Gelate tardive: come mitigare i danni

È possibile prevenire o ridurre l’incidenza dei danni causati dal freddo? Ne parliamo con Alberto V. Puggioni di Netafim Italia

da uvadatavoladmin
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Riproponiamo l’articolo a cura di Alberto Vezio Puggioni, Head of Agronomy & Technical di Netafim Italia pubblicato nell’ultimo numero di Fruit Journal, relativo alla mitigazione del danno da gelate tardive attraverso i sistemi antibrina.

Da Nord a Sud, attualmente tutte le colture, specialmente nelle aree pianeggianti, sono esposte al rischio gelate. Quali sono allora le soluzioni in mano ai produttori? È possibile prevenire o ridurre l’incidenza dei danni causati dal freddo?

L’evoluzione rapida e potenzialmente dannosa causata dai repentini cambiamenti climatici è ormai tangibile per gli agricoltori e per la popolazione. Periodi siccitosi si alternano a eventi piovosi concentrati e di intensità estrema. Le colture mediterranee non riescono ad adattarsi a cambiamenti così rapidi. Il riscaldamento globale causa una fioritura precoce delle piante, rispetto a quanto avveniva qualche decennio fa, e questo le rende più vulnerabili alle gelate come testimoniato da quanto accaduto nel 2021 e nella stagione in corso. Gli agricoltori devono essere pronti ad affrontare questa avversità climatica con metodi di protezione attiva delle colture.

In Italia il fenomeno delle gelate tardive è sempre più sentito e la frequenza attuale è stimata in media con un evento critico ogni 2 anni.

Negli areali italiani, le gelate si manifestano in annate con primavere molto anticipate e caratterizzate da fenomeni di bassa umidità relativa (fenomeno ricorrente negli ultimi 10 anni).

L’inizio del periodo critico delle gelate si ha nella fase di ripresa vegetativa delle coltivazioni ed è in questo momento che vanno quindi concentrati i maggiori sforzi. Anche se le gelate ci sono sempre state, l’aumento delle temperature medie causato dal cambiamento climatico le ha rese potenzialmente più dannose per le coltivazioni. Durante una gelata, infatti, l’acqua contenuta all’interno dei tessuti delle piante si solidifica, deidratando le cellule e creando delle lesioni dovute all’aumento di volume (il ghiaccio ne occupa di più dell’acqua liquida).

Nel 2021 molte coltivazioni italiane sono state danneggiate dalle gelate. I dati ci dicono che nella notte tra il 7 e l’8 aprile le temperature sono scese rapidamente fino a -7 °C in alcune parti della Pianura Padana e della Toscana. Come evidente, gli effetti di eventi di questo tipo sono severi: nel Nord e nel Centro Italia le gelate hanno causato una riduzione della produzione agricola del 50-70% per alcune colture, in particolare vigneti e alberi da frutto, e danni per milioni di euro.

Alla fine di marzo e nelle prime settimane di aprile 2022, la situazione si è verificata nuovamente con gelate fino anche a -9 °C in Puglia e -6 °C nel territorio della campagna romagnola.

Le gelate hanno colpito in particolare le coltivazioni di alberi da frutto come gli albicocchi, i peschi, i susini, le viti, i kiwi, i meli e i ciliegi. Ci sono stati danni anche alle coltivazioni di barbabietola e mais, a quelle di certi tipi di piante ornamentali e di ortaggi, per i quali il danno è tuttavia minore, essendo piante che, a differenza degli alberi da frutto, fruttificano più volte nel corso dell’anno. I danni economici del 2022 sono ancora in fase di analisi, ma sembrano essere vicini a quelli registrati nel corso dell’anno precedente.

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Da una prima rilevazione Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) e Uiv (Unione Italiana Vini), infatti, si stima per il 2021 una perdita nel settore viticolo che potrebbe oscillare a seconda dell’areale dal 5 al 20%, e addirittura in certi casi andare oltre questa soglia. In generale, a essere state più colpite sono sicuramente le aree del Centro-Nord, mentre – tra le varietà – a subire danni maggiori sono state quelle precoci, soprattutto nelle aree più umide e pianeggianti.

In Italia i danni nel comparto della frutta estiva e primaverile (albicocche, pesche, susine e ciliegie) causati dalle gelate tardive di marzo e aprile 2021 ammontano a 862 milioni di euro.

Nello specifico, 454 milioni sono i danni per perdita di prodotto, ai quali si sommano quelli relativi alla fase di lavorazione, che superano i 150 milioni di euro, e una perdita di valore dell’indotto stimata in 258 milioni di euro (fonte CSO Italy – Centro Servizi Ortofrutticoli su indicazione dell’Alleanza Cooperative Agroalimentari).

Strumenti a disposizione

Per proteggere gli alberi da frutto, gli agricoltori possono usare alcune tecniche di difesa che sono sempre più diffuse, dato che i rischi legati alle gelate tardive e al loro aumento per via del cambiamento climatico sono ben noti. Quella più tradizionale, inventata nei vigneti francesi, è l’accensione di fuochi notturni, stufe a pellet o candele per contrastare la diminuzione delle temperature, come si è visto anche in Italia nei vigneti della provincia di Cuneo, nelle Langhe e in provincia di Padova e in Trentino, a protezione dei ciliegi.

Sta poi crescendo la proposta sul mercato italiano di ventilatori da pieno campo che, muovendo le masse di aria gelida, permettono un maggiore scambio termico nel frutteto.

Il sistema più usato è l’applicazione soprachioma di acqua attraverso l’aspersione.

Per funzionare, il metodo antibrina soprachioma deve però essere usato con attenzione per tutta la durata dell’evento climatico avverso e fino al completo scioglimento dello strato di ghiaccio formato. Dato che è importante non irrigare troppo, lo strato di ghiaccio non deve essere tanto pesante da determinare la rottura dei rami. Il sistema proposto da Netafim si basa sulla distribuzione pulsata di bassi volumi per ettaro (10-15 m3/h), pur mantenendo sul volume di “chioma” da proteggere la precipitazione necessaria di 3 mm/h. Questo permette di mantenere lo strato di ghiaccio senza appesantire troppo le branche delle piante. Il sistema antibrina Netafim può proteggere la coltura con le esposte caratteristiche di portata, fino a -5 °C. Inoltre, è funzionale avvalersi di centraline di monitoraggio e controllo abbinate che permettono di gestire l’accensione (di solito intorno ai 2,5 °C sopra lo zero misurato con un termometro a bulbo secco o 1 °C a bulbo bagnato) e lo spegnimento dell’impianto sulla base di informazioni rilevate puntualmente in campo.

Possiamo portare ad esempio quanto accade in Trentino Alto Adige dove si coltiva più del 50% delle superfici a melo in Italia.

Qui, gli agricoltori vengono avvisati del rischio di gelate dai bollettini di Meteotrentino (applicazione per la segnalazione di livelli di rischio climatico in agricoltura), e durante le notti di gelo gli agricoltori sono informati dell’andamento delle temperature con oltre 41mila sms inviati dalle 40 stazioni meteo dotate di sensori antibrina. Nella zona in questione, i due metodi di protezione più diffusi sono entrambi soprachioma. In un primo caso, si usano irrigatori ad alta pressione e portata a copertura totale del campo; nell’altro, si impiegano i sistemi a microaspersione pulsati di Netafim. Risulta evidente che il metodo ad alta portata e pressione, che assorbe minimo 30 m3/h per ettaro, vada a ridurre la disponibilità nelle reti irrigue e a restringere l’areale operativo dove, in contemporanea, possono funzionare i sistemi di protezione. Diverso per i sistemi pulsati Netafim, dove si opera con portate di 10-15 m3/ha, ovvero da metà a un terzo a parità di protezione (-5 °C).

Mitigazione gelate tardive: gli antibrina soprachioma

La tecnica a maggior controllo e consigliata da Netafim per omogeneità di distribuzione ed effetti di protezione attiva, è senz’altro quella dell’antibrina soprachioma. Si usano gli impianti di irrigazione in microaspersione per bagnare le piante: quando la temperatura scende sotto lo zero, sulle loro superfici si crea un sottile strato di ghiaccio che funge da isolante. Il ghiaccio ha una bassissima conduzione termica, la pianta all’interno viene quindi mantenuta a una temperatura vicina allo zero, e non è sottoposta alle temperature inferiori che si registrano all’esterno. Ricordiamo che si tratta di sistemi per la mitigazione del danno da gelate tardive, in quanto il metodo antibrina può non bastare a evitare del tutto i danni, specialmente se le temperature molto basse (al di sotto dei 5-6 °C) calano rapidamente, durano a lungo e sono accompagnate da una bassa umidità.

Tuttavia, questo sistema consente di ridurre significativamente il danno, mantenendo la coltura profittevole.

I sistemi a microaspersione pulsati di Netafim sono attualmente applicati in Italia da Nord a Sud, specialmente in Trentino-Alto Adige, in alcune zone dell’Emilia-Romagna e della Lombardia.

E i risultati sono evidenti: nella sola Valtellina, grazie ai sistemi antibrina, sono state salvate 5.000 tonnellate di mele. In Emilia-Romagna, almeno 200.000 t di frutti estivi sono state salvate dai sistemi antibrina e, nel caso del Trentino, considerando un successo medio dell’80% nella mitigazione del danno da gelate, sono state salvate almeno 800.000 t di mele. Nel Sud Italia, dalla Basilicata alla Sicilia, soprattutto su agrumi e colture subtropicali, ma anche su albicocche e drupacee, l’adozione dei sistemi pulsati a microaspersione sta crescendo sempre di più, poiché i sistemi di mitigazione del danno da gelate tardive proposti da Netafim salvano la redditività delle aziende agricole che investono nei metodi di protezione attiva.

Inoltre, il sistema assicurativo premia le aziende che investono in questa direzione con un ranking (graduatoria) migliore che permette loro di avere polizze assicurative adattate sulla riduzione della soglia di rischio.

Accorgimenti

La frutticoltura estensiva del Nord Italia e delle aree alpine sta quindi iniziando a reagire e la sensibilità al problema è in crescita. D’altro canto, da Nord a Sud, tutte le colture, specialmente nelle aree pianeggianti, sono esposte al rischio.

Negli areali dell’Italia meridionale, agrumi, drupacee e le nuove colture di origine subtropicale (avocado in primis) rischiano notevolmente, ma anche i tradizionali mandorli sono stati vittima degli effetti dannosi degli anni passati. La viticoltura è stata colpita con conseguenze che si ripercuotono anche sulle annate successive. Questo quadro e le esperienze pregresse sollevano il problema della idoneità dei siti di coltivazione delle colture subtropicali come, per esempio, l’avocado, dove si richiede assenza di fenomeni di gelate durante il ciclo vegetativo, ovvero T° > 0 °C. Nel caso di questa coltura, la temperatura minima diurna durante la fioritura deve essere non inferiore a 15 °C, la temperatura minima durante l’allegagione non inferiore a 8 °C, mentre l’induzione della fioritura dovrebbe avvenire a temperature comprese in un range di 15-20 °C.

Importante anche la valutazione delle temperature estreme, ovvero quelle superiori a 32 °C, che – durante la fioritura o l’allegagione – possono causare la caduta dei frutti.

Appare dunque chiaro come la gestione delle pressioni derivanti da variabili climatiche estreme, non solo gelate, necessiti oggi di un approccio strutturale e collettivo che tuteli la coltivazione con metodi già noti (bollettini, reti meteo, soglie di intervento).

I vantaggi del sistema sono quindi ben evidenti, ma – essendo in un sistema aperto di pieno campo – non mancano i limiti. L’uso di reti antigrandine/antipioggia e di altri sistemi di tutela e protezione, uniti al sistema pulsato antibrina, favoriscono il controllo di un maggior numero di variabili in campo. E questo è il vero obiettivo: “proteggere” attivamente la coltura, mitigando il più possibile il danno e mantenendo la redditività per l’azienda agricola.

 

Alberto Puggioni – Netafim Italia
© fruitjournal.com

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