Il finocchio (Foeniculum vulgare), appartenente alla famiglia delle Ombrellifere, è un ortaggio molto diffuso in Italia. La parte commestibile è costituita dalla parte basale delle foglie, chiamate guaine fogliari. Queste sono carnose, di colore bianco e si presentano sovrapposte, avvolgendosi strettamente tra loro per formare il grumolo. Tuttavia, durante il ciclo colturale, diverse avversità del finocchio, tra cui patogeni e parassiti, possono compromettere resa e qualità del prodotto.
In Italia, il finocchio viene coltivato su una superficie compresa tra i 17 e i 22.000 ettari, trapiantato con una densità che si aggira intorno alle 65.000 piante per ettaro.
Le principali aree di coltivazione includono l’altopiano di Avezzano (AQ) per le raccolte estive, mentre per quelle principalmente autunnali le zone di coltivazione più vocate sono quelle del riminese e del meridione, specialmente la zona della Capitanata (questa specie mal sopporta temperature sotto lo 0°C). Per effettuare la raccolta in pieno inverno, invece, si devono lasciare le grandi distese di campi nella provincia di Foggia e spostarsi in campi più frazionati e piccoli dove le condizioni meteo sono calmierate dalla vicinanza del mare. In particolare, è tra la vista di un trabucco e le Isole Tremiti che si raccoglie il prodotto della costa molisana, dove la neve che imbianca il Gran Sasso generalmente risparmia i campi di finocchio. Altri areali importanti sono quelli nelle vicinanze delle saline di Margherita di Savoia (BAT) e il Metapontino fino a Isola Capo Rizzuto. Un’altra importante area di coltivazione del finocchio si ritrova nel versante campano (agro nocerino-sarnese), dove si concentrano anche numerosi magazzini che lavorano e confezionano la maggior parte del finocchio destinato alla Grande Distribuzione Organizzata (GDO) italiana e al mercato estero, dove si cerca di far conoscere questa coltura tanto utilizzata nella dieta mediterranea e poco conosciuta nei Paesi del Nord Europa. Attualmente, infatti, rispetto a tutte le altre nazioni, è l’Italia a detenere il primato in termini di consumo pro capite di finocchio.
La possibilità di far conoscere questa specie “locale” in tutti i modi possibili è fondamentale per un eventuale successo globale. Coltivando il finocchio in diversi areali, si può garantire una continuità di fornitura, come richiesto dalla GDO, assicurando una presenza costante sul mercato.
I principali parassiti del finocchio
Nell’ambito della coltivazione del finocchio, particolare attenzione deve essere rivolta alla gestione dei parassiti. Se non correttamente gestiti, infatti, questi possono compromettere gravemente la resa e la qualità del prodotto raccolto. Nel caso di questa coltura ortiva, gli organismi che possono destare problemi sono molteplici e agire in varie fasi del ciclo colturale, causando danni alle radici, alle foglie e al grumolo.
A partire dalle fasi iniziali della coltivazione del finocchio, è possibile riscontrare la presenza di ferretti, larve di coleotteri (chiamati così per la somiglianza con pezzi di ferro) appartenenti alla famiglia degli Elateridi. Queste larve, lunghe circa 15-18 mm e dal colore giallo-aranciato intenso, presentano un tegumento molto duro. I danni principali sono causati proprio dagli stadi larvali che, presenti nel terreno, si nutrono delle radici e del colletto delle piante, riducendone le funzionalità e determinando prima l’appassimento e poi la morte delle giovani piantine appena trapiantate. In presenza di fallanze gravi, l’agricoltore deve immediatamente rimpiazzare le piantine morte. Il controllo di questi insetti è principalmente di tipo chimico e si effettua sul terreno, ma è consigliabile adottare anche precauzioni agronomiche come le rotazioni delle colture.
Per quanto riguarda le foglie dei finocchi, queste possono anche essere attaccate da larve di nottue che si nutrono delle parti verdi delle piante. Il controllo di queste larve si effettua mediante prodotti chimici o microrganismi antagonisti. Si consiglia di effettuare i trattamenti durante le ore più fresche della giornata in quanto le nottue tendono a nascondersi quando le temperature sono molto elevate. Tra le avversità del finocchio, un’altra è poi rappresentata dalle infestazioni di tripidi. Queste si manifestano con macchie bianco-argentee sul fusticino delle foglie e la successiva creazione di microferite che possono poi diventare punti di accesso per funghi o batteri. Il controllo dei tripidi viene effettuato mediante la lotta chimica, ma le popolazioni possono ridursi con l’abbassamento della temperatura, che rende questi insetti meno dannosi. In condizioni di pioggia e alta umidità, si può assistere allo sviluppo delle limacce (lumache senza guscio) che prediligono le colture autunnali e tendono a mangiare le guaine che compongono il grumolo presente nel terreno, provocando danni significativi. Il controllo delle limacce può essere effettuato mediante l’uso di esche, da distribuire in modo perimetrale al campo quando l’umidità rischia di agevolare lo sviluppo di questi parassiti.
Cure colturali e principali patogeni del finocchio
Il finocchio è una pianta che richiede molto sole e prospera meglio in terreni sciolti, ben drenati e con un’ottima preparazione del suolo. Nelle prime fasi di coltivazione, necessita di frequenti irrigazioni: condizioni di siccità tendono infatti ad anticipare la fase di fioritura, compromettendo l’ingrossamento del grumolo e la qualità del prodotto. In casi estremi, la carenza d’acqua può provocare la formazione di ricacci, ovvero germogli che si sviluppano dopo la perdita (o il taglio) dell’asse vegetativo primario e possono essere interni e/o esterni. Quando interni, i ricacci possono causare delle spaccature alle guaine (causate anche da gelate), aumentando il rischio di infezioni da patogeni e comportando una maggiore lavorazione del grumolo, riducendone la resa. Ogni guaina che forma il grumolo ha in media un peso di 120-125 grammi. Per migliorare la performance della coltivazione, però, occorre guardare più aspetti. A partire dalla scelta varietale che riveste un ruolo indispensabile.
Oggi, i finocchi vengono coltivati con cicli colturali variabili in funzione dell’ambiente di coltivazione e delle varietà utilizzate: si hanno così da un lato varietà precoci che presentano un ciclo colturale di 70-80 giorni, dall’altro varietà tardive con un ciclo di 180-200 giorni. Individuare quella che meglio si adatta al proprio ambiente di coltivazione, può fare la differenza. Oltre alla scelta varietale, sono poi necessarie alcune operazioni da effettuare durante la crescita delle piante. Queste operazioni non solo proteggono il grumolo dalle gelate, ma evitano anche compattazioni eccessive del terreno, che possono essere particolarmente dannose per l’ingrossamento del finocchio. In passato, si usava effettuare la rincalzatura, pratica che consiste nel coprire con la terra le foglie esposte alla luce per evitare che queste vadano incontro a inverdimento e si induriscano. Oggi, questa operazione è stata sostituita dalla sarchiatura che, smuovendo la superficie del terreno vicino alla rizosfera, fa cadere il terreno sulle guaine, coprendole dai raggi solari, riducendo l’evapotraspirazione e apportando anche una buona concimazione.
Avversità del finocchio
Durante il ciclo colturale del finocchio, le diverse condizioni climatiche che si susseguono possono favorire l’insorgenza di alcune malattie. Tra queste, il pericolo maggiore è rappresentato dalle sclerotinie (Syclerotinia sclerotiorum, S. minor), i cui sintomi – in caso di attacco – si evidenziano su foglie, colletto, radici e grumolo. Sulle foglie l’infezione si manifesta inizialmente con aree ingiallite che poi diventano marcescenti, localizzate frequentemente lungo i piccioli. Le foglie tendono a perdere consistenza e si adagiano sul terreno. Sulle radici, sul colletto e sul grumulo, l’attacco della sclerotina provoca invece la comparsa di aree imbrunite e marcescenti. In condizioni di umidità elevata, le aree infette si ricoprono di una muffetta bianca contenente piccoli corpiccioli nerastri (sclerozi) che possono rimanere nel terreno per anni interi. In questi casi, è consigliabile intervenire precocemente prediligendo prodotti a base di microrganismi antagonisti come Bacillus subtilis e Trichoderma spp., la cui azione è tanto più efficace quanto più precoce è l’applicazione. D’altra parte, si può intervenire anche con dei prodotti chimici avendo cura di bagnare bene la base delle piante prima della chiusura delle bine.
Un’altra malattia crittogamica che potrebbe interessare il finocchio è la ramularia (Ramularia foeniculi) che si manifesta con macchie brune su foglie e fusti. Anche in questo caso si può intervenire con prodotti chimici, assicurandosi di bagnare bene tutta la pianta. La coltura del finocchio, però, può anche essere soggetta a diverse batteriosi, tra cui la più pericolosa e frequente è causata da Erwinia Carotovora pathovar carotovora. I batteri possono sopravvivere saprofiticamente nel terreno, penetrando attraverso le ferite e gli stomi, veicolati dall’acqua irrigua o piovana. Le infezioni sono favorite dalla presenza di acqua nel terreno e da elevata umidità. I marciumi causati possono essere sia superficiali sia interni. La difesa consiste in rotazioni adeguate e nella scelta di un terreno drenante. Il rame attualmente è l’unico prodotto utilizzabile per contrastare infezioni batteriche. Si consiglia comunque di non eccedere in concimazioni azotate in quanto queste rendono i tessuti vegetali più deboli e delicati.
In generale, la scelta di un terreno con una buona pendenza e ben drenante può prevenire molte problematiche che si verificano durante o alla fine del ciclo del finocchio, come pure fondamentale risulta il ricorso alla baulatura dei terreni, specialmente in zone dove le precipitazioni sono molto frequenti. In linea generale, per una corretta gestione della coltivazione della pianta del finocchio non basta conoscere la botanica, il periodo di coltivazione e le esigenze della coltura, ma si rendono necessari alcuni accorgimenti tecnici che, attuati sin dal momento della semina/trapianto, consentono di raccogliere un prodotto di qualità e adatto al mercato.
A cura di: Nico La Marca
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