Xylella Puglia: con Maria Saponari, prima ricercatrice presso l’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante, approfondiamo come gestire l’epidemia nel territorio regionale.
Nel secondo numero di Fruit Journal abbiamo approfondito il futuro del comparto olivicolo che, tra difficoltà vecchie e nuove, tenta di imparare dal passato per migliorare e rinnovarsi. A tal proposito ampio spazio è dedicato all’emergenza Xylella in Puglia, grazie all’approfondimento a cura della dottoressa Maria Saponari.
L’evoluzione dell’epidemia in Puglia non può ormai prescindere da una gestione differenziata in relazione allo specifico territorio regionale. La demarcazione delle aree – come specificato in precedenza – ha proprio l’obiettivo di massimizzare l’efficacia delle azioni di sorveglianza e contenimento, intervenendo nelle zone a maggiore rischio con misure che hanno l’obiettivo di prevenire nuovi focolai e di contenere la progressione delle infezioni in atto. In parallelo, per le aree oramai compromesse, si è alla ricerca di soluzioni pratiche per la convivenza, a supporto della rigenerazione del territorio devastato e della ricostruzione delle aziende e della loro redditività.
Xylella Puglia: come contenere il batterio
I punti cardine delle azioni di contenimento nelle aree demarcate si basano essenzialmente sull’identificazione precoce delle infezioni (monitoraggio capillare e rafforzato), riduzione della pressione di inoculo (rimozione tempestiva delle piante infette), riduzione della popolazione dell’insetto vettore, divieto di impianto di specie specificate. Queste azioni, che nell’insieme costituiscono le misure di contenimento così come previste dal Regolamento europeo, hanno l’obiettivo di rallentare l’avanzata del fronte delle infezioni da Xylella fastidiosa.
A tal fine, annualmente il Servizio Fitosanitario Regionale elabora e adotta il piano di contrasto a Xylella, aggiornandolo con le ultime acquisizioni scientifiche. Alcune delle azioni di contrasto richiedono il contributo attivo degli agricoltori e delle amministrazioni locali, quali le misure di lotta all’insetto vettore, per la quale sono previsti interventi meccanici e chimici mirati sia al controllo delle forme giovanili che degli individui adulti. Tali azioni sono obbligatorie per le aree demarcate a più alto rischio (zona cuscinetto e zona di contenimento).
L’adozione di pratiche agronomiche, quali le lavorazioni superficiali del terreno (arature, fresature, erpicature e trinciature) per il controllo meccanico degli stadi giovanili nel periodo primaverile, resta la strategia più efficace per ridurre la popolazione del vettore.
Laddove tali interventi non sono praticabili, si può intervenire con mezzi fisici o trattamenti diserbanti. Tali azioni hanno la massima efficacia se effettuate in corrispondenza del picco del IV stadio giovanile, il cui periodo non è univoco su tutto il territorio regionale, ma varia essenzialmente in base all’altitudine. A seguito di un monitoraggio la Regione emana pertanto periodici bollettini per indicare le tempistiche di intervento.
Il controllo degli adulti risulta invece più complesso. Questo è dovuto alla loro lunga persistenza nelle colture (approssimativamente da maggio a ottobre) e alla rapidità di trasmissione (non vi è per esempio un periodo di latenza). Per queste ragioni è opportuno effettuare i trattamenti prima che i vettori abbiano acquisito il batterio, al fine di ridurre quanto più possibile le popolazioni di insetti potenzialmente infettivi. A tal riguardo, i recenti piani regionali di contrasto a Xylella hanno introdotto l’obbligo di effettuare due trattamenti insetticidi, con un intervallo tra le applicazioni di circa 20-25 giorni.
Xylella Puglia: alla ricerca di soluzioni per la convivenza
Numerose sono le sperimentazioni condotte e attualmente in corso per la ricerca di soluzioni terapeutiche e di strategie di controllo integrato finalizzate a ridurre l’impatto delle infezioni, soprattutto nel tentativo di salvare gli olivi delle cultivar particolarmente suscettibili. Queste hanno comportato esperienze sia in vitro che in campo, volte a “colpire” il batterio nelle piante, utilizzando formulazioni e composti chimico-minerali, prodotti naturali derivati da piante e antagonisti microbici.
Tra le soluzioni del primo gruppo, una serie di studi ha dimostrato che singoli composti o un bio-complesso di ioni zinco, rame e calcio (come o nella forma di) determinano alterazioni delle caratteristiche biologiche del batterio (formazione di biofilm, tasso di replicazione) in vitro e cambiamenti sostanziali dei profili metabolici in planta. Purtuttavia, non vi sono evidenze conclusive né su un loro effetto nell’attenuazione dei sintomi, né sulla diminuzione della carica batterica.
Sul fronte dei composti di origine naturale o microbica, diverse classi di composti fenolici di origine vegetale (4-metilcathecol, cathecol, acido veratrico, acido caffeico e oleuropeina), frazioni filtrate di acque reflue di frantoio, estratti di colture di Trichoderma spp. e tossine fungine hanno mostrato un’attività antimicrobica, anche se spesso limitata a effetti batteriostatici reversibili. Ma all’attività rilevata in vitro non ha fatto riscontro un effetto in planta.
Per la ricerca di agenti di biocontrollo, gli studi hanno avuto come primo target la caratterizzazione del microbioma di piante di olivo di cultivar diverse (es. microbioma di cultivar suscettibili vs resistenti) e l’isolamento di endofiti.
Questi studi, sebbene abbiano evidenziato la tendenza di Xylella ad alterare la composizione delle comunità microbiche endofitiche in olivo, non hanno condotto alla identificazione di microrganismi in grado di inibire in maniera efficace la crescita del batterio. Tra le prove in corso ricordiamo il batterio Paraburkholderia phytofirmans, che ha dato risultati interessanti nel controllo di Xylella in vite, e per il quale prove preliminari sono in corso sugli olivi.
Fronte importante nello sviluppo di strategie di convivenza con il batterio è la ricerca di fonti di resistenza nel germoplasma olivicolo (nello specifico per la resistenza al genotipo pugliese di Xylella). Tratti di resistenza (minore incidenza di infezioni, limitata replicazione batterica e limitati disseccamenti della chioma) sono stati trovati nella cultivar Leccino e nella selezione FS17, le uniche oggi autorizzate all’impianto nell’area infetta del Salento. Al momento le uniche risultate promettenti, nonostante i notevoli investimenti nella valutazione di un vasto germoplasma olivicolo, attività che ha finora identificato genotipi con più lunghi periodi di latenza delle infezioni, fenomeni di tolleranza, ma che non ha incrementato il panel di cultivar resistenti.
Questa situazione ha spinto a estendere la ricerca di fonti di resistenza anche a germoplasma spontaneo (esemplari di olivo spontanei sopravvissuti al passaggio dell’epidemia) e ad avviare programmi di incroci controllati partendo da parentali resistenti. In entrambi i casi si tratta di selezionare e generare nuove cultivar: un processo che, soprattutto per questa specie, richiede diversi anni se non proprio un decennio.
Conclusioni
In Puglia è stato introdotto uno dei ceppi più aggressivi di Xylella sinora caratterizzati a livello mondiale. L’impatto delle infezioni su olivo è, nelle condizioni epidemiologiche pugliesi, anche più grave di quanto osservato negli Stati Uniti su vite, dove Xylella è la causa della famigerata Pierce’s Disease. Un ceppo aggressivo che – tra l’altro – ha trovato, senza soluzione di continuità, distese di piante ospiti suscettibili (cultivar di olivo locali), diffondendosi rapidamente. Gli agricoltori, le autorità fitosanitarie e il mondo della ricerca si sono trovati ad affrontare un problema di enorme portata che avrebbe richiesto una immediata presa di coscienza della sua gravità e complessità, nonché di una maggiore tempestività di intervento.
In questi 8 anni il batterio ha lasciato dietro di sé danni irreparabili al territorio e messo in ginocchio diversi comparti produttivi.
I tempi per ricostruire il territorio da un tale disastro sono sicuramente lunghi, ma nel frattempo la ricerca e lo spirito di dedizione di diversi olivicoltori stanno contribuendo a mettere le basi per la rigenerazione del settore olivicolo e non solo. D’altra parte, la difficoltà di trovare efficaci metodi di cura e recuperare dall’ampio panorama varietale dell’olivo un numero cospicuo di cultivar resistenti rafforza la necessità di mettere in atto e applicare in maniera tempestiva le misure fitosanitarie imposte dalle autorità fitosanitarie, a salvaguardia di altri territori a vocazione olivicola, ma altrettanto vulnerabili come il Salento.
A cura di: Maria Saponari
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