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Tra le varietà più apprezzate nel panorama agricolo italiano ed europeo, la patata Primura è oggi una delle più coltivate nel nostro Paese, tanto da essere spesso utilizzata come riferimento per la selezione di nuove varietà migliorate. Sviluppata in Italia negli anni ‘60 attraverso programmi di miglioramento genetico volti a ottenere un tubero precoce, produttivo e resistente alle principali avversità, Primura deriva dall’incrocio tra cultivar europee selezionate per la loro adattabilità ai climi temperati e per le qualità organolettiche superiori. Aspetti che ne hanno decretato sin da subito il successo, confermato ancora oggi da un mercato in cui questa varietà si distingue per la precocità di maturazione e per le sue eccellenti caratteristiche organolettiche. La sua adattabilità al consumo fresco e alla trasformazione industriale, congiuntamente alla buona tolleranza alle principali patologie, l’hanno così resa una scelta privilegiata per gli agricoltori, sia nelle aree vocate alla produzione intensiva, sia in contesti di coltivazione sostenibile.
Patata Primura: eccellenza DOP
A riprova della grande diffusione della varietà, va ricordato che la patata Primura è anche la principale varietà coltivata nella zona di produzione della Patata di Bologna DOP, riconosciuta con Denominazione di Origine Protetta dall’Unione Europea. Un marchio che ne garantisce la provenienza esclusiva dall’area della provincia di Bologna, caratterizzata da suoli fertili e un microclima favorevole alla coltivazione di patate di alta qualità.
Sguardo alle caratteristiche
La patata Primura si caratterizza per una buccia sottile di colore giallo chiaro e una polpa compatta, di tonalità giallo tenue. Il calibro medio-grande dei tuberi e la forma allungata leggermente ovale la rendono facilmente riconoscibile sul mercato. Dal punto di vista biochimico, contiene una percentuale di sostanza secca compresa tra il 17% e il 19%, con un contenuto medio di amido pari al 13-15%, che favorisce una consistenza morbida dopo la cottura e una buona tenuta nella frittura. La presenza di antiossidanti naturali, come i polifenoli, contribuisce alla stabilità ossidativa del prodotto, mentre il basso contenuto di solanina (<10 mg/kg) ne assicura la sicurezza alimentare. La composizione minerale è ben bilanciata, con buoni livelli di potassio (circa 400 mg/100 g), calcio e magnesio, essenziali per la qualità nutrizionale del tubero.
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Tecniche di gestione e aspetti agronomici
La coltivazione richiede un’attenta gestione agronomica per ottimizzarne resa e qualità finale. Il terreno ideale è di medio impasto, ben drenato e ricco di sostanza organica, con un pH compreso tra 5,5 e 7. La preparazione del suolo include una lavorazione profonda per favorire lo sviluppo radicale e una concimazione equilibrata, basata su un apporto bilanciato di azoto, fosforo e potassio (NPK 120-60-180 kg/ha). L’irrigazione gioca un ruolo fondamentale: la Primura predilige un regime idrico costante, con un fabbisogno medio di 25-30 mm di acqua a settimana, evitando ristagni idrici che potrebbero favorire l’insorgenza di marciumi radicali. La difesa fitosanitaria deve concentrarsi sulla prevenzione di patologie come la peronospora e la fusariosi, o marciume secco, adottando tecniche di rotazione colturale e trattamenti mirati. L’uso di biostimolanti a base di alghe e microrganismi benefici può migliorare la resistenza della pianta agli stress abiotici.
Sbocchi commerciali e prospettive
La patata Primura trova ampio spazio nei mercati ortofrutticoli grazie alla sua versatilità d’uso e alla qualità costante dei tuberi. È particolarmente richiesta nella grande distribuzione organizzata (GDO), nei mercati all’ingrosso e nel settore della ristorazione. Inoltre, la sua resistenza alla manipolazione e la lunga conservabilità in post-raccolta (fino a 4 mesi a 4 °C con umidità relativa dell’85-90%) la rendono idonea anche per l’esportazione. Le prospettive future vedono una crescente attenzione alla coltivazione sostenibile, con l’integrazione di tecniche di agricoltura di precisione per ridurre l’uso di input chimici e migliorare l’efficienza produttiva. La crescente domanda di prodotti di qualità, tracciabili e a filiera corta potrebbe poi favorire un ulteriore sviluppo di questa varietà, consolidandone il ruolo di eccellenza nell’agricoltura italiana.
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Ilaria De Marinis
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