiana Vini, ha proposto l’idea di un vigneto Italia “a fisarmonica”, che da una parte sia in grado di tamponare l’eccedenza e dall’altra rendere meno problematiche le annate scarse. Un’altra strada che si potrebbe percorrere, secondo Frescobaldi, è quella della selezione di varietà più resistenti, a maturazione tardiva e con un grado zuccherino meno elevato, che siano quindi in grado di accogliere il gusto dei consumatori, mutato verso vini a bassa gradazione o dealcolati.
Il presidente ha inoltre introdotto la tanto discussa strategia degli espianti dei vigneti meno produttivi per far fronte ad una crisi nel consumo dei vini. “Gli espianti, di cui si parla in Europa, non risolvono la situazione italiana – ha sottolineato – rappresentano di per sé un rischio sociale, perché impattano su intere economie in aree collinari vocate”. Una mossa che, stando alle parole del presidente, non porterebbe a nessun risultato, se non a un dispendio economico. “Togliere 30mila ettari non serve automaticamente a calmierare le potenzialità del vigneto – ha concluso Frescobaldi – ma sicuramente espone al rischio di shock in caso di annate scarse, sempre più frequenti negli ultimi anni”.
Silvio Detoma
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