Avversità del pomodoro da industria: una panoramica

Filiera centrale del panorama ortofrutticolo italiano, il comparto del pomodoro da industria non è esente da avversità e problematiche: scopriamone le principali

da uvadatavoladmin
Avversità del pomodoro

Filiera centrale del panorama ortofrutticolo italiano, il comparto del pomodoro da industria non è esente da patologie e parassiti che, se non gestiti, rischiano di compromettere la produzione. Ne abbiamo parlato nel terzo numero della nostra rivista con l’agronomo Pellegrino Riccio, ponendo l’accento sulle principali avversità del pomodoro da industria.

Attualmente, il pomodoro da industria è l’ortaggio più coltivato d’Italia. In termini di superfici, nel nostro Paese l’investimento annuale per la coltura interessa oltre 77mila ettari. Gli areali maggiormente vocati sono l’Emilia-Romagna e la Puglia, rispettivamente con il 35 e il 22 % delle superfici nazionali coltivate, seguite da Lombardia e Campania. 

Un bel primato italiano, dunque, che però si scontra oggi con molteplici avversità. A causa delle variazioni delle condizioni climatiche, infatti, produrre pomodoro non risulta sempre agevole, con gli operatori chiamati a far fronte a patologie e parassiti che spesso compromettono il risultato finale.

Avversità del pomodoro: le principali patologie

A tal riguardo, le principali patologie che possono interessare il pomodoro da industria sono oidio, alternaria e peronospora, la cui gestione diventa sempre più complicata. Nello specifico, l’oidio risulta più problematico nella fase medio tardiva della campagna, cioè in quei trapianti che vanno dal 20 maggio in poi. La patologia è causata da due funghi: Leveillula taurica o Oidium Lycopersici. Il primo è quello più diffuso ed è caratterizzato da uno sviluppo endofitico: penetra infatti attraverso gli stomi e si sviluppa all’interno della foglia fino a fuoriuscire dalla pagina inferiore producendo l’efflorescenza biancastra costituita dai conidi. La seconda specie, si differenzia dalla precedente per l’andamento ectofitico e per la necessità di temperature leggermente più fresche, tuttavia, la sintomatologia è pressoché la stessa. Le temperature ottimali per lo sviluppo di questa patologia sono generalmente quelle comprese tra i 18 e i 24 °C. Il danno si concretizza nella produzione di una efflorescenza fungina biancastra (da cui anche il nome “mal bianco” con cui è altrimenti detto l’oidio) che rallenta l’attività fotosintetica della pianta colpita. Questa mancanza di attività – a sua volta – può incidere sulla qualità dei pomodori (in termini di colore e grado Brix) e sulla produttività, riducendo il peso delle bacche. Per il controllo di questo patogeno fungino oggi si possono impiegare molti triazolici (fungicidi ad ampio spettro di azione), oltre che le strobilurine, gli zolfi e – da qualche anno – anche diversi mezzi di biocontrollo tra cui il Bacillus amyloliquefaciens.

La patologia maggiormente problematica e presente sul pomodoro da industria è tuttavia l’alternaria.

Causata dal fungo Alternaria solani, questa malattia risulta particolarmente dannosa poiché interessa tutti gli organi epigei della pianta. Il danno più evidente, però, si manifesta sulle foglie e si concretizza con tacche necrotiche di forma irregolare sulle quali sono facilmente individuabili cerchi concentrici che, con il progredire della patologia, si espandono sull’intera lamina fogliare e riducono notevolmente la capacità fotosintetica della pianta. Sulle bacche, invece, si presenta con un marciume secco, di colore bruno tendente al nero.
In termini di danni, l’alternaria provoca la perdita di produzione e di qualità del raccolto, arrivando anche a pregiudicare il 30% in peso e il 70% in qualità dei frutti. Strettamente collegati alla qualità, sono poi i danni causati dai metaboliti prodotti dal fungo. Quest’ultimo infatti produce un gran numero di fitotossine, i cui effetti teratogeni e fenotossici osservati sull’uomo e sugli animali hanno destato l’interesse dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), che ha pubblicato una relazione scientifica con la quale ha informato che l’assunzione cronica delle tossine dell’alternaria nella popolazione europea supera la soglia di allarme tossicologico. Oggi, le fitotossine più diffuse negli alimenti sono l’Alternariolo (AOH), l’Alternariolo monometiletere (AME), l’Altenuene (ALT), la tentossina (TEN) e l’acido Tenuazonico (TEA); altre, invece, non sono ancora state chimicamente caratterizzate.

Di qui l’importanza di un controllo efficace del patogeno. Analogamente a quanto detto per l’oidio, anche in questo caso si utilizzano molti triazolici, strobilurine, zolfi e prodotti biologici tra cui il Bacillus amyloliquefaciens, ma è possibile impiegare anche rame sotto forma di idrossido, ossicloruro e solfato tribasico. 

Accanto a queste due patologie, specialmente a fronte dell’esperienza dello scorso anno, va poi annoverata la peronospora. Provocata dal fungo Phytophthora infestans, se non opportunamente controllata, questa malattia può essere molto dannosa. Si manifesta sulle foglie con macchie traslucide di forma irregolare che tendono a necrotizzare con il progredire dell’infezione, e sui fusti con imbrunimenti che possono interessare l’intera circonferenza, determinando l’avvizzimento della vegetazione presente nella parte superiore all’infezione. Fortunatamente, oggi si dispone di molti prodotti per il controllo del fungo, ma per una buona riuscita in campo è fondamentale adottare una strategia di difesa ben definita e programmata, basata essenzialmente su una difesa di carattere preventivo.

Avversità del pomodoro Phytophthora (2)

Foglie di pomodoro infettate da Phytophthora infestans. Tra i sintomi si nota la presenza di macchie irregolari traslucide che in alcuni casi tendono a necrotizzare.

Avversità del pomodoro: i principali fitofagi

Per quanto riguarda i fitofagi, invece, è possibile individuare sostanzialmente sei gruppi principali: elateridi, tripidi, lepidotteri, tignole, tetranichidi ed eriofidi.

Gli elateridi o ferretti colpiscono principalmente le radici del pomodoro, ma arrivano a interessare anche il colletto, provocando la perdita di funzionalità delle radici con conseguente deperimento vegetativo e la morte della coltura. Questa tipologia di danno si concretizza soprattutto nelle prime fasi del ciclo colturale della pianta fino a quando non si è superato lo stress da trapianto. In prossimità della raccolta, invece, se presenti, questi coleotteri possono provocare danni sulle bacche che poggiano direttamente sul terreno, scavando gallerie al loro interno e rendendo di conseguenza i frutti non più commerciabili. L’unica lotta possibile è l’utilizzo di insetticidi granulari dati contestualmente al trapianto o in fase di concimazione di fondo. Ultimamente si stanno testando, con risultati incoraggianti, formulati a base di Beauveria bassiana e inoculi di nematodi entomopatogeni appartenenti al genere Steinernema.

I tripidi che possono infestare il pomodoro da industria sono Thrips tabaci o Frankliniella occidentalis. Quando presenti, questi tisanotteri danneggiano l’ovario del fiore, e di conseguenza il frutto che si presenta con le lievi rientranze. Nutrendosi attraverso punture di suzione, oltre a provocare danni diretti sulla vegetazione, i tripidi risultano particolarmente dannosi in qualità di vettori per numerosi virus, tra cui il Tomato Spotted Wilt Virus (TSWV), che può infettare anche il 90% del campo qualora non si utilizzino varietà tolleranti. In alcuni anni, infatti, complici le alte temperature che non avevano permesso lo sviluppo ottimale delle piante, la pressione del virus è stata così forte da far risultare inefficiente la tolleranza genetica. Il controllo di tipo chimico avviene con l’utilizzo di piretroidi, mentre in biologico si possono utilizzare formulati a base di Beauveria bassiana e rilasciare nematodi entomopatogeni appartenenti al genere Steinernema.

Nell’ordine dei lepidotteri, la famiglia più rilevante è quella dei Nottuidi, al cui interno si trovano le nottue. Tra queste, le più importanti sono quelle fogliari della specie Helicoverpa armigera, anche nota come “nottua del pomodoro”. Le larve di questi insetti sono molto voraci e attraverso l’attività trofica causano danni soprattutto a fiori e frutti, determinando ingenti perdite economiche. Questa nottua è cosmopolita: grazie alle sue abitudini migratorie e alla sua capacità di adattamento a diverse condizioni ambientali, infatti, è ormai presente in quasi ogni parte del globo. D’altra parte, prediligendo un clima caldo e umido, in Italia è presente principalmente nelle zone centro-meridionali.

nottua-gialla-avversità-del-pomodoro-1

Analogamente a quanto detto per la nottua, un insetto altrettanto importante è poi la tignola del pomodoro, Tuta absoluta. Sebbene gli attacchi riguardino per lo più le raccolte settembrine, la gestione efficace di questo fitofago del pomodoro richiede l’adozione di strategie integrate che comprendono sia misure preventive, che interventi curativi. In particolare, il controllo di tipo chimico prevede l’utilizzo di clorantraniliprolo, emamectina-benzoato e metaflumizone, mentre quello di tipo biologico consiste nell’impiego di Bacillus thuringiensis sub. kurstaki e aizawai.

In ultimo vanno annoverati tetranichidi ed eriofidi. Questi acari hanno bisogno delle stesse condizioni ambientali per lo sviluppo: temperature elevate superiori ai 25 °C e bassa umidità. Più nel dettaglio, nell’ambito dei tetranichidi, da un po’ di anni a questa parte, già nella prima metà di giugno, si registrano attacchi di ragno rosso, Tetranychus urticae, il cui contrasto è reso particolarmente difficile dalla scarsa disponibilità di principi attivi e dalle limitazioni normative. Al momento, infatti, i disciplinari di produzione consentono un solo intervento acaricida.
In merito agli eriofidi, invece, a destare problemi è l’Aculops lycopersici (eriofide rugginoso del pomodoro), la cui lotta risulta ancor più complicata dopo la perdita di utilizzo di abamectina e spirotetramato.

 

A cura di: Pellegrino Riccio
© fruitjournal.com

Articoli Correlati