Kiwi, come gestire e innovare l’impianto

Secondo appuntamento di “In campo con l'agronomo”: a parlarci di kiwi, tra gestione e innovazione, Valter Fiumana

da uvadatavoladmin
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Secondo appuntamento di “In campo con l’agronomo”. Questa volta ci siamo recati nei dintorni di Melfi, in Basilicata, presso l’azienda agricola dei fratelli Ciccolella per parlare di kiwi, tra gestione e innovazione.

Nata e pensata per la coltivazione di fiori, nel tempo, l’azienda Ciccolella ha deciso di scommettere sul kiwi, investendo 20 ettari nella produzione della cultivar Boerica e adattando le strutture esistenti alle nuove esigenze. Oggi, con sesto di impianto di 4,80 x 2,50 m, l’azienda produce 850-900 piante per ettaro.

A parlarci di questo e tanto altro, il tecnico di Agrintesa Cooperativa Agricola Valter Fiumana, protagonista di questo secondo appuntamento di “In campo con l’agronomo” dedicato al kiwi.

Quali sono le caratteristiche pedoclimatiche che occorre tenere in considerazione prima di impiantare l’actinidia?

L’actinidia è una pianta che necessita di un suolo particolarmente permeabile. Dal punto di vista morfologico, il terreno deve inoltre presentare una percentuale medio-alta (40-50%) di sabbia. Questo, infatti, permette all’acqua utilizzata per l’irrigazione di evacuare tranquillamente e di non creare problemi alle radici durante tutto il periodo di coltivazione.

A proposito di acqua, come viene gestita l’irrigazione?

Normalmente, a seconda del suolo, utilizziamo come base dell’irrigazione e della fertilizzazione delle ali gocciolanti. Possiamo decidere se metterne una o due: quando l’ala gocciolante è singola, viene posta lungo la fila; quando sono due, invece, sono appaiate a 30 centimetri da un lato e dall’altro della pianta. E in più, sono dotate di un micro indicatore che svolge una duplice funzione: per proteggere dalle gelate nel periodo primaverile, se si hanno dei ritorni di freddo, oppure per climatizzare nel periodo estivo.

Dal punto di vista nutrizionale, cosa è stato già fatto e cosa pensate di fare?

Essendo una pianta da sottobosco, l’actinidia ha bisogno di un terreno ricco di sostanza organica e questo sicuramente permette di avere una buona struttura per trattenere ed evacuare l’acqua. Nello specifico, gli apporti di sostanza organica possono derivare da letame o da compost, come pure da prodotti preparati già in commercio. Nel periodo primaverile, si procede con la concimazione che prosegue fino a metà agosto, attraverso la somministrazione di micro dosi di concime per mantenere alimentata la pianta, che per sua natura ha un ciclo colturale lungo. Il rapporto con cui il kiwi consuma gli elementi è un rapporto due – uno – tre: due parti di azoto, una di fosforo e tre di potassio.

Quali sono le principali difficoltà nella gestione di un actinidieto?

Innanzitutto, bisogna imparare a gestire bene l’irrigazione, dopo aver progettato bene l’impianto e valutato soprattutto le caratteristiche del terreno. Se infatti il terreno non dovesse essere idoneo, l’esecuzione di un impianto non è economicamente concepibile. Poi, per una gestione ottimale occorre essere presenti tutti i giorni e verificare che tutto proceda per il meglio. Nel periodo estivo, in particolare, occorre controllare l’irrigazione: il kiwi è una pianta con l’apparato radicale molto superficiale, quindi un giorno senza acqua potrebbe causare degli strascichi e andare a compromettere l’esito della produzione.

Parliamo di impollinazione.

L’azienda effettua questa pratica raccogliendo preventivamente del polline che poi distribuisce alle piante femminili durante il periodo della fioritura. Bisogna infatti ricordare che il kiwi è una pianta dioica, quindi porta i fiori maschili su una pianta e quelli femminili su un’altra. In generale, la tecnica dell’impollinazione permette di migliorare le caratteristiche del frutto da un punto di vista estetico: più semi si riescono a mettere all’interno del frutto, più il frutto cresce nel modo corretto, allungandosi e presentando una forma estetica perfetta.

Spostando invece l’attenzione sulla sostanza secca: cosa puoi dirci?

La sostanza secca è un tema importantissimo, perché più sostanza riusciamo a mettere dentro i nostri frutti e maggiore è la qualità. In altri termini, la sostanza secca è la risultante di tutte le operazioni colturali che l’azienda mette a punto dalla fioritura alla raccolta. Quindi corretta gestione della nutrizione, dell’irrigazione, della potatura verde, avere le piante che stanno bene tutti i giorni e che durante il ciclo di coltivazione non subiscono stress. Insomma: più noi coltiviamo bene durante la stagione, migliori risultati otteniamo.

Per concludere, in riferimento al fabbisogno in freddo, ci sono areali produttivi maggiormente vocati alla produzione di kiwi?

A mio parere, il numero di ore in freddo di cui necessita la pianta nel periodo invernale cambia a seconda della varietà. Volendo fare una stima, possiamo dire che servono da 300/400 a 700 ore di freddo. In questa zona, a un’altitudine di 200 metri, non abbiamo problemi. Ovviamente più ci si sposta verso zone più calde o vicine al mare, più alto è il rischio di non soddisfare le condizioni ottimali affinché la pianta possa preparare i fiori che daranno la produzione finale.

 

Ilaria De Marinis
© fruitjournal.com

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