Indice
Il suolo è il substrato naturale per la germinazione dei semi, la crescita e lo sviluppo delle piante. Il fenomeno della stanchezza del suolo (SS) riduce la crescita e la resa delle colture ed è un fenomeno agronomico complesso e multifattoriale, che si manifesta con una progressiva riduzione delle prestazioni vegetative e riproduttive delle piante coltivate su uno stesso suolo per lunghi periodi di tempo. Questo fenomeno si presenta principalmente in sistemi di monocoltura e deriva da una serie di fattori biotici e abiotici che alterano l’ecosistema del suolo. Nella letteratura ecologica, la SS è conosciuta come feedback negativo pianta-suolo (FNPS), un meccanismo attraverso il quale le piante stesse influenzano negativamente il suolo che occupano, creando condizioni sfavorevoli per la crescita della stessa specie o di specie affini.
Stanchezza del suolo: effetti sulla produzione e strategie di gestione
Nel caso del grano (Triticum aestivum L.), ad esempio, è stato osservato che, nei sistemi agronomici con minima o nessuna lavorazione del suolo, la scarsa crescita iniziale e la riduzione della resa sono da attribuirsi alla presenza di stoppie e residui. La riduzione della resa è associata ai composti fitotossici rilasciati durante la decomposizione dei residui di frumento. Valutazioni dell’autotossicità varietale degli essudati radicali e degli estratti dei residui di frumento hanno dimostrato che questi inibiscono la germinazione del 2-21%, la crescita delle radici del 15-30% e quella del coleoptile del 5-20%.
La SS è nota sin dall’antichità e molteplici approcci sono stati utilizzati per superare il problema come le rotazioni colturali. Tuttavia, gli studi scientifici sulla stanchezza del suolo sono stati avviati solo all’inizio del XX secolo e possono essere suddivisi in tre fasi: (i) Fase pionieristica (1900-1950), focalizzata sui fitotossici, (ii) Seconda fase (1950-2000), incentrata sui fitotossici e sui microrganismi del suolo, e (iii) Terza fase (2010 ad oggi), concentrata sulle relazioni tra piante e suolo.
In questa nota di revisione dei dati salienti riportati in letteratura, saranno esplorati brevemente i meccanismi e le possibili strategie di gestione della “stanchezza del suolo”.
Meccanismi alla base della stanchezza del suolo
Diversi sono i meccanismi che originano il fenomeno della SS. Di seguito ne vengono illustrati alcuni, cercando di evidenziare le interconnessioni tra le diverse cause e gli effetti “a cascata” sulla capacità del suolo di sostenere una crescita ottimale delle piante.
- Monocoltura continua
La monocoltura continua e intensiva, praticata in molte aree agricole, altera in modo significativo il rapporto tra piante e suolo, rendendo quest’ultimo più suscettibile alla stanchezza. La mancanza di rotazione colturale contribuisce all’accumulo di patogeni e sostanze tossiche, riducendo la capacità del suolo di supportare una crescita sana dei vegetali. Questo problema è particolarmente grave in colture perenni come gli alberi da frutto (es. mandorlo, melo, etc.), dove la sostituzione delle piante risulta difficile.

Effetti della stanchezza del suolo sulla germinazione di semi di pomodoro. Nessuna germinazione o scarsa vigoria delle piantine è stata osservata nei suoli sottoposti a monocultura da 5-6 anni (A, B, D, G, H). Lo sviluppo delle piantine è risultato normale in terreno non sottoposto a monocoltura (E, F).
Impatto sulla qualità fisico-chimica del suolo
La monocoltura continua influisce fortemente sulle proprietà chimico fisiche del suolo (tessitura, struttura, contenuto idrico, aria, temperatura, pH, sostanza organica, elementi inorganici, ecc.), tutti fattori che hanno una stretta relazione con la crescita e lo sviluppo delle piante.
Alterazione della struttura del suolo
La monocoltura a lungo termine influisce negativamente sulla struttura del suolo, riducendo la stabilità meccanica degli aggregati, la distribuzione del carbonio organico e la capacità del suolo di trattenere acqua e nutrienti. La ridotta stabilità meccanica degli aggregati, combinata con la riduzione di nutrienti, contribuisce al deterioramento delle condizioni del suolo.
Acidificazione e salinizzazione
L’uso intensivo di fertilizzanti minerali, specialmente in sistemi di coltivazione intensiva, contribuisce all’acidificazione e alla salinizzazione del suolo. L’accumulo di ioni H+ nelle zone circostanti le radici, insieme al rilascio di composti fitotossici, peggiora ulteriormente la qualità del suolo, rendendo difficile l’assorbimento di nutrienti essenziali da parte delle piante. L’acidificazione del suolo è causata anche dagli allelochimici rilasciati dalle colture in monocoltura continua. Questo è un processo continuo in molti sistemi agricoli ed è una delle principali cause della stanchezza del suolo. Di solito, le radici delle piante assorbono i nutrienti dalle soluzioni del suolo per soddisfare le loro esigenze di crescita. L’assorbimento di cationi e anioni è associato rispettivamente all’estrusione di H+ e al rilascio di OH-/HCO3-. Se le piante assorbono più cationi rispetto agli anioni, si verifica un maggiore rilascio di H+ intorno alle radici. L’applicazione impropria di fertilizzanti o l’accumulo di fitotossine nel suolo provoca una grave acidificazione del suolo. L’applicazione eccessiva di fertilizzanti ammoniacali o l’accumulo di catechine porta inoltre a tossicità da alluminio. Purtroppo, la correzione dell’acidità del suolo con calce non è sempre economicamente sostenibile, e richiede l’adozione di metodi integrati, come l’applicazione di calcare macinato, gesso, residui vegetali, letame e materiali organici derivati dal carbone, combinati con il miglioramento biologico attraverso la gestione dell’assorbimento di cationi e anioni da parte delle colture.
Riduzione o squilibrio dei nutrienti del suolo
La coltivazione continua di una stessa specie vegetale può impoverire il suolo di nutrienti essenziali, causando uno squilibrio che limita la crescita delle colture. Le piante hanno una certa selettività e preferenza nell’assorbimento dei nutrienti del suolo e quindi differiscono nella quantità e nel tipo di nutrienti assorbiti, specialmente per alcuni oligoelementi. Nella monocultura a lungo termine, a causa dell’assorbimento selettivo degli elementi minerali da parte delle colture, della fertilizzazione inadeguata, della gestione dell’acqua e di altre pratiche agronomiche, si verifica una riduzione di alcuni nutrienti e l’accumulo di altri, portando a uno squilibrio e alla riduzione della crescita delle piante. La riduzione della fertilità del suolo dovuta alla monocultura continua non può essere alleviata aumentando l’applicazione di fertilizzanti. Ad esempio, nel frumento coltivato in monocoltura continua, nonostante il livello adeguato di fertilizzanti, le rese hanno continuato a diminuire.
Pertanto, esistono in letteratura numerose indicazioni circa il ruolo dell’impoverimento del suolo di nutrienti specifici, necessari per la crescita delle piante, a causa della loro continua asportazione da parte delle radici. Tuttavia, studi condotti sia in agroecosistemiche in comunità vegetali naturali, hanno dimostrato che questa ipotesi non è da sola in grado di spiegare completamente il fenomeno della SS. Del resto, neanche l’uso di fertilizzanti risolve sempre il problema della SS, suggerendo che verosimilmente sono coinvolti fattori più complessi.
A cura di: Franco Nigro
© fruitjournal.com