Simbolo della tradizione mediterranea e pilastro dell’agricoltura italiana, il carciofo domina la coltivazione nazionale con quattro regioni capofila che coprono quasi il 90% delle superfici dedicate alla coltura: Puglia, Sicilia, Sardegna e Lazio. I dati del 2024, però, rivelano una nota negativa: nel 2024, la superficie del carciofo ha registrato un calo del 25%, con tendenze diverse tra le principali aree produttive. Complice un intreccio di fattori climatici, economici e organizzativi, il comparto del carciofo italiano si trova a un bivio. Da un lato la necessità di un riposizionamento strategico per non perdere la competitività sul mercato globale, dall’altro l’urgenza di ottimizzare la filiera produttiva con tecniche agronomiche innovative per favorire lo sviluppo agricolo sostenibile.
A scattare una fotografia della situazione e offrire un momento di dialogo importante per il futuro del comparto, il Summit Carciofo 2024, organizzato da BASF qualche giorno fa a Lucera (FG). L’evento ha riunito i principali protagonisti della filiera – produttori, commercianti, trasformatori e tecnici – per affrontare temi chiave come le prospettive di mercato, le nuove tendenze di consumo e gli sviluppi nell’attività di miglioramento genetico del carciofo.
Superficie carciofo italiano in calo: i dati del CSO Italy
Come accennato, la superficie coltivata a carciofo in Italia è diminuita del 25% negli ultimi dieci anni, passando dai circa 33mila ettari del 2015 a meno di 25mila ettari nel 2024. A riportarlo durante il Summit, la dottoressa Elisa Macchi – direttore di CSO Italy – che ha illustrato l’andamento del comparto, evidenziando le disparità tra le principali regioni produttive. Stando ai dati, la Puglia si conferma leader assoluta nel panorama nazionale, con 10.700 ettari coltivati, sebbene con un calo del 7% rispetto al 2023, accompagnato da una riduzione del 6% della produzione. Nel Lazio, invece, la situazione appare più stabile: la superficie coltivata si mantiene attorno ai 900 ettari, con un calo contenuto del 3% rispetto all’anno precedente. La produzione, però, cresce del 2%, indicando un miglioramento delle rese e offrendo un elemento positivo in un contesto complessivamente complesso.
La situazione appare più critica in Sicilia, dove la siccità e le difficoltà di accesso all’acqua hanno comportato una drastica riduzione degli ettari coltivati, scesi sotto i 3.800 (-17%), con un crollo della produzione di circa il 20% rispetto al già basso livello del 2023. Va meglio in Sardegna, dove – nonostante una contrazione delle superfici (6.100 ettari, -11%) – si riscontra un aumento della produzione del 17%, grazie al miglioramento delle rese, favorito dall’introduzione di nuove varietà più produttive.
A giocare un ruolo marginale nel panorama produttivo nazionale, le altre regioni italiane – Campania, Toscana, Basilicata, Abruzzo, Calabria, Emilia-Romagna e Marche – che contribuiscono ciascuna con quote comprese tra l’1 e il 3% del totale nazionale.
Fresco e biologico: analisi del comparto
A destare preoccupazione anche i dati riguardanti il consumo di carciofo fresco in Italia che continua a diminuire, segnando un calo significativo del 29% nel 2023 rispetto al 2022 e addirittura del 45% rispetto al 2019. A influire su questa tendenza il cambiamento delle abitudini alimentari e la crescente competizione dei prodotti pronti o trasformati, che stanno guadagnando terreno tra i consumatori. Nonostante l’aumento del prezzo medio (+13% nel 2023), che ha parzialmente compensato la flessione dei volumi, il valore complessivo del mercato ne risulta penalizzato. Il quadro – tracciato da Salvo Garipoli, direttore di SGMarketing, durante la presentazione di un’indagine che ha messo in luce sfide e opportunità per il comparto – riporta un altro dato interessante: pur essendo il 16° ortaggio più acquistato dagli italiani con una quota del 2% nel mercato degli ortaggi, il carciofo fresco mostra un potenziale ancora inespresso. Di qui la necessità di ampliare la penetrazione commerciale del prodotto in tutte le sue forme: fresco, conservato, surgelato e pronto al consumo, così da permettere al carciofo di ritagliarsi un nuovo spazio nel mercato.
Al pari di quanto registrato per il mercato convenzionale, anche il biologico è alle prese con una contrazione importante. Dopo una fase di crescita significativa culminata nel 2019 con un aumento dal 9 all’11% del totale degli acquisti al dettaglio, negli ultimi due anni si è registrato un calo di circa il 40%.
Import – export: uno sguardo al mercato internazionale
Nonostante la flessione del consumo interno, il mercato del carciofo italiano continua a mantenere un equilibrio nelle dinamiche di import-export, con volumi consolidati e una rete di partner commerciali ben definita. Le importazioni si attestano mediamente su poco più di 11mila tonnellate annue, con forniture provenienti da soli dieci Paesi. L’Egitto, storico leader tra i fornitori, cede il passo a una crescente movimentazione dalla Tunisia, mentre calano progressivamente gli arrivi da Spagna e Francia.
Sul fronte dell’export, l’Italia destina annualmente poco più di 5mila tonnellate – pari al 2% della produzione nazionale – a circa 30 mercati esteri. La Francia e la Germania si confermano le destinazioni principali, assorbendo l’80% del volume esportato, seguite dalla Svizzera, con volumi più contenuti. Di recente, si registra un lieve aumento delle esportazioni verso la Spagna, segnale di una diversificazione commerciale in atto.
I dati presentati durante il Summit Carciofo 2024 parlano chiaro: investire nel carciofo non significa solo salvaguardare un patrimonio agricolo e culturale, ma anche creare nuove opportunità di crescita per un comparto che, con le giuste strategie, può tornare a essere un pilastro dell’agroalimentare italiano. Anche perché, come sottolineato da Giovanni Orioli, Account Manager di BASF, il comparto guarda al futuro e può puntare oggi su “un interesse sempre più forte per soluzioni innovative come i carciofi ibridi, capaci, senza dubbio, di rispondere alle difficoltà attuali del comparto e alle esigenze di un mercato sempre più diversificato”.
Federica Del Vecchio
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