Il pomodoro da industria è una delle colture ortive più diffuse in Italia e a livello globale. Nel nostro Paese viene coltivato in pieno campo per la produzione di prodotti trasformati quali sughi, pelati, polpe, pezzettini, concentrati, ecc. Questo prodotto, simbolo della tradizione agroalimentare italiana, è al centro di una filiera che unisce innovazione, sostenibilità e cultura del territorio. Nel 2024, con una superficie di circa 84mila ettari e 5,3 milioni di tonnellate di bacche raccolte (ISTAT, 2024), l’Italia si è confermata il primo produttore di pomodoro da industria a livello europeo, e il terzo a livello mondiale, superata solo dalla Cina e della California.
Nonostante i numeri positivi, il comparto del pomodoro da industria si trova ad affrontare sfide importanti, tra cui il cambiamento climatico, la pressione sui costi di produzione e la competizione globale. Nel 2024, la campagna del pomodoro da industria ha visto da un lato un aumento delle superfici investite e dall’altro un calo drastico delle produzioni causato, principalmente, da una stagione colturale caratterizzata da caldo e siccità nelle regioni del Meridione, e da piogge intense nelle regioni del Nord Italia.
Tecniche avanzate per migliorare la produttività
La ricerca è in prima linea nello sviluppo di pratiche sostenibili, che mirano a ridurre l’impatto ambientale e a garantire la competitività del pomodoro da industria sul mercato internazionale.
Una delle tecniche predominanti nella coltivazione del pomodoro da industria è la pratica del trapianto che permette di ottenere un ciclo colturale più breve e una raccolta uniforme. Per raggiungere risultati ottimali è fondamentale produrre in vivaio piantine di alta qualità, sia da un punto di vista di vigore vegetativo, che sanitario. In particolare, un ottimale sviluppo delle foglie, un fusticino robusto e un apparato radicale ben sviluppato consentono alle piantine di superare lo stress da trapianto e adattarsi rapidamente alle condizioni ambientali, permettendo sia ottime rese, che frutti con una colorazione intensa e contenuto di solidi solubili (°Brix) elevati.
Sfruttando la ricca biodiversità di microrganismi presenti in natura e la capacità di alcuni di questi di creare relazioni benefiche con i vegetali, è possibile migliorare lo sviluppo e la crescita delle colture. Infatti, inoculando le piante e/o i semi con prodotti a base di batteri della rizosfera, le interazioni dirette e indirette che si instaurano con la radice consentono alla pianta di incrementare l’assorbimento di nutrienti e di acqua e accrescere la tolleranza agli stress abiotici, quali ad esempio siccità, temperature estreme, salinità, ecc. Questi microrganismi, conosciuti anche con il nome di biostimolanti delle piante microbici, sono regolamentati a livello europeo dal Regolamento UE 2019/1009. Sotto la denominazione di biostimolanti microbici, oltre ai prodotti composti da una singola specie microbica, è possibile commercializzare consorzi microbici, ovvero un insieme di più generi/specie (batteri e/o funghi), cellule di microrganismi non vitali e/o vuote, ed elementi residui innocui derivanti dai substrati utilizzati per la produzione dei microrganismi stessi. Al momento, tra i microrganismi impiegabili come materiali costituenti dei prodotti fertilizzanti, il regolamento riporta solo tre generi batterici (Azotobacter spp., Rizobium spp. e Azospirillum spp.) e i funghi micorrizici. Tuttavia, la Commissione Europea ha aperto un bando per implementare la lista di microrganismi utilizzabili nei prodotti fertilizzanti e l’AIT (Austrian Institute Of Technology), la più grande organizzazione austriaca di ricerca e tecnologia, sta lavorando per predisporre delle linee guida da seguire per poter ampliare la suddetta lista.
Biochar e rizobatteri per una coltivazione sostenibile
Il gruppo di ‘Produzioni Vegetali’ del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia si occupa da anni della valutazione di biostimolanti per la produzione in vivaio di piantine di pomodoro da industria di qualità che permettano ottimi livelli produttivi. Nello specifico, la Dott.ssa Caradonia ha isolato dalla rizosfera di pomodoro, ovvero dalla porzione di suolo che circonda le radici, diversi batteri potenziali promotori della crescita delle piante. In particolare, un ceppo appartenente al genere Ensifer sp. ha mostrato in prove di laboratorio di possedere alcune delle caratteristiche peculiari dei biostimolanti microbici. Tra queste, la capacità di fissazione dell’azoto atmosferico e di produzione dell’auxina, un ormone vegetale implicato nella distensione cellulare e stimolazione della crescita e dello sviluppo. Inoltre, in prove di campo, piante di pomodoro da industria inoculate con il biostimolante hanno incrementato le produzioni e la qualità dei frutti.
Oltre all’isolamento e all’impiego di microrganismi utili, il gruppo di ‘Produzione vegetale’ si occupa anche di valutare l’impiego di nuovi prodotti da utilizzare in combinazione con i microrganismi, come ad esempio scarti provenienti dalle produzioni ortofrutticole e il biochar. Quest’ultimo è un prodotto carbonioso ottenuto dalla decomposizione di biomasse vegetali o residui solidi urbani, esposto ad alta temperatura in ambiente povero di ossigeno. Diverse ricerche hanno messo in luce le potenzialità del biochar in agricoltura (Ronga et al., 2020). Il biochar, infatti, può essere impiegato come ammendante per migliorare la fertilità e la struttura del terreno. Inoltre, presenta al suo interno delle porosità che possono rappresentare un ambiente ideale per lo sviluppo di microrganismi. In particolare, i cosiddetti mesopori (2–50 nm) e macropori (>50 nm) offrono spazi adatti per l’insediamento dei microrganismi mentre i micropori (<2 nm) possono trattenere nutrienti e acqua, creando condizioni favorevoli per lo sviluppo delle piante.
Nel 2023, il gruppo di ‘Produzione vegetale’, all’interno del progetto ECOSISTER, ha predisposto una prova sperimentale di pieno campo con l’obiettivo di valutare l’efficacia dell’impiego di un biostimolante microbico, sia da solo che in combinazione con il biochar. Lo studio si è concentrato sulla gestione sostenibile del pomodoro da industria, con particolare attenzione alla produzione delle piantine in vivaio. L’obiettivo è stato quello di indagare se l’applicazione di questi trattamenti potesse avere un impatto positivo non solo sulla qualità delle piantine, ma anche sulla produzione finale, migliorando resa e sostenibilità complessiva della coltivazione.
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Come è stata impostata la prova sperimentale
Per la prova sperimentale sono stati presi in considerazione quattro trattamenti le cui caratteristiche e dosi impiegate sono riportate in Tabella 1.

Tabella 1. Trattamenti valutati per la produzione di piantine di pomodoro da industria
Il biochar impiegato nella prova è stato prodotto dal Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, sede di Modena, ed è stato ottenuto a partire da rifiuti solidi organici urbani (Ottani et al., 2022). Per la preparazione dell’inoculo, il ceppo batterico, appartenente al genere Ensifer sp., è stato fatto crescere su un substrato liquido non selettivo (Triptone Soy Agar).
I semi di pomodoro da industria impiegati appartenevano alla varietà Heinz 1301 e sono stati forniti dalla Ditta Furia Seed srl (con sede a Parma, Italia). Heinz 1301 è una delle varietà di pomodoro da industria più utilizzate nel Nord Italia. La pianta è caratterizzata da un’epoca di maturazione precoce, una buona copertura fogliare e vigoria. I frutti sono di forma ovale allungata e caratterizzati da un colore rosso intenso e un elevato valore °Brix. I semi sono stati messi a germinare in semenzai di polistirolo impiegando torba Potgrond H-70 (prodotta da Klasmann-Delimann GmbH). I semenzai sono stati posti in condizioni controllate a una temperatura diurna di 25 °C e una notturna di 19 °C, con un’umidità relativa del 60% e un fotoperiodo di 16 ore di luce e 8 di buio per 45 giorni.
L’irrigazione è stata effettuata in base alle esigenze delle plantule. Durante la crescita delle piantine non sono stati effettuati trattamenti con prodotti fitosanitari e fertilizzanti per evitare che questi influissero sull’effetto dei trattamenti.
Il 25 maggio 2023, quando le piantine avevano raggiunto lo stadio fenologico della quarta foglia vera, le piantine sono state trapiantate in pieno campo presso l’Azienda agricola Gianpiero Silva a Borgonovo Val Tidone (Piacenza) in un territorio storicamente vocato alla produzione del pomodoro da industria.
Al momento del trapianto, le piante trattate con il biostimolante e il biochar mostravano un rapporto tra l’altezza e il diametro del colletto inferiore rispetto alle piante non trattate, indicativo di una maggiore robustezza della pianta. Inoltre, è stato osservato un numero significativamente maggiore di foglie, suggerendo non solo un accrescimento più vigoroso, ma anche un miglior sviluppo vegetativo complessivo, che ha favorito una crescita più sana e produttiva nelle fasi successive della coltivazione.
Le piantine sono state trapiantate in campo con una densità di impianto di 2,5 piante per m². È stato seguito un disegno sperimentale completamente randomizzato, considerando per ogni trattamento tre repliche da 25 piante ciascuno. Durante la stagione produttiva, le piante sono state irrigate tramite irrigazione a goccia sulla base delle esigenze della coltura per ripristinare il quantitativo di acqua persa per evapotraspirazione. Il campo è stato gestito seguendo i principi di produzione integrata previsti dai disciplinari della Regione Emilia-Romagna.
Quando l’85% dei frutti ha raggiunto la maturità (1° settembre 2023), le piante sono state raccolte e sono stati valutati alcuni parametri di resa e di qualità delle bacche (Figura 1).

Figura 1. Campionamento piante di pomodoro
L’annata di coltivazione è stata caratterizzata da una temperatura media di 22,8 °C, con un andamento climatico che ha visto intense piogge nei mesi di aprile e maggio, responsabili di un lieve ritardo nel trapianto rispetto all’epoca prevista. Successivamente, nel mese di agosto, si sono registrate ulteriori precipitazioni significative che hanno avuto un impatto sulle condizioni ambientali della coltivazione, influenzando il contenuto di acqua all’interno delle bacche.
Risultati ottenuti
Come riportato nella Figura 2, i trattamenti con il microrganismo e quello con il biochar hanno incrementato del 25% la produzione commerciale rispetto alle piante non trattate. Nessuna modifica significativa è stata riscontrata nelle parcelle trattate con biochar arricchito con il microrganismo. Le piante con il microrganismo hanno presentato, inoltre, la maggiore produzione totale (ovvero includendo anche le bacche non mature).

Figura 2. Produzioni e rese ottenute
Come evidenziato in Figura 3, l’aumento delle produzioni è legato principalmente a un incremento del peso e del numero dei frutti.

Figura 3. Numero e peso medio delle bacche per singola pianta
Quando è stata valutata la qualità delle bacche raccolte, non sono state riscontrate differenze significative relativamente al pH del succo del pomodoro, mentre è stato osservato un aumento dei solidi solubili (°Brix) contenuto nelle bacche delle piante trattate con biochar arricchito con il microrganismo (+9%). Interessante notare che il numero di bacche marce o con presenza di marciume apicale è stato significativamente inferiore (rispettivamente -43% e -74%) nelle piante trattate rispetto al controllo non trattato.
Conclusioni
Il ceppo batterico Ensifer sp., isolato dalla rizosfera di pomodoro, si è rivelato una soluzione promettente per incrementare sia la produttività che la qualità del pomodoro da industria. In considerazione dei risultati ottenuti, sarà necessario proseguire con ulteriori sperimentazioni e una più approfondita caratterizzazione di questo microrganismo, al fine di valutare il suo potenziale inserimento nella lista dei microrganismi autorizzati per l’utilizzo all’interno dei prodotti fertilizzanti a base di biostimolanti microbici.
Anche l’utilizzo del biochar, ampiamente impiegato come ammendante, ha mostrato buone potenzialità di biostimolazione della coltura, quando applicato a basse dosi (5%) già in fase di semina in vivaio. I risultati suggeriscono che il biochar può favorire un miglior sviluppo vegetativo e contribuire a una gestione più sostenibile della coltivazione del pomodoro da industria.
Al contrario, l’applicazione del biochar arricchito con il microrganismo Ensifer sp. non ha comportato un incremento significativo nella produzione, indicando che l’interazione tra i due componenti potrebbe non essere ottimale o che potrebbe essere necessaria un’ulteriore ottimizzazione nei dosaggi e nei metodi di applicazione.
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A cura di: Federica Caradonia , Giovanni Caccialupi, Muhammad Fazail Nasar, Nicola Parisi, Leonardo Cicala, Enrico Francia – Dipartimento di scienze della Vita, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia
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