In un mondo sempre più orientato alla sostenibilità, il consumo di prodotti ortofrutticoli frutto di processi rispettosi dell’ambiente è ormai una delle principali leve d’acquisto. Eppure, raggiungere una produzione ortofrutticola veramente sostenibile è una sfida complessa, resa ancor più difficile dall’aumento di stress abiotici e dalla proliferazione di patogeni sempre più aggressivi a causa dei cambiamenti climatici. Ed è proprio in questo scenario che si inserisce il progetto innovativo sviluppato da A.O.P. CSC Lazio, in collaborazione con l’Università della Tuscia, che mira a sviluppare un approccio innovativo alla coltivazione di pomodoro a residuo zero. L’obiettivo? Creare un modello di produzione capace di offrire un prodotto di alta qualità e a basso impatto ambientale, in linea con le richieste del mercato.
Alla base del progetto, una rete sinergica di collaborazioni tra università, imprese e istituzioni scientifiche, ognuna impegnata in un ambito specifico per raggiungere l’obiettivo prefissato. L’Università della Tuscia, sotto la guida del professor Giuseppe Colla docente di orticoltura, si è occupata del coordinamento dell’attività di ricerca, affiancata da partner come la società Arcadia, specializzata in analisi del materiale vegetale, e Cersaa per la diagnostica fitopatologica. All’appello non mancano anche Evja, Toro Ag e Pessl Instruments per la gestione dell’irrigazione e il monitoraggio delle patologie aeree del pomodoro. Il progetto coinvolge anche l’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio (Arsial).
Via alla ricerca: difesa integrata e monitoraggio digitale per la produzione del pomodoro a residuo zero
A dare il via al progetto di ricerca la necessità da parte dell’A.O.P. CSC Lazio di migliorare il sistema serricolo per la coltivazione intensiva del pomodoro da mensa (Solanum lycopersicum esculentum), costituito da coperture in plastica e cicli colturali intensivi e continui che, con il passare del tempo, hanno risentito di un progressivo deterioramento, compromettendo qualità e sostenibilità delle coltivazioni. Partendo da questo aspetto, il professor Giuseppe Colla ha quindi individuato tre assi strategici di intervento: la difesa delle piante da stress biotici, l’ottimizzazione dei sistemi di irrigazione e l’introduzione di biostimolanti mirati per il pomodoro.
Ma entriamo nel vivo della ricerca. Per proteggere le coltivazioni senza l’uso massiccio di agrofarmaci, il progetto ha testato strategie di difesa integrata, puntando su prodotti naturali e mezzi agronomici come gli innesti. Per farlo è stato importante il supporto della tecnologia che, mediante l’utilizzo di modelli digitali, ha permesso di monitorare i parametri microclimatici e prevedere attacchi di patogeni fungini e nematodi. I dati raccolti, inoltre, hanno fornito alert in tempo reale, consentendo di identificare precocemente le malattie e adottare misure di controllo a basso impatto ambientale, riducendo al minimo l’uso di prodotti chimici.
Gestione irrigua di precisione: un salto verso l’efficienza
Il secondo pilastro su cui si basa la ricerca riguarda l’ottimizzazione dell’irrigazione, affidata a un sistema avanzato di monitoraggio idrico. Con l’impiego di sonde wireless in grado di rilevare l’umidità del suolo fino a 45 cm di profondità, è stato possibile ridurre drasticamente i consumi d’acqua e migliorare la distribuzione degli impianti irrigui. Per farlo sono stati progettati due dispositivi: il sistema Tempus Air di Toro Ag e il DSS agronomico di Evja. Il primo consente una gestione remota e ottimizzata dell’irrigazione, regolando i tempi di somministrazione in base alle esigenze del terreno e massimizzando così l’efficienza idrica, con un notevole risparmio di risorse, ma anche prevenendo condizioni di stress per le piante; il secondo fornisce in tempo reale dati essenziali sulla traspirazione delle piante e sulla disponibilità di acqua nel suolo, supportando decisioni rapide e puntuali.
Biostimolanti e innovazione nutrizionale per colture più resistenti
Il terzo focus del progetto è rivolto ai biostimolanti, prodotti sempre più centrali nel favorire la resistenza della coltura agli stress termici e un migliore uso dei nutrienti. Trattamenti specifici con biostimolanti microbici e non microbici vengono monitorati con tools innovativi, consentendo analisi dettagliate dello stato nutrizionale della pianta, incluse le concentrazioni di azoto nei tessuti fogliari. Come confermato dal coordinatore del progetto, i dati raccolti aiuteranno a pianificare gli apporti fertilizzanti e a testare microrganismi per migliorare l’assorbimento radicale. Le attività sperimentali del primo anno hanno già dato inizio a valutazioni su cicli di produzione di pomodoro a residuo zero, con l’obiettivo di acquisire dati per calcolare l’impatto ambientale e l’efficienza del sistema.
Verso una produzione a ciclo di vita controllato
Prevedere un approccio scientifico alla valutazione dell’impatto ambientale è un’altra sfida cui il progetto ha dato risposta. Per farlo si è avvalso dell’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment – LCA), metodologia che permette di quantificare le emissioni di gas serra per ogni chilogrammo di pomodoro prodotto. Implementare queste tecniche significa non solo promuovere un sistema attento all’ambiente con potenziali vantaggi economici per le aziende, ma anche garantire un futuro migliore per la produzione ortofrutticola pronta così a soddisfare le esigenze dei consumatori.
Federica Del Vecchio
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