Cicalina africana: biologia, danni e ricerca

Da molti anni presente in Sardegna, Jacobiasca libica è stata oggetto di analisi durante il 36° Forum di Medicina Vegetale attraverso una disamina approfondita a cura del dott. Arturo Cocco dell’Università degli Studi di Sassari

da Redazione FruitJournal.com
cicalina africana

Da molti anni presente in Sardegna, la cicalina africana Jacobiasca libica è stata oggetto di analisi durante il 36° Forum di Medicina Vegetale. A parlarne, Arturo Cocco dell’Università degli Studi di Sassari. Comunemente conosciuta come cicalina africana, Jacobiasca libica è un insetto appartenente alla famiglia Cicadellidae. Originaria delle regioni del Mediterraneo e del Medio Oriente, questa specie si è diffusa progressivamente in diverse aree dell’Europa meridionale e del Nord Africa, dove rappresenta una crescente minaccia per molte colture, in particolare vite, agrumi e ortaggi.

Piccole dimensioni, grande impatto

Jacobiasca libica si distingue per il corpo slanciato, lungo circa 2-3 mm, di colore giallo-verde, una tonalità che permette all’insetto di mimetizzarsi efficacemente tra la vegetazione. Le ali anteriori, trasparenti e leggermente appuntite, sono dotate di venature sottili, ma ben visibili. Una caratteristica distintiva è la mobilità degli arti posteriori, che consentono all’insetto di compiere salti rapidi in caso di pericolo. Come sottolineato dall’esperto, gli stadi giovanili sono rappresentati dalle neanidi e dalle ninfe che sono molto piccole (1 – 2 mm), di color colore giallo crema e differiscono per le dimensioni: le ninfe, infatti, sono leggermente più grandi e hanno gli abbozzi alari alti. 

La cicalina africana è molto simile alla cicalina verde della vite (Empoasca vitis) e, sebbene vi siano dei caratteri delle ali e dei genitali femminili che vengono indicati per l’identificazione e la discriminazione delle due specie, “per una identificazione certa delle due specie – come chiarito dal relatore nel corso della sua presentazione è necessaria l’osservazione degli stili dei genitali maschili al microscopio ottico”. 

Le ninfe sono dotate di un apparato boccale pungente-succhiante, una struttura comune ai Cicadellidi, che viene utilizzata per perforare i tessuti vegetali e succhiarne i fluidi. Tale attività è responsabile dei principali danni associati a questa specie. La cicalina africana è una specie polifaga che completa più generazioni annuali in ambienti caldi, un fattore che ne amplifica l’impatto economico. Ospite principale è la vite, ma l’insetto interessa anche agrumi, ortive e – in alcuni areali – la piante del cotone. In inverno, la cicalina sverna come adulto, trovando rifugio nelle colture o nella vegetazione spontanea circostante. Giunta la primavera, gli adulti si spostano in parte sullo stile principale (che in Sardegna è rappresentato dalla vite) e in parte su altre specie ospiti, dove le femmine vanno a deporre le uova, inserendole nella nervatura principale della pagina inferiore delle foglie. Dalle uova si sviluppano gli stadi giovanili che in circa tre settimane raggiungono la fase adulta. Le prime catture, infatti, si hanno nel mese di giugno. Nel complesso la cicalina africana completa 4-5 generazioni l’anno e gli adulti sono rilevati in campo fino a dicembre, “sebbene – ha ricordato l’esperto – a partire dal mese di ottobre gli adulti iniziano la migrazione verso i siti di svernamento

Come mostrato dall’esperto, le catture e gli individui nel vigneto possono raggiungere anche densità molto alte con catture superiori a mille individui adulti per trappola. A incidere sono anche “pratiche agronomiche come ampie irrigazioni, concimazioni azotate che, oltre a promuovere la vigoria delle piante, favoriscono anche lo sviluppo delle popolazioni della cicalina africana”.

Danni cicalina africana: ecco quali sono

I danni causati dalla cicalina africana sono strettamente legati alla sua attività trofica. Sia gli adulti che le ninfe prediligono la pagina inferiore delle foglie, dove inseriscono il loro stiletto lungo le nervature principali. Durante la suzione, iniettano una saliva tossica che altera i tessuti vegetali per poi nutrirsi della linfa elaborata. “Questo processo – ha spiegato il dott. Cocco in relazione alla vite – provoca l’occlusione dei vasi conduttori, generando dislocazioni e alterazioni cromatiche che variano a seconda delle cultivar. Nelle cultivar a bacca bianca, i primi sintomi si manifestano come clorosi marginali, che successivamente evolvono in clorosi più estese tra le nervature. In quelle a bacca rossa, le alterazioni iniziano con clorosi o arrossamenti marginali dovuti all’accumulo di antociani, per poi diffondersi progressivamente verso l’interno delle foglie. Nei casi più gravi, queste alterazioni possono interessare l’intera chioma, portando a disseccamenti diffusi. Il danno fisiologico che ne deriva compromette il normale processo di maturazione dei grappoli, causando una riduzione del grado zuccherino dei frutti, con differenze fino a 2 gradi Brix rispetto alle piante sane. Come sottolineato, infatti, questa alterazione si traduce in un blocco dell’attività fotosintetica che, a partire dal periodo estivo, conduce a un indebolimento generale della pianta. Questo si riflette in una ridotta capacità di accumulare sostanze di riserva, fondamentale per i processi fisiologici successivi. Tali effetti si protraggono fino all’autunno, influenzando negativamente la lignificazione dei tralci e causando ritardi nel germogliamento, con ricadute significative sulla qualità e sulla quantità della produzione vinicola.

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Danni provocati da cicalina africana in vigneto

I passi della ricerca

In Sardegna, dove la cicalina africana da molti anni rappresenta un problema, sono stati condotti numerosi studi per correlare i sintomi e le alterazioni della chioma con i danni alla raccolta. Tra le sperimentazioni, durante il Forum, l’esperto ha riportato quella effettuata sulla varietà di uva da vino a bacca rossa Monica: a metà luglio, una parte del vigneto è stata trattata con un intervento fitosanitario, mentre un’altra è stata lasciata senza trattamento. Stando ai dati, nella zona trattata si è riscontrata una netta riduzione della densità della cicalina, mentre nell’area non trattata, già a fine luglio, la densità media era di 0,5 individui per foglia, un valore che è aumentato progressivamente nel corso della stagione. Alla raccolta, le uve delle piante non trattate hanno inoltre mostrato un grado zuccherino inferiore di almeno due gradi rispetto a quelle delle piante trattate. Analoghe sperimentazioni sono state condotte su altre cultivar, sia bianche che rosse, e hanno confermato una differenza significativa, spesso superiore a due gradi Brix, indipendentemente dalle piccole variazioni nei piani sperimentali adottati. Un aspetto fondamentale – evidenziato dal relatore – ha riguardato poi il periodo in cui le piante hanno subito i danni: quando le alterazioni interessavano oltre il 75% della chioma già a fine luglio, con infestazioni di stadi giovanili di circa 0,5 individui per foglia, si osservava una significativa riduzione del grado zuccherino. Al contrario, quando sintomi analoghi coinvolgevano poco più del 60% della chioma, ma si verificavano a fine agosto, quindi più in prossimità della raccolta, non si riscontravano differenze significative in termini di grado Brix. Il che dimostra quanto il momento in cui si manifestano i sintomi sia cruciale per il danno economico finale.

Come chiarito, il monitoraggio della densità degli stadi giovanili può essere effettuato tramite osservazioni dirette, metodologia mutuata dagli studi sulla cicalina verde.

In Francia e Svizzera, ad esempio, si esegue il controllo girando casualmente una foglia della fascia mediana della chioma e calcolando la media degli individui per foglia per determinare le soglie di intervento. Per la cicalina verde, tali soglie variano tra 0,5 e 4 individui per foglia, in base a fattori come l’area geografica, l’aggressività del fitofago e le tecniche di coltivazione. In Sardegna, gli studi condotti su Jacobiasca libica su cultivar di uva da vino sia bianche che rosse hanno individuato una soglia di intervento variabile tra 0,5 e 1 individuo per foglia. Questo range dipende dalla suscettibilità della cultivar, dalle condizioni ambientali e dall’aggressività specifica del fitofago nell’annata.
Il monitoraggio degli adulti – ha poi spiegato l’esperto – avviene mediante trappole cromotropiche gialle, in grado di catturare sia maschi che femmine grazie all’attrazione visiva. Si raccomanda di posizionare 3-4 trappole per ettaro sul filo superiore della vegetazione. Tuttavia, è importante sottolineare che né per la cicalina africana né per quella verde le soglie di intervento possono essere basate sul numero di catture nelle trappole, poiché non esiste una correlazione diretta tra il danno e la densità degli adulti rilevata. Le trappole, quindi, fungono da campanello d’allarme per indicare l’insediamento della popolazione nel vigneto, ma devono essere seguite da controlli visivi diretti sulle foglie. Solo attraverso questo metodo è possibile stabilire la reale densità degli stadi giovanili e decidere l’intervento, basandosi sulla soglia di 0,5-1 individuo per foglia. Il campionamento si concentra sulle foglie mediane della chioma, preferibilmente tra il quinto e l’ottavo nodo. “Studi pluriennali sulla distribuzione degli stadi giovanili hanno evidenziato che questi si posizionano prevalentemente nella fascia mediana della vegetazione, senza preferenze significative tra germogli principali e laterali quando si considerano foglie completamente espanse. Inoltre, è emersa una predilezione per le zone in ombra della chioma, come le aree esposte a nord o interne alla vegetazione, mentre le parti più soleggiate, esposte a sud, risultano meno frequentate dagli stadi giovanili. Questi risultati – ha infatti dichiarato – sottolineano l’importanza di un monitoraggio mirato per comprendere la distribuzione del fitofago e ottimizzare le strategie di difesa”.

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Esemplari di cicalina africana catturati da una trappola

Intelligenza artificiale vs cicalina africana

Le prospettive future legate al monitoraggio e al supporto alle decisioni su cui stiamo lavorando è legato al riconoscimento automatico dell’infestazione delle cicaline di entrambe le specie con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale” – ha detto in chiusura del suo intervento. “A tal scopo abbiamo creato un database con migliaia di foto di sintomi precoci e avanzati sia su cultivar rosse che bianche. Abbiamo addestrato una rete neurale al riconoscimento di questi sintomi e verificato l’attendibilità e l’accuratezza di queste previsioni. In molti casi abbiamo osservato che effettivamente le previsioni della rete neurale coincidevano con la sintomatologia che è stata rilevata dagli operatori in campo con dei veri positivi, confermando una certa congruenza nella maggior parte dei casi. In altri casi, però, la rete neurale non riusciva a evidenziare sintomi che in realtà erano presenti dando dei falsi negativi oppure segnalava sintomi che in realtà non c’erano, dando dei falsi positivi. Nel complesso, allo stato attuale, la correttezza delle previsioni è stata molto affidabile e accurata per i sintomi avanzati riportati nelle cultivar rosse, mentre è da migliorare per i sintomi precoci nelle cultivar bianche. In questo caso, infatti, abbiamo riscontrato numerosi errori, sebbene la maggior parte dei quali non risiede nell’identificazione del sintomo ma nella sua classificazione, per cui identificava il sintomo, ma lo riconduceva a una categoria sbagliata”.

Il prossimi passo – ha quindi concluso – sarà ampliare ulteriormente il database così da rendere la rete neurale più solida in relazione alla grande variabilità dei sintomi che si osservano in campo e il riconoscimento dei sintomi precoci più affidabile. Questo consentirà di dare agli agricoltori informazioni in tempi brevi che, di conseguenza, potranno pianificare interventi tempestivi ed efficaci”.

 

Ilaria De Marinis
© fruitjournal.com

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