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Comunemente note come mosche della frutta, i ditteri tefritidi rappresentano una delle principali minacce per la frutticoltura, sia nei contesti produttivi intensivi che in quelli a conduzione integrata o biologica. Questi insetti, seppur di piccole dimensioni, a causa della loro elevata polifagia, sono in grado di arrecare danni economici rilevanti se non gestiti tempestivamente, compromettendo direttamente la qualità delle produzioni.
In ambito europeo, il termine “mosche della frutta” comprende sia specie già ampiamente diffuse e soggette a monitoraggio regolare, come Ceratitis capitata, sia specie esotiche ancora non stabilmente presenti, ma con un certo potenziale invasivo. Tra queste, in virtù dell’impatto potenziale sulle produzioni agricole e delle difficoltà legate alla loro gestione, alcune sono state classificate come organismi da quarantena prioritari e comprendono specie come Bactrocera dorsalis, Rhagoletis pomonella, Anastrepha ludens e Bactrocera zonata.
Proprio quest’ultima, conosciuta anche come mosca della pesca, secondo quanto riportato dalla Eppo, è stata intercettata in due zone del territorio italiano: nel 2023 nei pressi del Mercato ortofrutticolo all’ingrosso di Milano e, successivamente, nel 2024, in un parco cittadino a Bologna. Per via della loro sporadicità, i due rinvenimenti avvenuti nel territorio italiano non hanno generato allarmismo tra i produttori. D’altra parte, la capacità di riconoscere correttamente il parassita e sapere come agire in caso di potenziale rinvenimento costituiscono elementi chiave per contenere tempestivamente eventuali rischi futuri.
Mosca della pesca: origine e diffusione
Bactrocera zonata, comunemente conosciuta come mosca della pesca, è originaria dell’Asia meridionale, con areale primario localizzato in India e Pakistan. A partire dagli ultimi decenni del XX secolo, la specie ha progressivamente esteso la propria presenza ben oltre i confini d’origine, colonizzando molti altri Paesi tra cui l’Africa e il Nord America, oltre alle recenti segnalazioni in Europa che hanno interessato anche alcune regioni della Francia.
Ciclo biologico
Il ciclo biologico di Bactrocera zonata è strettamente influenzato da fattori ambientali, in particolare temperatura e umidità e dalla disponibilità di specie vegetali ospiti. Questo fitofago sverna tipicamente sotto forma di pupa nel terreno, e gli adulti emergono con l’innalzarsi delle temperature primaverili, generalmente a partire dalla fine di marzo.
L’accoppiamento avviene poco dopo l’emergenza, e le femmine (capaci di vivere fino a 18 settimane), una volta fecondate, selezionano frutti maturi o in fase di maturazione nei quali deporre le uova utilizzando l’organo ovopositore. Ogni ovideposizione può comprendere il rilascio di un numero variabile da tre a nove uova sotto l’epidermide del frutto. Dopo la schiusa, le larve – in particolare quelle del 2° e 3° stadio – si nutrono della polpa del frutto, scavando gallerie interne che ne compromettono la consistenza e ne possono provocare il completo deterioramento.
La durata delle fasi giovanili varia in base alla temperatura: lo sviluppo risulta arrestato a temperature inferiori o pari a 15 °C, mentre l’intervallo termico ottimale per la crescita è compreso tra 25 e 30 °C. Le larve completato lo sviluppo abbandonano il frutto, si interrano nel suolo e si trasformano in pupe. Lo stadio pupale può estendersi per periodi più lunghi durante l’inverno.

Bactrocera zonata: maschio a sx e femmina a dx
Morfologia e modalità di riconoscimento
Gli adulti di B. zonata presentano una livrea che varia dal marrone-arancio al rossastro, con tonalità tendenzialmente più chiare rispetto alla congenerica B. dorsalis. Presentano una parte posteriore del torace di colore giallo, facilmente visibile, così come due bande gialle ben marcate che si estendono lungo i lati della parte anteriore del corpo (dietro la testa).
Le femmine si caratterizzano per la presenza di un ovopositore ben sviluppato, utilizzato per inserire le uova all’interno dei frutti. Le larve, apode e di colore bianco-crema, possono raggiungere una lunghezza compresa tra 5 e 15 mm. La loro attività trofica all’interno del frutto può risultare invisibile nelle fasi iniziali, rendendo difficile il rilevamento precoce dell’infestazione.
Dal punto di vista ecologico, B. zonata mostra un comportamento simile a B. dorsalis, con la quale condivide la polifagia, il periodo di attività e molteplici piante ospiti. Le due specie possono entrare in competizione, ma B. zonata è generalmente considerata meno aggressiva in termini di capacità invasiva e severità dei danni (Narayanan & Batra, 1960).
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Danni e sintomi
Il danno principale causato da Bactrocera zonata è legato all’attività larvale che avviene nel mesocarpo dei frutti. Le punture di ovideposizione sono spesso di piccole dimensioni e difficilmente rilevabili a occhio nudo. Tuttavia, in presenza di un’infestazione più avanzata, si osservano fenomeni di marcescenza e collassi strutturali del tessuto, con evidenti alterazioni sia interne che superficiali del frutto.
Le conseguenze economiche possono essere significative. Le principali problematiche connesse alla presenza del parassita si concretizzano in un danno economico derivante dalla mancata commercializzazione e dall’eventuale blocco fitosanitario delle esportazioni.
Ospiti e vie di diffusione
Bactrocera zonata è una specie altamente polifaga, capace di completare il proprio ciclo su oltre 40 specie vegetali. Tra le principali piante ospiti si annoverano mango, guava, papaya, agrumi, avocado, ma anche colture di rilevanza economica per il nostro Paese, come le pesche e altre drupacee e pomacee.
La diffusione a lunga distanza della specie è strettamente legata al commercio internazionale di frutta fresca infestata non sottoposta ad adeguati controlli fitosanitari. Sebbene gli adulti siano dotati di buone capacità di volo e possano percorrere anche decine di chilometri, è il trasporto passivo attraverso i circuiti agroalimentari a rappresentare il principale fattore di rischio per l’introduzione in nuovi areali.
Conclusioni
Sebbene i rinvenimenti di Bactrocera zonata finora registrati sul territorio italiano non debbano essere interpretati come segnali di allarme per la frutticoltura nazionale, rappresentano comunque un indicatore concreto del potenziale rischio fitosanitario al quale il comparto potrebbe essere esposto in assenza di un’adeguata conoscenza e controllo del parassita.
In questo contesto, la corretta informazione e la capacità di riconoscere tempestivamente il fitofago rappresentano strumenti fondamentali di prevenzione. Conoscere la biologia e il comportamento della mosca della pesca consente infatti di attivare misure di sorveglianza e contenimento efficaci, prevenendo l’insediamento stabile della specie nei principali areali frutticoli del Paese.
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Donato Liberto
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