Secondo uno studio Ismea condotto nel 2021, in Italia dal 2010 al 2019 le superfici di olivicoltura biologica sono raddoppiate. A guidare la classifica per numero di ettari coltivati, la Puglia.
Strutture produttive, flussi economici, principali categorie di operatori e distribuzione del valore nelle varie fasi della filiera: questi i parametri che hanno guidato lo studio Ismea sull’olivicoltura biologica italiana.
Stando al report pubblicato dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), “l’olivicoltura biologica rappresenta in Italia la terza coltura per estensione (escludendo i prati pascoli) dopo le colture foraggere e i cereali”.
Complessivamente, con i suoi 242.708 ettari coltivati nel 2019, l’olivicoltura rappresenta il 12% di tutta la SAU biologica italiana. Una percentuale che attesta come, in poco meno di un decennio (dal 2010 al 2019), le superfici biologiche adibite a olivo da olio siano effettivamente raddoppiate.
“Come per il resto delle colture – chiariscono i ricercatori – a partire dal 2018 si rileva una fase di stabilità delle superfici: l’incremento tra il 2018 e il 2019 delle superficie biologiche (comprese quelle in conversione) è stato dell’1,5%, mentre nel complesso la SAU biologica italiana è cresciuta dell’1,8%”.
Se si considera la distribuzione per area geografica delle superfici a olivo da olio biologico in Italia, il report evidenzia una concentrazione sul totale del 67,5% al Sud, del 17,1% nelle Isole (con circa il 16% in Sicilia) e del 14,1% al Centro.
Come per l’olivicoltura convenzionale (ISTAT, SPA 2016) – si legge – le prime sette regioni in termini di ettari di superficie coltivata ad olivo da olio biologico sono: Puglia (72.282), Calabria (70.981), Sicilia (38.389), Toscana (16.036), Campania (9.643), Lazio (8.921) e Umbria (6.151). Nel 2019, in Italia il numero di aziende agricole biologiche con superficie ad olivo certificata sono 42.588 e la dimensione aziendale media nel comparto del biologico è tre volte più grande rispetto a quella delle aziende convenzionali (media di 5,7 ha a fronte di 1,80 ha per azienda).
Dal punto di vista della produzione stimata di olio di oliva biologico dichiarata dai frantoi nel 2019 è stata di 45.988 tonnellate con un valore alla produzione stimabile intorno ai 193 milioni di euro, considerando un prezzo medio di 4,20 €/kg. Le olive provenienti da uliveti coltivati con tecniche di agricoltura biologica sono state circa 1 milione di tonnellate di cui solo 306.000 tonnellate sono state molite come certificate e pertanto circa il 30% del raccolto di olive biologiche ha effettivamente prodotto olio certificato.
Non solo. Secondo quanto emerso dalle indagini dei ricercatori, nella campagna 2019-20 i frantoi che hanno dichiarato di produrre in biologico sono 1.736, con un incremento di 3 unità rispetto alla campagna 2018-2019. Inoltre, rispetto alla campagna 2017-18, i frantoi biologici in Italia risultano essere aumentati del 7% (116 frantoi).
Particolarmente significativi i dati provenienti dalle regioni del Sud Italia: in Calabria, i frantoi biologici sono aumentati di 88 unità.
Sul fronte della domanda di olio biologico, si rileva un incremento di oltre il 7% tra il 2020 e il 2019, a fronte di un aumento complessivo del 4% dei prodotti alimentari biologici. All’incremento della domanda interna, tuttavia, non corrisponde la crescita dell’offerta di prodotto italiano in quanto le superfici destinate a coltivazione biologica non risultano in aumento. E altrettanto ferma risulta la quantità di olive biologiche destinate alla produzione di olio certificato.
Dati che, secondo gli esperti, lasciano intuire un aumento della domanda trovi legato all’incremento delle importazioni di olio biologico, in particolare dalla Tunisia, che rappresentano il 40% circa dell’intera produzione nazionale. L’immediata conseguenza è che oggi in Italia viene commercializzato olio biologico 100% italiano e olio di origine mediterranea.
Un altro aspetto particolarmente rilevante è rappresentato dai dati relativi alle tre fasi che caratterizzano la filiera: la produzione agricola, la molitura e l’imbottigliamento e la distribuzione.
Nello specifico, per la fase di coltivazione sono stati rilevati dati presso 20 aziende olivicole delle Regioni maggiori produttrici (Puglia, Calabria Sicilia e Campania) e il reddito operativo più elevato è raggiunto dal sistema dell’olivicoltura pugliese, seguito da quello siciliano.
Sul piano dei prezzi al consumo delle tre filiere, invece, si può notare una stratificazione su tre livelli: prezzi molto ridotti pari mediamente a 9,8€/litro nella filiera industriale sul mercato italiano, prezzi che si discostano poco dal prodotto convenzionale, prezzi che superano i 15 €/litro nella filiera dei frantoi e nella filiera corta (vendita diretta attraverso e-commerce) e nella GDO estera.
In generale, sulla base delle analisi effettuate, la coltivazione biologica soprattutto nelle zone di maggiore vocazionalità olivicola (come il nord barese, il cosentino/crotonese, l’agrigentino) comporta una riduzione delle rese solo in parte compensate dai premi, a fronte di costi pressoché analoghi a quelli dell’agricoltura convenzionale, molto elevati soprattutto per le attività di potatura e raccolta. Rispetto all’agricoltura tradizionale, però, l’agricoltura biologica manca ancora di innovazioni e tecniche organizzative capaci di ridurre questi costi. A tal riguardo, le analisi effettuate da Ismea sulla competitività del settore hanno messo in evidenza la possibilità di introdurre anche per il biologico le nuove tecniche intensive che consentono di aumentare le rese e meccanizzare le operazioni di raccolta.
Ilaria De Marinis
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