Era il 2013 quando Xylella fastidiosa veniva segnalata per la prima volta in Puglia. Da allora le conoscenze a riguardo si sono moltiplicate. Donato Boscia e Maria Saponari mettono ordine tra le informazioni e analizzano lo stato dell’epidemia oggi.
Dalle prime segnalazioni a oggi: come si è evoluta la diffusione di Xylella fastidiosa? Donato Boscia e Maria Saponari dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR di Bari fanno il punto sull’attuale stato delle conoscenze.
Fino a quando non si disporrà di una cura definitiva, la convivenza con il batterio dovrà consistere nella riconversione delle colture altamente suscettibili a Xylella. La vegetazione compromessa potrà essere sostituita con specie immuni. Tra queste: agrumi, vite, pesco, susino, albicocco, melograno, querce, conifere, oppure con specie o varietà resistenti/tolleranti al batterio, come mandorlo, ciliegio o – per rimanere all’olivicoltura – le varietà di ulivo Leccino e Favolosa.
Numerose sperimentazioni di formulati di varia origine e composizione ai fini dell’attenuazione dei sintomi hanno mostrato risultati promettenti, ma limitati nel tempo. In altri casi il numero di applicazioni richieste non è sostenibile né a livello economico né ambientale.
A fine 2013 il servizio fitosanitario regionale stimava in circa 8000 ettari la superficie interessata dal disseccamento.
Un territorio troppo vasto per un realistico tentativo di eradicazione di un organismo che infetta decine di specie diverse e viene trasmesso da un vettore alato. Oggi, a distanza di oltre 7 anni, la superficie demarcata come infetta è cresciuta con una progressione impressionante, raggiungendo quasi 8000 chilometri quadrati. Questi si estendono per circa 140 km di lunghezza sul 40% del territorio regionale. La presenza del batterio interessa le intere province di Lecce e Brindisi, circa metà della provincia di Taranto e alcuni comuni del barese (Monopoli, Locorotondo e Polignano). Fortunatamente, con la graduale organizzazione della gestione delle misure di contenimento, si registra un sensibile rallentamento dell’infezione.
Anche se ormai insediato in Salento, dove ha distrutto diversi milioni di piante e causato danni per oltre un miliardo di euro, Xylella fastidiosa resta regolamentato come organismo da quarantena.
Questo perché oltre il 99% del territorio dell’Unione Europea ne è indenne. Il piano di contrasto a X. fastidiosa rientra nella normativa fitosanitaria europea a tutela della salute delle piante, aggiornata nell’agosto 2021 sulla base delle conoscenze scientifiche acquisite recentemente. È stato introdotto il divieto di movimentazione di piante a rischio di infezione dalle aree demarcate come “infette” o “cuscinetto”. A questo si aggiungono il divieto di impianto di specie ospiti del batterio nelle aree infette, l’obbligo di monitoraggio e di distruzione delle piante infette nelle zone “indenne”, “cuscinetto” e “contenimento”, l’obbligo di contenimento della popolazione degli insetti vettori nelle zone a rischio.
Esempi di disinformazione cronica
L’affermazione spesso citata secondo cui dal monitoraggio risulta che solo l’1,8% degli ulivi presenta l’infezione e quindi non c’è nessuna epidemia è falsa. Il monitoraggio si fa esclusivamente nelle zone di “contenimento”, di recente contaminazione, e nelle zone “cuscinetto” e “indenne” e non può dare indicazioni sull’incidenza del batterio in una zona infetta. Il monitoraggio, infatti, non ha l’obiettivo di inventariare le piante infette.
L’affermazione che il piano di eradicazione stia desertificando il Salento con l’abbattimento “obbligatorio” di milioni di ulivi è falsa. Ogni anno, per i motivi più svariati, si abbattono 22000 alberi. Gli abbattimenti obbligatori conseguenti al monitoraggio, invece, non superano la media di 1500 ulivi l’anno in una regione con circa 60 milioni di ulivi. Per contro, gli abbattimenti “volontari” al giugno 2021 richiesti dagli olivicoltori della zona infetta riguardano 3,5 milioni di piante, 730000 delle quali già abbattute. Il Dipartimento dell’Agricoltura della Regione Puglia stima che le richieste raggiungeranno la cifra di 6 milioni di alberi.
In varie occasioni i casi di disinformazione hanno contribuito a ostacolare le azioni di contenimento definite. Una realtà che ha messo in evidenza quanto sia strategico il ruolo della corretta comunicazione istituzionale. Nel caso Xylella fastidiosa è sicuramente stata carente. Se con la pandemia di Covid-19 la campagna di comunicazione è stata più efficace, forse è perché gli errori compiuti con il batterio hanno insegnato qualcosa.
Fonte: SapereScienza
© fruitjournal.com
–