Riproponiamo l’articolo pubblicato nello Speciale Biostimolanti relativo alla presentazione del professor Carlo Andreotti della Libera Università di Bolzano sull’impiego dei biostimolanti per la gestione degli stress idrici e nutrizionali di vite e fragola.
Quando si parla di applicazione di biostimolanti su piante arboree, è bene tenere conto di alcune caratteristiche. Tra queste, la presenza di organi perenni come i rami che svolgono nella pianta funzione di riserva.
Perché sottolinearlo? Molto spesso, in condizione di deficit e di stress, la pianta può usare le sue riserve e rendere così l’azione dei biostimolanti meno evidente o quasi nulla. Altro aspetto importante è quello legato alla natura perenne poliennale di queste colture, che permette loro di attivare diversi meccanismi fisiologici nel corso di più stagioni.
Tuttavia, come riportato dall’esperto, in letteratura esiste un’indicazione molto chiara sull’impatto che alcuni biostimolanti hanno sulla qualità nutrizionale e sul metabolismo secondario dei frutti. Sono molteplici, inoltre, gli studi che riportano come sia possibile indurre nelle piante una maggiore tolleranza agli stress abiotici, in particolare allo stress idrico, in seguito all’uso di prodotti biostimolanti. In condizioni di stress idrico, infatti, la scarsa quantità di acqua disponibile nel suolo provoca un abbassamento del potenziale idrico della pianta, che avrà quindi più difficoltà nella crescita, e le perdite di acqua per traspirazione incideranno maggiormente sulla pianta. Se questo fenomeno si protrae nel tempo, si innescano meccanismi di stress idrico, spiegabili a livello cellulare e biochimico per la presenza di specie reattive dell’ossigeno. Si tratta di prodotti che a livello cellulare hanno una funzione pro-ossidante dannosa per la cellula stessa e che, in maniera macroscopica, causano la generale riduzione della capacità di crescita della pianta nonché delle sue produzioni.
A fronte di questa condizione, è fondamentale tentare di ridurre le perdite idriche per traspirazione promuovendo quei meccanismi che incrementano la presenza di acido abscissico, sintetizzato a livello radicale.
In condizioni di stress idrico, infatti, l’acido abscissico induce la chiusura degli stomi, che consente così di ridurre le perdite di acqua per traspirazione. Accanto a questo, si può procedere con interventi più mirati attraverso modifiche biochimiche che consistono principalmente nell’accumulo di osmoliti, cioè prodotti composti che regolano il potenziale osmotico interno alla cellula. Il tutto in funzione dell’acqua disponibile nel suolo che permette di raggiungere l’omeostasi, ovvero un ritorno in equilibrio.
In questa sequenza di eventi, i biostimolanti possono intervenire migliorando o incrementando la risposta di adattamento. A riprova, vi sono evidenze scientifiche abbastanza solide che attestano un incremento di osmoliti, zuccheri, alcol, ma anche di prolina e composti fenolici con funzione antiossidante, come pure si riscontra un incremento dell’attività enzimatica antiossidante. Altri prodotti biostimolanti, invece, sono in grado di influire su alcune caratteristiche strutturali a livello di membrana e di parete cellulare, conferendo alla cellula una maggiore capacità di adattarsi a potenziali osmotici più negativi.
Il discorso, però, cambia a seconda delle colture che, in risposta agli stress, si comportano in maniera differente.
Per quanto riguarda le colture da biomassa e alcuni cereali, infatti, una condizione deficitaria comporta una perdita di reddito. Al contrario di quanto avviene nelle colture frutticole, dove il frutto – elemento qualitativo primario – può attutire o meno eventuali disavanzi del bilancio idrico. Esistono poi anche altre colture, tra cui la vite da vino, per le quali irrigazioni effettuate come restituzione parziale dell’evapotraspirato non comportano una perdita di resa e non inficiano sul miglioramento qualitativo degli acini.
In tal senso, l’introduzione in campo di tutta una serie di tecniche di gestione irrigua può rappresentare una win-win strategy: impiegando meno acqua, si ottiene un prodotto qualitativamente superiore. Di qui, l’avvio di una sperimentazione – presentata nel corso della Biostimolanti Conference 2022 – volta a riflettere sulla possibilità di introdurre l’uso di biostimolanti nella gestione delle tecniche di stress idrico controllato.
Primo caso studio: mitigazione dello stress idrico in vite
Come mostrato dall’esperto, nel primo caso studio si è lavorato in ambiente controllato in serra con viti di Sauvignon Blanc innestate su portainnesto SO4, trapiantati su substrato sabbioso, molto povero di elementi nutritivi. Dopo il trapianto, sono seguite alcune settimane di accrescimento ponendo le piante nelle migliori condizioni possibili in termini di acqua e nutrienti. Dopodiché, a inizio luglio, quindi a distanza di un paio di mesi, sono stati condotti dei trattamenti ripetuti usando biostimolanti come micorrize, estratto d’alga e acido monosilicico e successivamente sono stati realizzati anche cinque trattamenti sulla chioma usando un idrolizzato proteico. A seguito di questi trattamenti si è proceduto con l’attuazione dello stress idrico controllato che è stato realizzato in due momenti.
Il primo stress idrico di 13 giorni è stato moderato, perché quotidianamente si è restituito con l’irrigazione il 30% della perdita di peso avvenuta per traspirazione. Il secondo stress idrico di 8 giorni, invece, è stato severo, perché le piante sottoposte a stress non hanno ricevuto alcuna irrigazione.
Al termine di questi otto giorni, i ricercatori sono intervenuti con una irrigazione di soccorso e hanno monitorato le condizioni fisiologiche della pianta. I parametri usati per questo studio sono stati quelli di potenziale idrico a mezzogiorno, quelli di scambio gassoso e fluorescenza delle foglie, quelli rilevati con lo SPAD, strumento in grado di rilevare il contenuto di clorofilla, e una serie di misure biometriche, tra cui la superficie fogliare complessiva.
Tra gli aspetti osservati, interessante si è rivelato il comportamento isoidrico mostrato dalle piante, che in fase di stress idrico moderato hanno immediatamente chiuso gli stomi consentendo al potenziale idrico di mantenersi più o meno costante.
Il potenziale idrico, però, è calato in maniera drastica quando lo stress è diventato forte e si è ristabilito a seguito delle irrigazioni di soccorso. Sia il trattamento con micorrize che quello con l’estratto d’alga hanno inoltre consentito al fusto di avere dei valori di potenziale idrico significativamente meno negativi.
Prendendo in esame le misure di scambio gassoso, tutti i trattamenti sono stati efficienti dal punto di vista statistico nel consentire alle piante sotto stress di mantenere una conduttanza stomatica leggermente superiore. Particolarmente interessante è stato il comportamento a seguito delle irrigazioni di soccorso, perché le piante trattate con acido monosilicico hanno ripristinato più rapidamente i valori di conduttanza stomatica pre-stress. Per citare un esempio, già dopo il primo giorno di irrigazione di soccorso, il recupero a livello di conduttanza stomatica è stato del 30%. Risultati analoghi, però, si sono registrati anche osservando altri parametri, come i valori di SPAD.
Al termine della prova, i ricercatori hanno misurato la superficie fogliare allo scopo di verificare una eventuale riduzione. Stando ai risultati, tutti i trattamenti hanno presentato una riduzione della superficie fogliare intorno al 30%. Tuttavia, nel caso delle piante trattate con alghe e micorrize, pur essendoci una riduzione della superficie fogliare, questa è stata inferiore a quella osservata nel controllo e statisticamente non significativa.
Riassumendo, si può dunque affermare che i biostimolanti – o quanto meno micorrize ed estratti d’alga – rallentano l’instaurarsi dello stress idrico e ne favoriscono il controllo, inducendo un effetto priming.
Un dato che lascia comprendere come questi prodotti possano effettivamente agevolare la gestione dello stress idrico controllato su colture come la vite, dando più tempo e margine a produttori e tecnici nella gestione dell’irrigazione o dell’irrigazione di soccorso.
Secondo caso studio: mitigazione dello stress nutrizionale in fragola
Nel secondo caso studio è stato esaminato lo stress nutrizionale su fragola in substrato di cocco. In fase di trapianto è stata effettuata una fertilizzazione all’inizio del ciclo colturale, ma settimanalmente – per un totale di sette trattamenti – si è proceduto con l’applicazione di diversi prodotti biostimolanti. A questa prima fase, ha fatto seguito una valutazione delle performance di crescita, di produzione e di qualità delle fragole. A seguito dell’apporto di alcuni biostimolanti (idrolizzato proteico ed estratto d’alga), si è notato un cambiamento nell’allocazione della biomassa, soprattutto a livello delle radici. In seconda analisi lo stato nutrizionale della coltura è rimasto sostanzialmente inalterato. Aspetto, quest’ultimo, testimoniato anche dal livello di resa che, nonostante il contesto produttivo, è risultato piuttosto basso.
In compenso, però, l’azione e l’efficacia di alcuni prodotti biostimolanti si è riscontrata per altri fattori come la maggiore stimolazione del metabolismo secondario e l’aumento della concentrazione di antociani e polifenoli totali.
La prova condotta ha dunque evidenziato che le applicazioni effettuate durante il ciclo vegeto-riproduttivo hanno inciso solo parzialmente sulla presenza di nutrienti a livello fogliare e radicale. Pertanto, come sottolineato dal professore, non si può pretendere di sostituire l’uso dei biostimolanti alla normale nutrizione della pianta. È altresì vero che alcuni prodotti biostimolanti sembrano stimolare maggiormente lo sviluppo dell’apparato radicale, probabilmente per effetto del contenuto in prodotti ormonosimili, e incidere positivamente sulla qualità nutrizionale ed estetica del frutto.
Conclusioni
Al netto di quanto ottenuto nel corso delle prove, appare dunque evidente come l’uso dei biostimolanti offra interessanti sviluppi nella gestione del vigneto, specialmente in caso di irrigazione deficitaria. Si conferma, inoltre, la capacità dei biostimolanti di agire su alcuni parametri qualitativi, in particolare quelli relativi al metabolismo secondario dei frutti, come visto in fragola.
In ogni caso, ancora scarse risultano le prove sperimentali volte ad analizzare l’efficacia di questi prodotti su colture fruttifere in pieno campo. L’invito è quindi a continuare lungo questa direzione, investendo ancora in ricerca e sperimentazione.
Ilaria De Marinis
© fruitjournal.com