Conosciuto anche come mal bianco, l’oidio è una delle più temibili malattie fungine che possono colpire le cucurbitacee, minacciando le coltivazioni sia in campo aperto che in serra. Tra le specie più vulnerabili spicca lo zucchino, particolarmente sensibile all’infezione. L’oidio può compromettere in modo significativo la resa e la qualità del raccolto, rappresentando una sfida costante per gli agricoltori.
L’infezione ha inizio con la comparsa di una patina biancastra sulle foglie, che si espande progressivamente compromettendo lo sviluppo e la produttività della pianta. Ma qual è l’agente responsabile di questa malatia?
Oidio: i funghi responsabili
A causare l’oidio delle cucurbitacee non è un solo agente patogeno, ma due funghi appartenenti alla famiglia delle Erysiphaceae: Erysiphe cichoracearum, oggi noto come Golovinomyces cichoracearum, e Sphaerotheca fuliginea, attualmente classificato come Podosphaera xanthii. Questi microrganismi sviluppano il loro micelio sulla superficie dei tessuti vegetali, producendo conidi, le strutture responsabili della diffusione della malattia.
Durante i mesi invernali, i funghi sopravvivono in due diverse forme: il micelio agamico, che si conserva su piante spontanee, e la forma sessuata, rappresentata dai cleistoteci, che si rifugia tra i residui delle piante infette. I cleistoteci possono contenere da 10 a 25 aschi, di forma ovale o subcilindrica, ciascuno dei quali ospita generalmente due ascospore, raramente tre.
Le condizioni climatiche rappresentano un fattore determinante per la diffusione della malattia. Temperature comprese tra 20 e 25-26 °C e un’umidità relativa elevata (70-75%) favoriscono la proliferazione dei funghi, mentre la presenza di vento facilita la dispersione delle spore. Al contrario, periodi di siccità e piogge abbondanti ostacolano lo sviluppo delle Erysiphaceae.
Nelle coltivazioni in pieno campo, il mese di giugno rappresenta una fase particolarmente favorevole all’infezione, con una diffusione massima tra agosto e settembre. In serra, invece, l’oidio compare più precocemente, sebbene le alte temperature diurne tendano a rallentarne la progressione.
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Patina biancastra sulle foglie di zucchino
Danni sulla coltura
L’oidio attacca tutti gli organi vegetativi delle cucurbitacee, colpendo foglie, fusti, piccioli e peduncoli dei frutti. I primi segnali dell’infezione si manifestano con la comparsa di chiazze bianche sulle foglie, seguite da ingiallimenti e necrosi che, nel tempo, portano al loro completo disseccamento. La progressiva compromissione dei tessuti vegetali incide negativamente sulla capacità fotosintetica della pianta, determinando una crescita stentata e una significativa riduzione della resa produttiva.
Il calo di produttività è legato al fatto che i frutti ricevono nutrimento sia dalle radici, sia dagli zuccheri prodotti tramite fotosintesi clorofilliana: foglie danneggiate o necrotizzate non sono in grado di svolgere questa funzione, compromettendo così lo sviluppo del raccolto.
Oltre a limitare la crescita della pianta, l’oidio può colpire direttamente i frutti. Nel caso delle zucchine, ad esempio, l’infezione si manifesta con chiazze dalla consistenza gelatinosa, che ne compromettono la qualità, rendendole inadatte alla commercializzazione e al consumo.
Prevenire l’oidio: le strategie più efficaci
Prevenire è sempre meglio che curare, motivo per cui è importante mettere in atto alcuni accorgimenti. Tra le principali strategie è bene garantire un adeguato spazio tra le piante per favorire la circolazione dell’aria. Un’altra pratica fondamentale è la rotazione colturale: si consiglia di non coltivare zucchine nello stesso appezzamento per almeno tre anni, in modo da ridurre la persistenza dei patogeni nel terreno. Anche la gestione dell’irrigazione gioca un ruolo cruciale. È preferibile evitare interventi irrigui nelle ore più calde, in particolare quando la temperatura si avvicina ai 22 °C, condizione ideale per lo sviluppo dell’oidio. Meglio ancora, è consigliabile distribuire l’acqua direttamente sul terreno, evitando di bagnare le foglie per evitare condizioni di umidità eccessiva sulla vegetazione.
Un valido alleato nella prevenzione può essere l’utilizzo di polveri di roccia, come caolino o zeolite micronizzata, in grado di assorbire l’umidità in eccesso dalle foglie e creare una barriera fisica contro l’infezione fungina.
Tuttavia, la prevenzione da sola potrebbe non bastare. Per contrastare efficacemente la malattia, è necessario adottare strategie di difesa mirate, come l’uso di agrofarmaci specifici o, in agricoltura biologica, di zolfo e bicarbonato di sodio, ampiamente impiegati per la loro efficacia.
La lotta all’oidio non si esaurisce nei trattamenti. È altrettanto importante una gestione attenta della pianta: le parti infette devono essere prontamente rimosse e smaltite correttamente, evitando di lasciarle sul terreno o di inserirle nel compost, per impedire nuove contaminazioni.
In ogni caso, salvaguardare la qualità e la resa del raccolto resta la priorità. La lotta all’oidio non è semplice, ma con le giuste strategie è possibile contenere i danni e garantire una produzione agricola sostenibile ed efficiente.
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Federica Del Vecchio
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